Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23860 del 14/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23860 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

su ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento
nel procedimento nei confronti di
1. Molinaro Giovanni, nato a Calvi il 31/03/1958
2. Rapuano Antonietta, nata a Cautano il 04/01/1971

avverso le ordinanze del 26-28 febbraio 2013 del Tribunale diBenvento

visti gli atti, le ordinanze denunziate e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Vincenzo Geraci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi per il Molinaro l’avv. Valerio De Martino e per il Rapuano l’avv. Carmine
Lombardi, che hanno concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 14/05/2013

,

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento ha, con
un unico atto, proposto ricorso per cassazione avverso le due ordinanze,
entrambe in data 26 febbraio 2013, depositate il 28 febbraio successivo, con le
quali il Tribunale di Benevento, adito ex art. 324 cod. proc. pen,, ha revocato il
decreto di sequestro conservativo emesso in data 29 gennaio 2013, su richiesta
del pubblico ministero, dal Giudice della udienza preliminare del medesimo

vari fatti di concussione, turbativa d’asta, abuso di ufficio, falso in atti pubblici ed
altri reati addebitati ai medesimi nella qualità, il primo, di Sindaco del Comune di
Calvi, e, la seconda, di Vice-Segretario comunale e di responsabile del Servizio
dell’Unità Organizzativa la, Ha, III° e ‘Va .

2. In entrambe le ordinanze impugnate, il Tribunale di Benevento osservava
che illegittimamente il provvedimento di sequestro era stato disposto a garanzia
delle pretese risarcitorie della pubblica amministrazione, che richiedevano una
iniziativa di costituzione di parte civile e un’apposita richiesta di detta parte.
Il sequestro era stato correttamente richiesto solo a garanzia del pagamento
delle spese processuali, quantificate, per entrambi gli imputati, in euro 40.153
ciascuno. Ma per tale titolo mancava la dimostrazione del periculum in mora, sia
perché il patrimonio di ciascun imputato era ampiamente sufficiente a soddisfare
una simile obbligazione sia perché esso era collegabile a beni immobili di
notevole valore, non facilmente dismissibili, dovendosi tenere conto per il
Molinaro anche del suo ragguardevole reddito, e nessun elemento indicava che i
due imputati intendessero far venire meno la garanzia patrimoniale in pregiudizio
dei riferiti crediti dell’erario,

3. Nel ricorso si denuncia la violazione della legge processuale sostenendosi,
in primo luogo, che, contrariamente all’assunto del Tribunale, il pubblico
ministero è legittimato a chiedere il sequestro conservativo a garanzia dei crediti
di natura risarcitoria derivanti dal reato riconducibili all’erario, perché ciò realizza
una forma di tutela anticipata di tali interessi che potranno trovare soddisfazione
successivamente con l’esercizio dell’azione civile. Ciò è del resto normativamente
previsto dall’art. 316 cod. proc. pen. che fa riferimento a “ogni altra somma
dovuta all’erario dello Stato”.
In secondo luogo, si deduce che in realtà le spese processuali ammontavano
a complessivi euro 120.460 che potevano essere richieste per il totale a ciascun
imputato, trattandosi di responsabilità solidale; e ciò, in relazione alla

Tribunale nei confronti di Giovanni Molinaro e Antonietta Rapuano, imputati di

consistenza del patrimonio degli imputati, incideva rilevantemente sulla
prospettabilità di un periculum in mora.

4. Ha presentato memoria di persona Giovanni Molinaro, con la quale si
sostiene la manifesta infondatezza del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Quanto al primo motivo, va rilevato che, contrariamente a quanto
sostenuto dall’Ufficio ricorrente, il pubblico ministero non è legittimato a
chiedere il sequestro conservativo a tutela di crediti di natura patrimoniali,
sia pure di soggetti pubblici, che presuppongono la costituzione di parte civile
e la correlativa iniziativa di detta parte, potendo tale Ufficio proporre una
simile richiesta solo a garanzia del pagamento della pena pecuniaria, delle
spese del procedimento e di ogni altra somma, quale quella dovuta alla cassa
delle ammende, dovuta all’erario (per tutte, Sez. 5, n. 44696 del
22/05/2003, Tuccio, Rv. 226736; Sez. 5, n. 2686 del 10/05/2000, Coppola,
Rv. 216370; Sez. 6, n. 679 del 02/02/1996, Dini, Rv. 204783; Sez. 4, n.
1468 del 09/12/1992, dep. 1993, Managò, Rv. 193770).

3. Quanto al secondo motivo, esso è fuorviato dal presupposto di una
responsabilità ffidgekai fini del pagamento delle spese processuali, come
noto non più sussistente per effetto delle modifiche apportate all’art. 535
cod. proc. pen. dall’art. 67 legge 18 giugno 2009, n. 69.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 14/05/2013.

1. Il ricorso è sotto ogni aspetto manifestamente infondato.

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