Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23805 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23805 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ferrara Giuseppe, nato a Palermo in data 11/08/1968
avverso la sentenza del 18/04/2012 della Corte d’appello di Palermo R.G. n. 323/2011
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria depositata nell’interesse di
Fabrizio Pillari;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avv. Ernesto D’Angelo per il querelante Pillari, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso;
udito, per l’imputato, l’Aw. Vieti Enrico Fabiani, il quale ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Palermo, accogliendo l’impugnazione proposta da Fabrizio Pillari
avverso la sentenza di primo grado, che aveva assolto Giuseppe Ferrara dal reato contestato
e aveva condannato il primo al risarcimento dei danni ai sensi dell’ad 542 cod. proc. pen., ha
rigettato la domanda risarcitoria.
La Corte territoriale, escluso che il rimedio a disposizione del querelante condannato al
risarcimento dei danni sia il ricorso per cassazione, nel merito ha rilevato che l’imputato, alla
stregua della motivazione fornita dal giudice di prime cure, era stato assolto ai sensi dell’art.
530, comma 2, cod. proc. pen., talché difettava una malafede riconducibile al querelante.
1

Data Udienza: 07/05/2013

2. Nell’interesse del Ferrara è stato proposto ricorso per cessazione, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta inosservanza degli artt. 542, 427 e 568 cod.
proc. pen., nonché mancanza ed illogicità della motivazione, ribadendo che il mezzo
determinato dalla legge con cui il querelante non costituito parte civile può impugnare il
capo della sentenza che abbia deciso sulle spese e sui danni è il ricorso per tassazione e non
l’appello.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, per avere la Corte territoriale escluso la malafede del querelante,

pronunciare l’assoluzione piena dell’imputato, aveva sottolineato la profonda diversità tra la
ricostruzione ‘del fatto operata dalla persona offesa e le risultanze dibattimentali.
3,. Nell’interesse di Fabrizio Pillari è stata depositata memoria.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Premesso che gli errori di diritto nella motivazione non producono l’annullamento della
sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo (art. 619, comma
1, cod. proc. pen.), osserva la Corte che, ai sensi dell’art. 576, comma 2, cod. proc. pen. al
querelante condannato, con sentenza dibattimentale, a norma dell’art. 542 del codice di rito,
compete Io stesso diritto di impugnazione attribuito dal primo comma alla parte civile,
Come ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche dopo le modificazioni introdotte
dall’art. 6 della legge 20 febbraio 2006 n. 46 all’art. 576 cod. proc. pen., la parte civile ha
facoltà di proporre appello, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di
proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007,
Lista, Rv. 236539).
Ne discende che anche il querelante ha il potere di proporre appello e che il richiamo dell’art.
542, comma 1, cod. proc. pen., alle disposizioni dell’art. 427 del medesimo codice, concerne,
come reso palese dal tenore letterale della previsione, “la condanna del querelante al
pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato, nonché alla rifusione delle
spese e al risarcimento del danno in favore dell’imputato e del responsabile civile”, ossia i
presupposti sostanziali delineati dalla norma da ultimo citata.
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
In tema di risarcimento del danno in favore dell’imputato e del responsabile civile, la colpa
grave, rilevante a tal fine, quando si tratti di reato perseguibile a querela, si concreta in una
trascuratezza del più alto grado e consiste nel non avvertire l’ingiustizia di una pretesa,
ancorché essa appaia palese a chi valuti i fatti con ponderazione ed imparzialità (Sez. 5, n.
31728 del 16/06/2004, Garino, Rv. 229333).
La sentenza impugnata ha legittimamente operato una valutazione autonoma dei
presupposti di responsabilità del querelante, disattendendo le conclusioni cui era giunto il

trascurando di considerare compiutamente la decisione del giudice di primo grado che, nel

giudice di prime cure e sottolineando che dall’istruttoria dibattimentale non erano emersi
elementi sufficientemente certi per reputare provata la responsabilità dell’imputato.
In definitiva, non è ravvisabile alcuna contraddittorietà nel percorso argomentativo della
Corte territoriale, ma un ordinario contrasto tra la decisione del Tribunale e quella del
giudice del gravame, la cui motivazione non esibisce alcuna manifesta illogicità.
Le critiche del ricorrente si concentrano sull’esegesi della sentenza di primo grado, ma
trascurano di considerare che l’oggetto del ricorso per cassazione è la decisione d’appello.
Anche a voler cogliere nella valorizzazione della prima decisione operata dal ricorrente un

null’altro che in un’aspirazione ad una diversa valutazione delle risultanze istruttorie,
inammissibile in sede di legittimità, laddove non emerga una manifesta illogicità, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
3. Alla decisione di rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 07/05/2013

Il Componente estensore

recepimento delle considerazioni da essa svolte, va però rilevato che essa si traduce in

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