Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2386 del 11/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2386 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: GRAMENDOLA FRANCESCO PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) RASTELLO EMANUELE N. IL 25/10/1960
2) MONFRINO GUALTIERO N. IL 19/06/1950
avverso la sentenza n. 9247/2011 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di TORINO, del 19/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO
GRAMENDOLA;

Data Udienza: 11/12/2012

Fatto e diritto

2. Il collegio premette che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze , sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte sua
il giudice ha il potere dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici
e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerge
in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.
444 c.p.p. – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi
della fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privi di
specificità e comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare
la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le
parti, verificando la corretta qualificazione giuridica dei fatti, e dall’altro ha escluso
che ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p..
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di
applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai
parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di
legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p.
27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
3. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di ciascuno di essi al versamento di
una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni
dedotte, si stima equo determinare in euro 1500 (millecinquecento).
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno di essi al versamento della somma di euro 1500
(millecinquecento) in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/12/2012

DEPOSITATA

1. Emanuele Rastello e Gualtiero Monfrino ricorrono per cassazione avverso la
sentenza in epigrafe indicata resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. che ha applicato nei loro
confronti la pena secondo la concorde richiesta delle parti per i reati ex artt.317-319323 cp., loro rispettivamente ascritti, e lamentano violazione di legge e difetto di
motivazione in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, alla mancata
verifica di cause di esclusione della punibilità e della congruità della pena.

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