Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23856 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23856 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. Carlo Gualdaroni, nato a Roma il 29/10/1960
2. Francesco Subbioni, nato a San Venanzo l’11/06/1952
avverso l’ordinanza del 25/01/2013 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio
Mura, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi i difensori, avv.hMassimo Krogh per Gualdaroni e
Subbioni, i quali si sono riportati ai rispettivi ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli con l’ordinanza del 25/01/2013 ha respinto il
riesame proposto avverso la misura della custodia in carcere, poi sostituita dagli
arresti domiciliari, disposta nei confronti di Carlo Gualdaroni e di Francesco
Subbioni, per i reati di associazione per delinquere, turbata liceità degli incanti e
rivelazione di segreti d’ufficio, compiuti nella rispettiva qualità di amministratore

delegato del gruppo ELSAG DATAMAT spa e di amministratore delegato della
ELECTRON ITALIA, spa e gnsigliere della ELSAG DATAMAT spa, società
entrambe appartenenti al gruppo Finmeccanica.
2.1. La difesa di Gualdaroni, con il primo motivo denuncia violazione di
legge penale, derivante dall’erronea individuazione degli elementi costitutivi del
delitto di associazione per delinquere. Nella specie nell’imputazione l’unica
finalità illecita del gruppo è individuata nella necessità di acquisire gli appalti

Data Udienza: 07/05/2013

disposti in esecuzione del progetto di realizzazione del centro polifunzionale di
Polizia a Napoli, che, pur nella sua ampiezza, non può che ritenersi a contenuto
circoscritto, poiché l’ultima gara riferibile a tale progetto è stata bandita nel
2009. La delimitazione dell’attività programmata esclude la presenza della
genericità dell’attività ideativa illecita, richiesta per la configurazione del reato
associativo, che prevede preesistenza ed ultrattività dell’organizzazione illecita

inquadrabile invece nel concorso di persone nel reato continuato.
Ulteriore violazione di legge è individuata nella contestazione di condotte
perduranti, pur in mancanza di elementi indicativi della costanza di attività
illecita riconducibile alla contestazione al momento dell’emissione della misura,
situazione di fatto che deve escludersi per mancata individuazione di atti
successivi all’ultima aggiudicazione, risalente al 2009, e per la preesistenza di
indagini per le medesime ipotesi di accusa, anche rispetto a tale data, nota
all’interessato, circostanza che rende ulteriormente difficile ipotizzare la
persistenza del sodalizio.
2.2. Con il secondo motivo si deduce omessa di motivazione sulla qualità di
promotore della compagine, attribuita all’interessato.
In proposito l’ordinanza ha tratto elementi indiziari esclusivamente dalla
presenza di colloqui intervenuti tra l’odierno ricorrente ed altri indagati aventi
ruoli pubblici, omettendo la considerazione del contenuto dei colloqui, oltre che
della loro necessitata presenza, in conseguenza dell’ordinario svolgersi delle
trattative preesistenti all’offerta; si è attribuito inoltre rilievo alla personale
sottoscrizione a cura del ricorrente dell’atto costitutivo del raggruppamento
temporaneo di Imprese, competenza funzionalmente connessa al suo ruolo di
amministratore delegato della società.
2.3. Con ulteriore motivo si eccepisce carenza di motivazione in quanto il
Tribunale, per sorreggere le proprie decisioni, ha fatto costante ed esclusivo
riferimento a quanto espresso dal Gip nella misura impositiva, così eludendo
l’esame dei rilievi proposti con l’impugnazione di merito. Si segnala al riguardo la
mancata giustificazione all’interpretazione in danno del ricorrente, conferita
all’incontro tra l’interessato ed il City manager, attività che si ritiene del tutto
funzionale allo svolgimento delle trattative, che non può assumere alcuna
valenza illecita o l’omessa giustificazione della saltuarietà dell’intervento diretto
del ricorrente nelle intercettazioni, oltre che della non considerata rilevanza del
loro contenuto, elementi di fatto che si ritengono dimostrativi della mancanza di
conoscenza da parte del ricorrente dell’attività svolta dai pretesi sodali.

