Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23853 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23853 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA

sul ricorso propostrda:
1. Antonio Burinato, nato a Lodi il 29/05/1964
avverso l’ordinanza del 31/01/2013 del Gip del Tribunale di Napoli
visti gli atti, Il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio
Mura, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Susanna Carraro, che si è riportata al ricorso ed alla
memoria depositata;
RITENUTO IN FATTO

1. Il Gip del Tribunale di Napoli, a seguito della revoca di un precedente
provvedimento cautelare imposto ad Antonio Burinato, intervenuta per effetto
della pronuncia del Tribunale del riesame che aveva accertato il mancato rispetto

del termine di cui all’art. 309 comma 10 cod. proc. pen., ha emesso nuova
misura con la quale è stato imposto all’odierno ricorrente l’obbligo di
presentazione alla p.g. per tre volte alla settimana, ravvisando i gravi indizi e le
esigenze cautelari in relazione all’imputazione di cui all’art. 353 cod. pen..
2. La difesa di Burinato con il primo motivo denuncia violazione di norme
processuali e del principio costituzionale del giudice naturale.
Si rileva in fatto che altro indagato del medesimo reato aveva sollecitato, ai
sensi dell’art. 54 quater cod. proc. pen. ì la verifica della Procura generale di
questa Corte in ordine alla competenza della Procura di Roma sul reato
contestato e l’ufficio adito aveva, con atto del 20/12/2012 disposto che a

Data Udienza: 07/05/2013

procedere fosse la Procura di Roma. Per effetto di tale provvedimento la Procura
di Napoli risulta priva di competenza a procedere, circostanza che deve
travolgere la richiesta di emissione di nuova misura cautelare, formulata il
31/01/2013 da Procura già dichiarata incompetente.
In tal senso la richiesta proposta deve considerarsi nulla ex art. 178 lett. b)
cod. proc. pen. per mancanza di potere ad agire da parte della Procura

sull’ordinanza applicativa.
3.

Con il secondo motivo si deduce violazione di legge processuale,

individuata nel vizio di cui all’art. 649 cod. proc. pen. per essere stata eseguita la
nuova misura il 31/1, mentre era stata dichiarata dal Tribunale del riesame la
cessazione dell’efficacia della precedente misura alle ore 24 del 01/02/2013, con
la conseguenza che il nuovo provvedimento veniva ad incidere nella vigenza del
precedente atto restrittivo, con conseguente nullità della seconda ordinanza.
4. Nel ricorso è stato proposto un terzo motivo con il quale si eccepisce
Incompetenza del giudice che ha emesso la misura, In relazione al quale è stata
proposta rinuncia dal difensore, nella sua qualità di procuratore speciale, con
memoria depositata in cancelleria il 29/04/2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2.

Risulta ripetutamente chiarito da questa Corte che la competenza è

istituto che riguarda l’attività del giudice, mentre il riparto di attività tra gli uffici
di lirocura attiene ad un aspetto di natura organizzativa, che non incide sulla

capacità dell’ufficio che agisce.
Nella specie il giudice nel provvedimento impositivo, nell’individuazione della
propria competenza, ha fatto richiamo all’applicazione della connessione
oggettiva di cui all’art. 12 lett c) cod. proc. pen. privilegiando, secondo
l’interpretazione più recente di questa Corte, la trattazione unitaria del
procedimento ove, come nella specie, si giudichino più episodi, tra loro connessi
dall’azione associativa contestata ad alcuni coimputati, interpretazione
giustificata dal richiamo contenuto nella disposizione citata alla rilevanza a tal
fine della connessione oggettiva.
A fronte di tale interpretazione, non contestata dalla difesa, l’istanza oggetto
del giudizio è fondata sull’efficacia immeditata dell’indicazione proveniente dalla
Procura generale di questa Corte adita ai sensi dell’art. 54 quater cod. proc. pen.
da diverso indagato, nell’individuazione dell’ufficio che deve procedere. L’assunto
su cui si fonda tale richiesta è la sostanziale equiparazione tra dichiarazione

