Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23853 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23853 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALMI FABIO N. IL 24/12/1949
avverso la sentenza n. 546/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
11/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
Udito il Procuratore Generale in persona de Dott. As414;.» crAGMAche ha concluso per
TIA. LAVA’

i

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/05/2014

e

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 11 luglio 2012, la Corte di appello di Bologna, 2^ sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Modena, appellata da
Salmi Fabio, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine ai reati
di cui ai capi E, J, R e T perché estinti per prescrizione e ha rideterminato la pena
per i residui delitti in tre anni due mesi di reclusione e mille euro di multa; ha
confermato nel resto la sentenza impugnata con la quale era stato dichiarato

reati di furto aggetto di contestazione.
La Corte territoriale, rilevata la decorrenza dei termini di prescrizione per alcuni
reati, ha confermato il giudizio di responsabilità perché fondato per la rapina sulla
base delle dichiarazioni della persona offesa (non messe in discussione) e per i furti
sulla scorta del riconoscimento dei beni da parte delle persone offese, delle relazioni
di servizio a nulla rilevando che il vincolo di sequestro della refurtiva fosse stato
annullato.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, a mezzo del
difensore che ne ha chiesto l’ annullamento per inosservanza di norme processuali
previste a pena di inutilizzabilità ex art. 191 c. 1 cod. proc. pen. con conseguente
errata declaratoria di utilizzabilità degli esiti dell’ attività di perquisizione e
sequestro di quanto rinvenuto presso l’ abitazione dell’ imputato nonché illogicità
della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui riconosce integrata la
prova piena della colpevolezza del prevenuto, perché per effetto dell’ annullamento
del decreto di convalida del sequestro probatorio operato ad iniziativa della polizia
giudiziaria da parte del Tribunale del riesame, i beni rinvenuti nell’ abitazione dell’
imputato sono illegittimamente entrati nella disponibilità dell’ accusa e sempre
illegittimamente hanno costituito oggetto di indagine prima e di prova poi. In
assenza di ulteriori elementi di prova, consegue l’ illogicità della motivazione della
sentenza impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
La nullità del decreto di convalida del sequestro probatorio per mancanza di
motivazione sulle finalità di prova comporta l’ obbligo di restituzione (cfr. Cass. SU
13.2.2004 n. 5876), che nel caso risulta essere stata eseguita ma non nei confronti
della persona alla quale le cose erano state sequestrate bensì alle perone offese dei
reati di furto. Non risulta che il ricorrente abbia invocato la restituzione in suo
favore né che abbia impugnato i provvedimenti di restituzione disposti dal PM a
norma dell’ art. 150 d.P.R. n. 115/2002.

colpevole di rapina impropria ai danni dei Bergonzini Elisa (capo C) e per i residui

Ne consegue che, trattandosi di giudizio allo stato degli atti, i riconoscimenti
effettuati dalle persone offese conservano il loro intrinseco valore di prova, proprio
perché essi costituiscono il presupposto della non censurata restituzione e si
saldano con le denunce di furto.
Inoltre, come rammentato nella sentenza impugnata, il primo Giudice ha
valorizzato anche l’ ampia confessione resa dall’ imputato in sede di interrogatorio.
In riferimento al delitto di rapina il ricorso è inammissibile per genericità, perché

che ha individuato gli elementi di prova posti a giustificazione della decisione
adottata sul capo.
Il ricorrente deve in conseguenza essere condannato al pagamento delle spese
processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei
profili di colpa rinvenibili nelle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in
mille/00 euro.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

nessuna censura specifica è stata svolta in riferimento alla parte della motivazione

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