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rispetto ai reati fine, non potendo questa esaurirsi nella loro programmazione,

2.4. Con l’ultimo motivo si deduce difetto di motivazione sulle esigenze
cautelari, accertate con valutazione coinvolgente la situazione collettiva esistente
all’interno di Finmeccanica e dei pubblici ufficiali con i quali i manager entravano
in contatto, segnalando condotte di mobbing alle quali risultavano sottoposti,
coloro i quali volevano distanziarsi dalla gestione censurata, senza individuare il
livello di partecipazione specifica da parte dell’odierno ricorrente a tali attività, e

all’interessato ed alla concreta possibilità a lui attribuibile di reiterazione nel
reato.
Le circostanze dedotte denotano che le esigenze cautelari sono state
accertate sulla base di valutazioni prive del requisito essenziale della concretezza
sia sul piano soggettivo, che oggettivo.
3.1. Nell’interesse di Francesco Subbioni la difesa eccepisce nel ricorso vizi
di motivazione con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza,
che risultano illustrati nell’ordinanza con mero richiamo alle argomentazioni
contenute nel provvedimento impositivo, mentre non si Illustrano i motivi per i
quali il giudice ha ritenuto di condividere tali assunti, né si confutano le obiezioni
proposte dalla difesa nell’impugnazione. Sotto tale specifico profilo si rileva che
nel provvedimento impugnato gli elementi indiziari a carico di Subbioni derivano
dal suo ruolo operativo di consigliere della ELSAG DATAMAT srl, risultato
smentito dalla produzione documentale operata dalla difesa nel riesame, che non
è stata valutata dal Tribunale. Non è specificata l’attività attribuita
all’interessato, se non con il richiamo a disorganiche intercettazioni, o alla
presenza di contatti tra i coindagati, che nell’ordinanza impugnata si sostanziano
in una elencazione priva di argomentazione illustrativa del significato attribuito
alle situazioni focalizzate, ed alla loro portata indiziante, per come ritenuta dal
giudice del riesame. Da tale generico richiamo agli atti non risulta possibile
ricostruire la presenza di un struttura organizzata, né i ruoli attribuiti ai pretesi
partecipi, che permettano di attribuire al ricorrente una funzione rilevante ai fini
dell’accertamento di responsabilità penale per il reato contestato.
3.2. Con il secondo motivo si deduce mancanza di motivazione sui gravi
indizi relativi ai reati fine, individuati con il richiamo all’argomentazione
dell’ordinanza impositiva, che si sostanzia nel riportare intercettazioni
telefoniche, cosicché gli elementi di reato vengono desunti dall’esistenza stessa
di rapporti tra i soggetti interessati, e da generici riferimenti alle parziali
ammissioni degli indagati.
Si ravvisa valenza indiziaria dei contatti tra le persone sottoposte ad
intercettazione, senza chiarire le giustificazioni giuridiche di tali conclusioni.
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conseguentemente enucleare le esigenze riconducibili direttamente

3.3. Analoghi rilievi vengono proposti sulla verifica delle esigenze cautelari,
cui si è pervenuti con valutazione generica e complessiva della personalità degli
indagati, desunta dagli atti, in mancanza di un approfondimento sul percorso
valutativo con riguardo ai singoli interessati; analoga genericità raggiunge la
valutazione di adeguatezza, poiché sono stati ritenuti applicabili gli arresti
domiciliari, omettendo di giustificare l’inidoneità delle misure più gradate, che il

