Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23828 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23828 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1. Pierino Bertini, nato a Colledara il 05/05/1933
avverso la sentenza del 26/11/2010 della Corte d’appello dell’Aquila
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Antonio Mura,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avv. Tommaso Navarra per il ricorrente, che si è riportato al ricorso;
RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello dell’Aquila con sentenza del 26/11/2010 ha
confermato la sentenza del Tribunale di Teramo del 17/07/2005 che aveva
affermato la responsabilità di Pierino Bertini per il reato di calunnia consumato
con il deposito, nel corso di un procedimento che lo vedeva imputato di
estorsione tentata e consumata e di turbativa d’asta, di memoria difensiva nella
quale attribuiva a terzi la creazione di falsi elementi di accusa a suo carico.
2. Con un primo motivo di ricorso la difesa rileva mancanza di
motivazione della decisione di rigetto della rinnovazione del dibattimento in
grado di appello, sollecitata per acquisire una testimonianza.
3. Con il secondo motivo si deducono vizi della motivazione, con riguardo
alla contraddittoria ricostruzione del fatto costituente reato. Richiamate le
vicende del diverso procedimento che, dopo la sottoposizione dell’interessato alla
carcerazione preventiva per il reato di estorsione, era giunto in secondo grado

Data Udienza: 07/05/2013

all’affermazione di responsabilità per il solo reato minore, si deduce che la
sentenza impugnata non ha individuato quali, tra i fatti dedotti in memoria, non
siano risultati rispondenti al vero, ed argomenta sull’insussistenza dello jus
defendendi, prescindendo da tale prioritario accertamento di fatto, omettendo di
considerare il contesto in cui l’esercizio di tale diritto si è realizzato.
In particolare, si richiama la relazione a firma del maresciallo che si
assume calunniato, nella quale si riferisce l’esecuzione da parte dell’odierno

ricorrente di plurimi rilanci d’asta, che successivamente risultarono mai
formulati, a dimostrazione che le circostanze di fatto erano state riferite senza
un aggancio al reale; conseguentemente si ritiene carente l’accertamento della
falsa accusa, sotto l’aspetto oggettivo e soggettivo, circostanza che refluisce
anche sulla contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui è giunta ad
escludere il corretto esercizio del diritto di difesa da parte dell’interessato, oltre
che sulla sua logicità, poiché la coerenza delle conclusioni è condizionata dalla
compiuta analisi della situazione di fatto, che si ritiene mancante.
4. Gli stessi vizi della motivazione vengono eccepiti con riferimento alla
mancata analisi della consapevolezza da parte del ricorrente dell’innocenza degli
incolpati, elemento costitutivo del reato.
5. Si deduce violazione di legge quanto all’omessa declaratoria di
prescrizione del reato, raggiunta prima della pronuncia in grado d’appello, non
dovendosi computare la sospensione operante ex lege per effetto degli eventi
sismici, che non hanno coinvolto il territorio occupato dall’interessato; il termine
massimo di sette anni e mezzo dalla consumazione dei fatti risulta quindi già
maturato a quella data, non potendo il termine di cui all’art. 157 cod. pen.
essere prolungato oltre la sua metà.
6. Ulteriore violazione di legge si rileva sotto il medesimo profilo poiché la
motivazione della sentenza risulta depositata fuori termine, e notificata
all’imputato oltre il termine massimo di prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. La Corte di merito, pur investita dell’accertamento di una serie di
elementi di fatto, essenziali al fine di verificare la presenza dell’elemento
psicologico del delitto di calunnia, che deve ravvisarsi nella consapevolezza da
parte dell’agente dell’innocenza dell’incolpato, si è limitata ad un’analisi astratta
della fattispecie in termini di diritto, eseguita con un rimando ai principi fissati in
casi analoghi da questa Corte, omettendo per converso la doverosa analisi delle