2

Cass. VI sez. penale rgn 7134/2013

richiedente, vizio che incide ex art. 291 cod. proc. pen. e 25 Cost. anche

giudiziale di incompetenza e provvedimento del P.m. che disponga nei casi
controversi l’individuazione dell’ufficio di Procura che deve procedere,
equiparazione smentita sia dal complesso normativo, che tratta in capi diversi
della competenza del giudice e dell’individuazione dell’ufficio del Pubblico
ministero che deve procedere, che dalla costante giurisprudenza sul punto.
E del tutto pacifico infatti che le disposizioni riguardanti la ripartizione

il principio del giudice naturale, poiché si riferiscono solo a modalità
organizzative interne, dettate anche nella ricerca del migliore coordinamento ed
efficacia delle indagini. Ne consegue che, qualsiasi sia la modalità operativa
individuata a tal fine, non si produce direttamente, per effetto delle disposizioni
impartite dall’autorità sovraordinata, una conseguenza sulla competenza, se non
all’atto di una pronuncia del giudice al riguardo, decisione dalla quale decorre
anche il termine, ex art. 27 cod. proc. pen. per la rinnovazione della misura
eventualmente disposta da giudice incompetente (sul punto Sez. 1, Sentenza n.
29343 del 28/04/2009, dep. 16/07/2009, imp. Graziano, Rv. 244325).
Né può ritenersi, a seguito di iniziative del P.m. cui è stata sottratta
all’indagine, integrata la nullità di cui all’art. 178 lett b) cod. proc. pen.
nell’attività da questi compiuta, poiché nel nostro ordinamento è prevista la
possibilità di intervento urgente del P.m., e correlativamente l’efficacia
circoscritta nel tempo della pronuncia del giudice incompetente presso cui questi
interviene, per consentire immediatezza di azione, previsione che esclude ogni
ricaduta, nei termini della nullità evocate, di iniziative prese dal P.m. anche
quando sia dichiarata l’incompetenza del giudice presso cui egli presta la sua
attività.
Come si è già riferito nel caso di specie risulta che nel provvedimento
originario, rinnovato in quello oggi impugnato, la determinazione di competenza
sia stata svolta dal Gip di Napoli riconoscendo la connessione tra il reato di cui al
capo E) contestato a Burinato, unitamente ad altri, ed i reati associativi per i
quali procede quell’autorità, e tale individuazione è stata confermata dal
Tribunale del riesame, adito a tal fine. Né tale pronuncia può ritenersi emessa da
autorità priva di potere, in ragione della preesistenza dell’indicazione della
Procura generale di questa Corte, per la inidoneità di tale provvedimento ad
incidere sulla legittimazione del P.m. ad agire, in quanto tale atto riguardava
diverso indagato e la sua natura meramente organizzativa non gli consentiva di
spiegare efficacia, neppure indiretta, sulla posizione processuale dell’odierno
ricorrente.

3

C355. VI sez. penale rgn 7134/2013

Interna dell’attività a cura dell’ufficio di Procura, non attingano la competenza, ed

Conseguentemente deve escludersi la mancanza di potere ad agire da parte
della Procura di Napoli e, conseguentemente, l’eccepita nullità.
2. Analogamente infondata è l’eccezione riguardante la violazione dell’art.
649 cod. proc. pen. che risulta evocato in situazione del tutto differente da quella
in esso disciplinata. Nella specie si assume la coesistenza di due misure
cautelari, tra loro incompatibili, per essere stata l’efficacia della prima dichiarata
emesso il secondo provvedimento, dotato di immeditata efficacia.
In realtà la disposizione invocata riguarda il diverso ambito di coesistenza di
pronunce di merito sul medesimo oggetto, che l’ordinamento non può consentire
effetto della loro efficacia futura, mentre nel caso di misure cautelari può porsi
un problema in termini di esecutività della nuova misura, per incompatibilità con
le precedenti disposizioni, nel concreto superato dalla maggiore afflittività della
più antica misura, scaduta alle ore 24 del 1 febbraio 2013, priva di proiezioni nel
futuro, con la cui perdita di efficacia risulta superato,ogni duplicazione; rispetto a
tale motivo conseguentemente il ricorso proposto risulta privo di interesse.
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del grado, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 07/05/2013

decaduta il 1 febbraio 2013 alle ore 24, giorno nel corso del quale è stato

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