34. Si deduce da ultimo vizio di motivazione con riferimento alla mancata
considerazione da parte del Gip della disponibilità resa da Subbioni ad essere
sentito su quanto emergeva dalle indagini ben prima dell’emissione della misura,
circostanza di fatto la cui valutazione di irrilevanza rispetto alla posizione
processuale dell’interessato è stata giustificata nel provvedimento impugnato
con argomenti generici, che non consentono di ricostruire il percorso valutativo
realizzato.
4. All’odierna comparizione camerale le parti nel corso della discussione
hanno illustrato censure nuove, riguardanti per Gualdaroni, l’insussistenza del
reato di turbativa d’asta, e per Subbioni, l’inconsistenza in fatto della condotta
associativa tratteggiata in quanto contestata a pubblici ufficiali che risultano
estranei ai reati fine.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati, limitatamente alle censure riguardanti le esigenze
cautelari.
Si deve ricordare che in questa sede non può che valutarsi la correttezza
delle argomentazioni svolte dal Tribunale per superare le deduzioni prospettate
nei gradi di merito, sicché non è esaminabile quanto non esposto dinanzi al
Tribunale, poiché con le nuove contestazioni di fatto si sollecita un esame di
merito, estraneo a questa fase, il cui orizzonte valutativo è circoscritto alla
completezza e coerenza del provvedimento impugnato. Ci si riferisce nella specie
ai rilievi formulati oralmente nel corso della camera di consiglio, che non hanno
neppure costituito oggetto di tempestiva censura dinanzi a questa Corte con il
ricorso introduttivo, e devono, anche per questo, essere esclusi dalla
valutazione.
2.1. Limitando l’analisi ai motivi proposti nel ricorso, si osserva che la
deduzione riguardante l’inesistenza di gravi indizi sul delitto associativo, per
come contestato, sollecita una valutazione di merito dei fatti estranea a questo
grado.

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giudice invece avrebbe avuto l’onere di analizzare specificamente.

Allo stato delle indagini, per come richiamate nel provvedimento impositivo
e nell’ordinanza oggi impugnata, risulta dal complesso dei contatti intercorsi tra i
rappresentanti delle società appaltatrici, i pubblici funzionari, e terzi estranei,
questi ultimi in costante collegamento tra i primi due gruppi con funzioni di
intermediari, una correlazione stabile, volta all’accaparramento di commesse,
con metodologia che garantisce un ritorno certo, esclude la concorrenza e tende
sicuro successo, consentendo inoltre di estendere anche ad opere non
strettamente attinenti al proprio settore di competenza -come quelle edili che
dovevano seguire quelle tecnologiche- le medesime garanzie di successo.
La condotta descritta, nella sua ripetizione secondo schemi collaudati, che
durante le conversazioni intercettate risultano analiticamente illustrati da alcuni
indagati ai propri parenti, e appaiono suscettibili di immeditata rimodulazione a
seguito di imprevisti – come risulta avvenuto quando, per l’improvviso
trasferimento del pubblico ufficiale che garantiva gli interessi degli imprenditori,
è stata affrontata una pronta attività di coinvolgimento del suo successore- non
appare con certezza ascrivibile ad un’azione concorsuale, in luogo che ad
un’attività associativa.
La pretesa vaghezza della struttura associativa, dedotta dalla difesa, è
ampiamente superata dall’organizzazione imprenditoriale esistente, che
risulterebbe piegata agli scopi indicati, e costantemente supportata
dall’intervento dei terzi estranei cui si è fatto riferimento. Ed è bene ricordare,
con riguardo al requisito necessario della stabilità organizzativa e strumentale
della compagine illecita, che questa Corte si è già più volte pronunciata sulla
compatibilità di una struttura imprenditoriale con tale programma, ove tale lecita
organizzazione risulti nei fatti strumentalizzata alla commissione di reati (da
ultimo, per tutte Sez. 6, Sentenza n. 43656 del 25/11/2010, dep. 09/12/2010,
imp. Bartocci, Rv. 248816).
La limitazione dell’azione individuata quale scopo del gruppo, ad un progetto
ben definito, non può consentire fin da questa fase di escludere l’ipotizzata
condotta associativa, per l’elevata ampiezza oggettiva e temporale di tale
programmazione. Si deve infatti ricordare quanto emerge dalla ricostruzione in
fatto contenuta nell’ordinanza impugnata, con riguardo al rimaneggiamento
organizzativo intervenuto nel corso del tempo, per effetto del mutamento del
progetto originario, che prevedeva la costituzione di un C.E.N. (Centro
elaborazione nazionale) all’interno dell’erigenda cittadella della Polizia, poi
ridimensionato nella previsione di un ammodernamento di una struttura già
esistente, cambiamento che non risulta aver prodotto sensibili differenziazioni
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a creare, prima ancora della formazione del bando di gara, le premesse del