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situazioni concrete dedotte dall’appellante, e suscettibili di fornire indicazioni sul
punto essenziale della decisione.
Dall’esame della contestazione è dato desumere che Bertini ha consumato
l’azione nel corso del procedimento penale instaurato a suo carico per il delitto di
estorsione, reato dal quale è stato poi assolto, presentando una memoria nella
quale attribuiva la denuncia formulata ai suoi danni dalla parte lesa alle pressioni
Tale specifica attribuzione di responsabilità nella pronuncia di primo grado
risulta in realtà ridimensionata poiché in essa si dà conto di affermazioni meno
perentorie contenute nella stessa memoria sull’attribuzione di responsabilità,
oltre che delle precisazioni rese dall’interessato nel corso del giudizio, che
rendono un quadro in sé contraddittorio.
Invero, a fronte della pretesa persecuzione a carico dell’odierno
ricorrente, a suo dire realizzata genericamente da appartenenti all’arma dei
Carabinieri, che giustificava le pressioni rivolte al denunciante del reato di
estorsione affinché proponesse la sua istanza di punizione, contestualmente
l’odierno ricorrente ammette di sapere che le informative che avevano
accompagnato tale denuncia, nelle quali sarebbero stati contenuti dati falsi, non
erano state predisposte dal Vannucci, e la loro esposizione era in chiave
probabilistica ricondotte “a lui o a chi per lui”. La circostanza risulta rilevante con
riferimento alla specifica contestazione del reato, poiché nel capo di imputazione
si individuano proprio nel mar. Vannucci e nella persona che avrebbe denunciato
Il fatto su pressione di questi, le due parti lese del reato, e per l’accertamento di
responsabilità per il reato di calunnia è necessario che l’incolpazione formulata
risulti falsa nella convinzione dell’interessato, certezza che risulterebbe assente,
sul piano soggettivo, fin dalla memoria contestata.
Nella prospettazione dell’interessato tale consapevolezza risulta esclusa
dalle affermazioni della persona che lo aveva denunciato, che gli avrebbe riferito
di essere stato indotto a presentare la denuncia, ed in proposito è mancato un
esame di merito, poiché nella sentenza è stato operato un generico riferimento
alla coscienza e volontà dell’azione, individuabile nella redazione della memoria,
che non può esaurire l’accertamento richiesto, dandosi per ciò stesso dimostrata
la consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato, senza illustrare, considerando gli
eventi richiamati -sopraggiunta assoluzione dall’originaria accusa, individuazione
probabilistica del materiale autore dell’informativa ritenuta non corretta- da dove
sia possibile trarre conferma dell’attendibilità di tale accertamento, solitamente
ricostruibile proprio sulla base delle concrete circostanze e modalità esecutive
dell’azione.
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svolte nei confronti di questa dal maresciallo Vannucci.

Non si considera nello specifico la rilevanza astratta della posizione di
imputato rivestita dall’interessato per l’ulteriore e grave accusa, che poteva
Indurlo a dubitare dell’innocenza dell’incolpato, dubbio indotto dall’oggettiva
circostanza che sulla condotta egli aveva dichiarato di essere in possesso solo di
informazioni indirette, che, per quel che gli era dato verificare, risultavano
avvalorate dalle imprecisioni nelle ricostruzioni dei fatti emerse dall’informativa

di indurlo in errore involontario.
È evidente che la condizione prospettata, ove verificata, potrebbe
escludere l’essenziale elemento costitutivo della consapevolezza dell’innocenza
dell’incolpato che contraddistingue il delitto di calunnia, non accertabile con il
grado di certezza richiesto tutte le volte in cui situazioni concrete, quali quelle
dedotte dall’interessato e suscettibili di approfondimento, rendano quanto meno
dubbia l’ipotesi ricostruttiva nel senso indicato (Sez. 6, Sentenza n. 46205 del
06/11/2009, dep. 01/12/2009, imp. Demattè, Rv. 245541), secondo le ordinarie
valutazioni che un cittadino nelle medesime condizioni di conoscenza sia
chiamato a svolgere.
Proprio su tale accertamento di fatto, l’interessato aveva formulato nel
gravame di merito una richiesta di rinnovazione dibattimentale, proponendo
l’audizione delle persone venute in contatto con il denunciante Caprini,
successivamente deceduto, al fine di ricostruire quanto a lui effettivamente
riferito in argomento, ma la Corte non ha esposto i motivi del rigetto dell’istanza,
che non è dato cogliere neppure implicitamente dalla diversa ricostruzione dei
fatti evincibile dalla pronuncia, in ragione del deficit argomentativo richiamato.
3. Yer l’effetto, risultando necessaria un’analisi di merito sull’elemento
costitutivo ‘del delitto, non affrontata nella pronuncia impugnata, deve disporsi
l’annullamento della sentenza, con rinvio del procedimento alla Corte d’appello di
Perugia, per nuovo esame sul punto.
4. Le ulteriori deduzioni riguardanti l’intervenuta prescrizione del reato
sono fondate sull’assunto in diritto dell’applicabilità del nuovo testo dell’art. 157
cod pen. che deve invece deve escludersi sulla base di quanto previsto dall’art.
10 I. 5 dicembre 2005 n. 251, risalendo la sentenza di primo grado al febbraio
2005.
Questo colloca il termine massimo per la verificazione dell’effetto estintivo
del reato, identificabile in quindici anni al netto di eventuali sospensioni, al
gennaio 2014, ad oggi non ancora scaduto.

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di reato nel diverso procedimento, situazioni entrambe astrattamente suscettibili

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte
d’appello di Perugia.

Così deciso il 07/05/2013.

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