Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23806 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23806 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Galiano Cristian, nato a Taranto il 23/11/1988
avverso la sentenza del 04/06/2012 della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di
Taranto R.G. n. 373/2011
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 04/06/2012, la Corte d’appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, ha
confermato l’affermazione di responsabilità di Cristian Galiano, in relazione al reato di cui
all’art. 3 bis, I. 31/05/1965, n. 575, per non avere ottemperato all’obbligo di prestare la
disposta cauzione.
La sentenza impugnata, nel valutare l’esistenza o non dell’indisponibilità economica
dell’imputato, non preordinata né colposamente determinata, ha rilevato che il Galiano: a)
ben poteva assolvere al deposito della cauzione con i proventi accumulati in passato con la
sua attività illecita, concretatasi in plurimi reati; b) non aveva dato prova di essersi
impegnato in una effettiva ricerca di un’attività lavorativa remunerata, attraverso l’iscrizione
nelle liste di collocamento.
Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha confermato il diniego delle
circostanze attenuanti generiche, in ragione dei numerosi pregiudizi penali infraquinquennali
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Data Udienza: 07/05/2013

del Galiano e dell’assenza di elementi positivi che giustificassero la ulteriore riduzione della
pena inflitta dal giudice di primo grado nella misura minima edittale.
2. Il Galiano ha proposto ricorso per cessazione, affidato ad un unico, articolato motivo,
lamentando: a) che la Corte territoriale non abbia tenuto conto dei principi affermati da
Corte cost. .19/06/1998, n. 218, secondo la quale il giudice nella determinazione della
somma da versare a titolo di cauzione deve tenere conto anche delle condizioni economiche
del prevenuto, ed abbia trascurato di considerare che il Galiano si era trovato in serie
difficoltà economiche, non avendo alcuna fonte di reddito cui attingere; b) che la Corte

gravità del fatto.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Va premesso che sussiste continuità normativa tra il reato di mancato versamento della
cauzione, previsto dall’abrogato art. 3 bis I. n. 575 del 1965, e quello oggi sanzionato dagli
artt. 31 e 76 D. Lgs. n. 159 del 2011 (Sez. 2, n. 27021 del 27/03/2012, Perniola, Rv.
253409).
Ciò posto, la sentenza impugnata si è uniformata al condiviso orientamento di questa Corte,
secondo cui l’impossibilità economica di far fronte all’obbligo di versamento della cauzione
imposta, ai sensi dell’art. 3 bis L. 31 maggio 1965 n. 575, al soggetto nei cui confronti sia
stata applicata una misura di prevenzione, è deducibile anche nel giudizio penale instaurato
a carico del medesimo soggetto per il reato costituito dall’inosservanza di detto obbligo,
fermo restando l’onere dell’imputato di dimostrare che l’indisponibilità di mezzi economici
non sia stata dolosamente preordinata o colposamente determinata (Sez. 5, n. 39539 del
15/07/2011, Sardina, Rv. 251532).
Nella motivazione della sentenza impugnata si dà conto delle ragioni per le quali la mera
autodichiarazione dell’interessato è stata ritenuta insufficiente, sottolineando che il
ricorrente non aveva dato prova di essersi iscritto nelle liste di collocamento né di essersi
attivato per la ricerca di un’attività quantomeno in ambito agricolo. Tali considerazioni non
esibiscono alcuna manifesta illogicità e sono criticate dal ricorrente attraverso un vago
richiamo alle “serie difficoltà economiche” in cui si sarebbe venuto a trovare.
2. Anche il secondo motivo è inammissibile per assoluta genericità, in quanto non indica
alcuna circostanza, oggettiva o soggettiva, idonea a rendere manifestamente illogica la
motivazione della Corte territoriale, che ha valorizzato, ai fini del diniego delle circostanze
attenuanti generiche, i numerosi precedenti penali del ricorrente.
3. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. peri, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo
determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

2

d’Appello non abbia concesso le attenuanti generiche, al fine di adeguare la sanzione alla

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 07/05/2013

Il Componente estensore

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