nella condotta degli imputati, i quali hanno posto in essere solo aggiustamenti
operativi rispetto all’azione programmata.
È evidente in tale contesto che il richiamo svolto nel capo di imputazione alle
finalità dell’associazione di ricerca, con qualsiasi mezzo, dell’accaparramento di
commesse pubbliche nel territorio della regione Campania, anche relative al
comparto della sicurezza pubblica e della video sorveglianza, per la genericità del
un orizzonte definito, in relazione al quale sia impossibile ipotizzare un
programma criminoso generico, quale quello tipico della condotta associativa
contestata; ciò, in uno con l’esistenza dell’organizzazione richiamata, consente di
ritenere corretta la valutazione di probabilità dell’esistenza di un programma
generale, che prescinde dalla previsione specifica delle singole attività che deve
caratterizzate il reato continuato, secondo gli standard valutativi richiesti in
questa fase delle indagini.
Risultano allo stato le caratteristiche organizzative e di persistenza
nell’illecito, anche al di là della specifica programmazione Imposta nell’ipotesi di
concorso di persone nel reato continuato, evidenziata dalla compiuta sinergia di
intenti tra gli associati, desumibile dagli elementi in atti, e dall’immediata
riorganizzazione degli interventi nei casi di imprevisti mutamenti della condizione
di fatto, situazioni di cui l’ordinanza ha dato conto con motivazione insuscettibile
di censura, in quanto completa e non contraddittoria.
L’ulteriore rilievo di violazione di legge, correlato all’epoca del commesso
reato, risulta infondato sul piano della contestazione indiziaria. La stabilità
associativa, ove accertata, non consente, per la mancanza di indicatori certi sullo
scioglimento della compagine, di individuare un termine finale dell’azione, che
permetta di identificare la cessazione della sua pericolosità con la realizzazione
del più recente reato fine, proprio per la sopravvivenza del programma criminoso
rispetto alla sua materiale attuazione. Neppure risulta a tal fine dedotto che il
progetto complessivo sia stato a quella data completatamene attuato, tanto da
rendere priva di scopo la sopravvivenza della compagine.
Tuttavia l’elemento temporale assume rilievo, per quanto si dirà, sul piano
dell’individuazione delle esigenze cautelari.
2.2.

La contestazione della sufficienza della motivazione riguardo alla

ritenuta qualità di promotore del Gualdaroni, non tiene conto della correlazione
di tale impostazione con il ruolo verticistico rivestito dall’interessato nella società,
che dalle indagini richiamate sia nel provvedimento impositivo che nell’ordinanza
impugnata, risulta muoversi in perfetta sinergia con i suoi coimputati
nell’acquisizione di assensi informali sull’assegnazione delle commesse, prima
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dell’oggetto e dei progetti operativi, mutati nel corso del tempo, non costituisce

della materiale predisposizione del bando. I dati concreti da cui tale attivismo si
desume, in uno con la correlazione della sua condotta con l’attività preparatoria
svolta da Subbioni e da Gentile, rendono conto della conclusione raggiunta, in
termini di gravità indiziarla, mentre gli ulteriori rilievi circa il significato da
attribuire all’azione materialmente compiuta, si risolvono in un’inammissibile
censura in fatto.
delle telefonate che riguardano il ricorrente risultano superate dalle deduzioni
contenute nell’ordinanza, sulla natura verticistica del suo impegno nel gruppo,
sul riscontro della continuità dei contatti illeciti, rilevabile dalle conversazioni tra i
sodali, sulla perfetta coordinazione dei suoi scarsi interventi diretti con la
complessiva attività programmata dall’azione materiale dei primi.
2.3. In particolare, è poco significativo parcellizzare gli interventi curati da

