Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23851 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23851 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BESAGGIO NAZZARENO N. IL 25/10/1965
BARICEVIC STJEPAN N. IL 23/06/1963
avverso la sentenza n. 2131/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
22/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1.
ta
che ha concluso per

}tr1r 41:

r’14 CUIA v14.1111

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/05/2014

Con sentenza del 22 gennaio 2013, la Corte di appello di Venezia, in parziale
riforma della sentenza emessa all’sito del giudizio abbreviato dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Treviso il 12 marzo 2012, ha assolto
BARICEVIC Stjepan dai delitti di ricettazione al medesimo contestati al capo C) e di
quelli di truffa di cui al capo D), ad eccezione degli episodi contestati ai punti 4), 6 e
25), per non aver commesso il fatto ed ha per l’effetto rideterminato la pena,
reputando più grave il reato di cui al punto 4), in anni uno, mesi otto e giorni otto di
reclusione ed euro 680 di multa. Ha invece confermato la condanna di BESAGGIO
Nazzareno alla pena di anni due di reclusone ed euro 800 di multa al medesimo
inflitta in ordine ai reati per i quali è stato ritenuto responsabile.
Popone ricorso per cassazione personalmente il BARICEVIC il quale formula
doglianze solo sulla dosimetria della pena, censurando la motivazione dei giudici a
quibus. sul punto.
Propone ricorso anche il difensore del BESAGGIO il quale, nel primo motivo,
rinnova la eccezione relativa alla mancata notifica della udienza preliminare, in
quanto la stessa sarebbe stata notificata al domicilio dichiarato, in Via dell’Olmo 7
Treviso, anziché presso lo studio del difensore fiduciario, ove aveva eletto domicilio
in sede di istanza di ammissione al patrocinio dei non abbienti. Si lamenta, poi, che
sia stato ritenuto sussistente il dolo della ricettazione degli assegni, dal momento che
la buona fede dell’imputato doveva desumersi dalla fiducia che nutriva nei complici e
dl fatto che per molte truffe erano stati impiegati titoli non di provenienza illecita.
Doveva quindi applicarsi l’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen. —
contestandosi la motivazione dei giudici a quibus – o almeno la figura attenuata di
cui al capoverso dell’at. 648 cod. pen. Si lamenta, infine, il riconoscimento delle
attenuanti generiche con giudizio di sola equivalente.
Il ricorso del BARIDEVIC è palesemente inammissibile, in quanto il ricorrente
si è limitato a prospettare doglianze del tutto prive di specificità, non avendo il
ricorrente medesimo enunciato o proposto questioni in qualche modo correlate a
circostanze nella specie evocabili sul versante dei parametri commisurativi del
trattamento sanzionatorio, mentre i rilievi svolti in tema di rccidiva sono
inammissibili, in quanto il tema non aveva formato oggetto di appello, come già
puntualizzato dai giudici a quibus. Le censure, d’altra parte, si sono limitate ad una
prospettazione meramente assertiva di criteri di ordine generale, senza alcuna
correlazione con gli argomenti puntualmente evocati a sostegno della decisione
impugnata, la quale, al contrario, appare dotata di un corredo motivazionale del tutto
congruo ed esente da censure sul piano della coerenza logico argomentativa.
Ugualmente inammissibile è il ricorso proposto nell’interesse del BESAGGIO.
A proposito della eccezione in rito, va infatti osservato che la giurisprudenza di
questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo il quale la nullità,
derivante dalla esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio
1

OSSERVA

i

2

di appello presso il difensore di fiducia, anziché nel domicilio dichiarato o eletto
dall’imputato, deve ritenersi sanata quando risulti provato che non ha impedito
all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa, ed è,
comunque, priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla
sanatoria speciale di cui all’art. 184, comma primo, alle sanatorie generali di cui
all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai termini di
rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen.. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sanata
la nullità, in quanto, tenuto conto del rapporto fiduciario tra il difensore e l’imputato,
la notificazione non era stata inidonea a determinare la effettiva conoscenza dell’atto
da parte di quest’ultimo ed il difensore comparso all’udienza dibattimentale nulla
aveva eccepito al riguardo). (Sez. 4, n. 15081 del 08/04/2010 – dep. 19/04/2010,
Cusmano e altri, Rv. 247033). Le stesse Sezioni unite hanno d’altra parte
puntualizzato che in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità
assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in
cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita
in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza
effettiva dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei
casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di
esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod.
proc. pen. (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004 – dep. 07/01/2005, Palumbo, Rv. 229539).
Quand’anche esistente, dunque, il vizio poteva e doveva essere dedotto in udienza dal
difensore presente, restando altrimenti sanato. Va d’altra parte rilevato che la
questione relativa alla elezione di domicilio effettuata nella istanza di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato in favore dei non abbienti non è stata dedotta nei motivi
di appello, né gli atti relativi sono stati trasmessi a questa Corte: ciò rende, dunque, la
questione inammissibile anche per difetto di autosufficianza del relativo motivo di
ricorso.
Le restanti doglianze sono inammissibili, in quanto evocative esclusivamente
di censure rilevanti agli effetti dello scrutinio di merito, ma palesemente
improponibili in questa sede. Il ricorrente si è limitato a prospettare una alternativa
ricostruzione dei fatti e delle responsabilità sulla base esclusivamente di deduzioni in
punto di fatto, per di più articolate in forza di argomentazioni nella sostanza
aspecifiche, perché riproduttive dei motivi di appello. I motivi proposti risultano,
pertanto, solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto
l’enunciato impugnatorio appare essere genericamente sviluppato sulla base di rilievi
di merito, tendenti ad una rilettura del compendio probatorio e ad una rivalutazione
delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più,
sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti in
relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un
improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il
sindacato riservato a questa Corte.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di

una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 ciascuno alla luce dei
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014
t

P. Q. M.

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