Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23850 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23850 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Fausto Matteo nato il 25 luglio 1975 avverso la
sentenza della Corte di appello di Milano del 22 ottobre 2012. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le
conclusioni del sostituto procuratore generale Luigi Riello, che ha chiesto
rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la
sentenza del GUP del tribunale della medesima città di condanna di Fausto
Matteo per i reati ascrittigli.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’imputato si lamentano violazione di
legge e vizio di motivazione per avere la corte territoriale: respinto l’eccezione
di inutilizzabilità della deposizione resa dal padre dell’imputato in violazione
dell’art. 63 cod. proc. pen. per non essere stato il teste avvertito dalla corte
della facoltà di astenersi, sull’errato duplice rilievo della tardività con cui
l’eccezione è stata sollevata (pur essendo stata esposta la stessa prima della
pronuncia della sentenza di condanna) e della regolarità della procedura

Data Udienza: 27/05/2014

seguita, non essendo al momento dell’assunzione delle sommarie informazioni
in questione emerso lo stato di indagato dell’odierno imputato; per avere
inoltre la corte territoriale fondato la propria decisione su di un ragionamento
illogico e lacunoso, giungendo così alcuna conferma della sentenza del
tribunale sulla base di valutazioni errate, avendo sussunto sotto la fattispecie
della rapina, anziché della violenza privata, la condotta di minaccia rivolta
dall’imputato alla vittima la quale, spaventata, era fuggita dall’automobile in

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Correttamente la corte di appello ha respinto l’eccezione di nullità. Giova
infatti ricordare che già Cass. Sez. Un. 21 giugno 2000 n. 16, Tammaro,
stabilì che nel giudizio abbreviato sono rilevabili e deducibili solo le nullità di
carattere assoluto e le inutilizzabilità cd. patologiche. Questa stessa sezione
ha avuto modo di osservare, al riguardo e sviluppando l’assunto, che “sulla
scorta di tale pronuncia si è correttamente ritenuto, anche sulla base della
consolidata giurisprudenza al riguardo (Cass. sez. 1 2 dicembre 2003 n.
48916, Rainard; sez. 6 25 maggio 2004 n. 29138, D’Alise; sez. 1 13 ottobre
2004 n. 44637, brio; sez. 1 23 settembre 2008 n. 40050, Ponte), che le
dichiarazioni rese spontaneamente alla polizia giudiziaria dalla persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini – che a norma dell’art. 350 c.p.p., comma
7 non possono essere utilizzate nel dibattimento se non ai fini delle
contestazioni – sono invece pienamente utilizzabili nel giudizio abbreviato
essendo l’inutilizzabilità prevista dall’art. 350 c.p.p., comma 7 ancorata alle
forme del giudizio dibattimentale. Nel ricorso non sono peraltro indicati (nè
erano indicati nell’atto di appello) concreti elementi per affermare che le
dichiarazioni in questione, le quali non risultano essere state sollecitate dalla
polizia giudiziaria e sono state riportate solo indirettamente nel verbale di
sequestro, non fossero spontanee e rientrassero nell’ambito di previsione
dell’art. 350 c.p.p., commi 5 e 6, anzichè in quello del comma 7 della
medesima disposizione. Quanto alle dichiarazioni rese dalla sorella
dell’imputato nel corso delle indagini preliminari senza essere previamente
avvertita della facoltà di astenersi ai sensi dell’art. 199 c.p.p. (facoltà di cui
C.C. si è avvalsa allorchè è stata chiamata a deporre nel giudizio abbreviato
condizionato all’esame dei testi), il collegio condivide l’orientamento
giurisprudenziale già espresso da questa Corte in un caso analogo (Cass. sez.
1 8 gennaio 2002 n. 4501, Marchegiani) e ripreso nella sentenza impugnata.

cui si trovava con l’imputato, che ripartiva, lasciandovi la propria borsetta.

,

Nell’ipotesi di mancato avvertimento al prossimo congiunto della facoltà di
astensione dal deporre l’art. 199 c.p.p. è infatti prevista la sanzione della
nullità delle dichiarazioni. Tale nullità, che non rientra certamente tra le nullità
assolute e di ordine generale previste dal combinato disposto degli artt. 178 e
179 c.p.p., avrebbe potuto essere dichiarata solo su eccezione da parte,
secondo il regime delle nullità relative disciplinate dall’art. 181 c.p.p. Avendo
tuttavia l’imputato scelto il rito abbreviato acconsentendo all’utilizzazione degli

stata detta dichiarazione legittimamente inserita nel fascicolo di cui all’art.
416 c.p.p., comma 2, non sussisteva alcun impedimento alla sua utilizzazione
ai sensi dell’art. 442 c.p.p., comma 1 bis anche in presenza del successivo
rifiuto della C. di rendere testimonianza” (cfr. Cass. sez. II, 5.5.2009 n.
34521).
In ogni caso, è comunque opportuno rimarcare che il giudizio di colpevolezza
è fondato su un consistente coacervo probatorio, essendo stato l’imputato
individuato in fotografia dalla vittima, essendo stata ricostruita sulla base di
ulteriori dichiarazioni testimoniali la targa e il tipo della vettura usata, risultata
intestata al padre dell’imputato.
Anche la qualificazione giuridica del fatto quale rapina è immune da errori e
vizi logici, essendo così logicamente spiegata la condotta dell’imputato che,
dopo aver minacciato e spaventato la persona offesa – pertanto fuggita
dall’auto in cui era salita su invito dell’imputato medesimo – si dileguava
conservando la borsetta lasciata dalla vittima sul sedile.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Roma, 27.5.2014

elementi di prova acquisiti nel fascicolo del pubblico ministero ed essendo

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