Gualdaroni sul city manager, o minimizzare la sottoscrizione del raggruppamento
temporaneo di imprese realizzato dal ricorrente, se si omette di considerare
quanto pure emerge dal provvedimento impugnato in ordine alla
sensibilizzazione dell’esponente pubblico prima del bando di gara, che nel corso
del colloquio diretto avuto con il ricorrente, per come ricostruito dalle
conversazioni precedenti e successive, intercettate tra gli indagati, giunge ad
assicurare di essere libero nelle sue determinazioni, conversazione all’esito della
quale Gualdaroni risulta aver confermato ai suoi interlocutori la conclusione
dell’affare, malgrado la procedura di gara non fosse ancora iniziata; o la
circostanza che il raggruppamento temporaneo di imprese, sottoscritto da
Gualdaroni venne costituito con modalità che aggiravano le prescrizioni
contenute nel bando di gara, includendo società appartenenti al medesimo
gruppo.
Tali elementi di fatto, esposti nell’ordinanza impositiva e non contestati,
escludono la fondatezza dei rilievi di carenza argomentativa sul punto, che si
risolvono in inammissibili censure di merito.
2.4. Questa Corte ritiene invece fondati i rilievi operati sulla valutazione

delle esigenze cautelari, sotto il profilo della loro attualità. Se l’ordinanza risulta
aver esaustivamente argomentato sulla pericolosità dell’interessato, sulla base
della valutazione delle condotte esaminate, anche evidenziando la costanza
dell’azione nel tempo, per contro nessuna valutazione risulta espressa quanto
all’attualità di tale prognosi, analisi che si impone in particolar modo alla luce del
passaggio di oltre tre anni dall’ultima aggiudicazione, oltre che dal sopraggiunto
mutamento di un numero rilevante di cariche sociali all’interno del gruppo, e
nella posizione lavorativa del ricorrente, per quanto dallo stesso dedotto.
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Così le deduzioni sulla consapevolezza delle indagini in corso, o la scarsità

Ciò impone di rilevare un difetto argomentativo nell’ordinanza in quanto la
proiezione futura del pericolo di reiterazione risulta implicitamente desumibile
solo dalla natura permanente del reato associativo, mentre le circostanza di fatto
sopraggiunte medio tempore, non risultano affrontate.
Su tali basi non è possibile ritenere esaurientemente esaminato il dato della
persistenza delle esigenze cautelari e ciò impone l’annullamento dell’ordinanza
nuovo esame sul punto.
3.1. Infondato è il rilievo svolto dalla difesa di Subbioni, quanto alla
mancanza di autonomia della valutazione del Tribunale. In particolare è del tutto
irrilevante il mancato esame delle deduzioni sull’assenza in capo all’interessato
della qualifica di consigliere della ELSAG DATAMAT srl, richiamata nel capo di
imputazione, in quanto nella stessa memoria depositata in sede di riesame
l’odierno ricorrente, non ha testualmente smentito la circostanza e si è
qualificato quale “procuratore della ELSAG DATAMAT srl per alcune gare
d’appalto della regione Campania”, giustificando il suo intervento in conseguenza
di tale qualifica, che del resto gli garantiva l’esercizio di poteri almeno pari a
quelli collegabili alla funzione evocata nel capo di imputazione.
L’imprecisione rilevata nel capo di imputazione è suscettibile di successiva
correzione, attesa la fluidità dell’imputazione nell’attuale stato del procedimento,
mentre non risulta idonea in fatto ad escludere le capacità di intervento di
Subbioni per conto della medesima società, sulla base della qualifica dallo stesso
rivendicata.
Né tale imprecisione può costituire sintomo di una scarsa analisi dei dati da
parte del Tribunale, confermando quanto assunto in ricorso in ordine al mero
richiamo testuale operato dal decidente al provvedimento impositivo. Al
contrario, nell’ordinanza si richiamano passi salienti delle conversazioni
intercorse tra gli indagati, che evidenziano un’azione di costante predisposizione
all’offerta di denaro ai pubblici ufficiali con cui venivano in contatto, come
strumento di accesso a decisioni a loro favorevoli; la contestazione svolta sul
punto dalla difesa, che lamenta che non sia stato giustificato il percorso
ricostruttivo in senso accusatorio, con un richiamo alla “storia di cappuccetto
rosso”, evocata senza un’analisi del suo effettivo significato, è superata dalle
conversazioni riportate in successione cronoiogica, che offrono la spiegazione del
collegamento di tale evanescente concetto rispetto alla “carta moneta” che
doveva essere esibita alle controparti, a cui non doveva essere raccontata solo la
favola. Il collegamento operato tra i due concetti, affrontati in immediata
successione temporale e logica nella conversazione esaminata nel provvedimento

