Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23844 del 06/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23844 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCHIAVONE FIORAVANTE N. IL 24/01/1945
avverso la sentenza n. 2253/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
07/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6/0e—d^
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 06/03/2014

SCHIAVONE Fioravante, ricorre per Cassazione avverso la sentenza
7.12.2012 con la quale la Corte d’Appello di Salerno lo ha condannato alla
pena di anni tre, mesi sei di reclusione e 500,00C di multa per la violazione
dell’art. 629 cp.
Il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata formulando le
seguenti doglianze che possono essere così riportate nei limiti previsti dal1″ art. 170 cpp
§1.) vizio di motivazione e violazione di legge a cagione di un’erronea valutazione del materiale probatorio, poiché è stato data una eccessiva valenza
alle dichiarazioni rese dalle persone offese.
§2.) erronea applicazione della legge penale e dell’art. 157 cp, poiché, applicata la disciplina in subiecta materia vigente in epoca antecedente alla
legge 251/2005, essendo state riconosciute le attenuanti generiche ritenute
prevalenti alle circostanze aggravanti, il reato, commesso in data 31.5.1997,
doveva essere considerato prescritto alla data del maggio del 2012 e quindi
in epoca antecedente a alla pronuncia della decisione della Corte d’Appello
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato in ordine ad entrambi i profili di dogl ianza.
Con riferimento alla valutazione di attendibilità delle persone offese, va osservato che la Corte d’Appello, esaminando la questione che le era stata sottoposta dalla difesa ha messe in evidenza che: 1) non erano emersi elementi
idonei a far dubitare della genuinità delle dichiarazioni delle persone offese;
2) le dichiarazioni erano credibili perché dotate di coerenza e logicità intrinseche; 3) le dichiarazioni erano supportate da prova documentale costituita
dal contenuto di una audiocassetta sulla quale era stata registrata la conversione a contenuto estorsivo; 4) la irrilevanza della dedotta contraddizione in
ordine alla contestata detenzione di un’arma, accusa dalla quale lo imputato
è stato assolto.
La motivazione è adeguata e non è sindacabile nel merito. In diritto va osservato che le dichiarazioni rese dalla persona offesa possono essere assunte
anche da sole come prova a carico dell’imputato purché il giudicante abbia
svolto una indagine sulla credibilità del testimone [ Cass. 3348/20031. Nel
caso in esame il Tribunale ha assolto al proprio compito.
La censura formulata pertanto deve essere dichiarata inammissibile, perché
inducente a valutazioni di merito, precluse in questa sede, e non sussistendo
alcun vizio nella motivazione.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La difesa del ricorrente nel formulare la censura relativa al fatto che sarebbe maturato il
termine di prescrizione in epoca antecedente alla pronuncia della decisione
della Corte d’Appello, e specificatamente nel maggio del 2012, omette di
considerare i periodi di sospensione della prescrizione che sposta la data di
maturazione della causa estintiva del reato allo 7.10.2014. Dall’esame degli

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e 1
ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cpp,
ravvisandosi nella condotta del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi
prevista.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende
Così deciso in Roma il 6.3.2014

atti emerge infatti che nel corso del giudizio di primo grado sono stati disposti tre periodi di sospensione della prescrizione, mentre nel corso del giudizio di appello è stata disposta un’ulteriore sospensione della decorrenza della prescrizione, ai sensi dell’art. 2 ter legge 152/2008, per un totale di anni
due, mesi cinque, giorni sei che devono essere aggiunti ai termini di legge.

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