Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23831 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23831 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Stefano Govi, nato a Reggio Emilia il 22/11/1970
avverso la sentenza del 03/05/2012 della Corte d’appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Antonio Mura,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avv. Mariano Buratti, in sostituzione dell’avv. Giampaolo Barazzoni per il
ricorrente, il quale si è riportato al ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Bologna con sentenza del 03/05/2012, ha
confermato l’affermazione di responsabilità di Stefano Govi per il reato di falsa
testimonianza, pronunciata con sentenza del gip del Tribunale di Reggio Emilia
del 18/03/2004.
2. Con un primo motivo di ricorso la difesa, richiamata la data di
commissione del reato, risalente al 1999, nonché quella di pronuncia della
sentenza di primo grado, rileva che nei motivi d’appello si eccepiva la
prescrizione del reato, intervenuta all’epoca della pronuncia di secondo grado,
poiché questa è sopraggiunta ben oltre il termine massimo di sette anni e
mezzo, previsto per il reato contestato. Tali rilievi sono ignorati nella sentenza,
vuoto argomentativo che realizza una violazione di legge.
3. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione, assumendo che,
sulla base della pronuncia impugnata, sia impossibile ricostruire il percorso logico

Data Udienza: 07/05/2013

ricostruttivo che ha condotto alla conferma della condanna di primo grado, ed al
rigetto dell’istanza di escutere un ulteriore teste indicato dalla difesa sul punto
decisivo della controversia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. Il ricorso è inammissibile.
2. Il reato contestato, consumato il 29 novembre 1999, è stato giudicato
all’art. 10 I. 5 dicembre 2005 n. 251 ad esso deve applicarsi il termine di
prescrizione previsto dalla precedente lettera dell’art. 157 cod. pen. che
prevedeva per i reati puniti con pena superiore a cinque anni, quali il delitto di
falsa testimonianza, un termine decennale, aumentabile a quindici a seguito
degli eventi interruttivi previsti dall’art. 160 cod. pen.
Nella specie quindi alla data della sentenza d’appello non risultava
decorso il termine massimo previsto dalla disposizione richiamata, e deve
conseguentemente escludersi la fondatezza del primo motivo di ricorso, basato
su una diversa ricostruzione del computo applicabile nella specie, che non trova
fondamento nelle previsioni normative cui si è fatto riferimento.
Né può ritenersi fondata l’eccezione di violazione di legge, per effetto
dell’omessa motivazione sul punto da parte della Corte di merito; deve ricordarsi
in argomento che questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 155 del 29/09/2011,
dep. 10/01/2012, imp. Rossi, Rv. 251496) ha chiarito che “la soluzione da dare
alle questioni di diritto, processuali o sostanziali che siano, non attiene … al
contesto della giustificazione, ma al contesto della decisione, sicché quello che
importa per la validità della sentenza è soltanto la correttezza di questa, e non
rileva che la Corte di appello non abbia espressamente motivato in ordine
all’infondatezza o inammissibilità delle eccezioni, se esse sono effettivamente
infondate o inammissibili”.
3. Manifestamente infondato è inoltre l’ulteriore motivo proposto che, nel
lamentare genericamente l’illogicità della motivazione non individua specifici
passaggi argomentativi suscettibili di tale censura, ma ne deriva la valutazione
dal rigetto delle tesi difensive, sulle quali, al contrario, la sentenza risulta essersi
espressa diffusamente, giungendo ad una conclusione di inaffidabilità del narrato
alla luce delle acquisizioni dibattimentali.
Nella pronuncia il giudice inoltre si sofferma ad escludere la rilevanza
della deposizione testimoniale, la cui acquisizione l’interessato sollecitava con
rinnovazione dibattimentale, chiarendo che la formulazione ipotetica della
richiesta formulabile al teste sulla base delle deduzioni, a fronte degli elementi

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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 5300/2013

con sentenza di primo grado del 18/03/2004; in forza della disposizione di cui

certi acquisiti dalle testimonianze convergenti raccolte nel giudizio, non
giustificava la sua assunzione, argomento con il quale il ricorrente non si
confronta, semplicemente negandone la manifestazione.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.

pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado e della
somma, determinata equitativamente come in dispositivo, in favore della Cassa

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 07/05/2013.

delle ammende.

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