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impugnata, limitatamente a tale aspetto, con rinvio al Tribunale di Napoli per

impugnato, illustra con chiarezza il percorso argomentativo seguito dal
Tribunale, privando di sostegno le censure al riguardo.
Analogamente non appare possibile condividere le valutazioni di scarsa
chiarezza ricostruttiva sul ruolo rivestito da Subbioni, poiché la costanza delle
sue comunicazioni, nonché lo stesso potere di intervento correlato alla funzione
di procuratore ammessa dall’interessato, conferisce sostegno alla tesi di accusa,
3.2. Quanto già esposto evidenzia l’inconsistenza delle contestazioni relative

alla mancanza dei gravi indizi sui reati fine, poiché il continuo riferirsi ai contatti
con i pubblici ufficiali per ottenere assegnazioni di appalti emerge con chiarezza
dall’ordinanza impositiva e dalle argomentazioni richiamate dal Tribunale, mentre
la difesa non risulta aver fornito una chiave di lettura alternativa di tali elementi
indiziari; ciò smentisce in radice l’assunto in base al quale gli indizi sarebbero
tratti solo dalla presenza dei contatti, prescindendo dal loro contenuto.
3.3.

Come si è già specificato riguardo all’impugnazione proposta

nell’interesse di Gualdaroni, il ricorso risulta fondato quanto all’attualità delle
esigenze cautelari, poiché, al di là del richiamo alla specifica pericolosità di
Subbioni, per la pervicacia nell’azione, non risulta chiarito da quali elementi di
fatto si tragga l’immanenza di tale valutazione, alla luce del decorso di oltre tre
anni dall’ultima manifestazione tangibile della condotta, attualità che deve
accompagnare quale caratteristica essenziale tutti gli elementi giustificativi delle
misure cautelari applicate, ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen.
Sotto tale profilo dovrà il Tribunale, esaminando la specifica pericolosità di
Subbioni, ove ritenuta attuale, valutare l’incidenza che può assumere su di essa
la volontà manifestata dall’interessato di rilasciare dichiarazioni, oltre che la
specifica adeguatezza della misura da applicare nel concreto, ulteriori elementi
valutativi sui quali l’ordinanza impugnata risulta carente nell’articolazione
argomentativa.
4.

Conseguentemente deve disporsi l’annullamento dell’ordinanza

impugnata, limitatamente alla valutazione delle esigenze cautelari, con rinvio al
Tribunale di Napoli per nuovo esame.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per
nuovo esame sul punto al Tribunale di Napoli.
Così deciso il 07/05/2013

escludendo l’eccepita genericità.

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