Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23801 del 30/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23801 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Crescimone Giuseppa, nata a Montallegro il 19/02/1949
Di Giovanni Caterina, nata a Biancavilla il 06/11/1968
avverso la sentenza del 23/04/2012 della Corte d’appello di Messina R.G. n. 1908/2011
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Carmine Stabile, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, la Corte d’appello di Messina ha confermato la decisione di
primo grado quanto all’affermazione di responsabilità di Giuseppa Crescimone e Caterina Di
Giovanni, in ordine al reato di furto commesso il 28/03/2010 in danno di Salvatora Carusa,
cui era stata sottratta la somma di euro 30.000,00 oltre ad in libretto di deposito.
La Corte territoriale ha valorizzato il riconoscimento delle due imputate operato dalla persona
offesa, ritenendo che le pur precarie condizioni generali di quest’ultima, che aveva
consentito alle due donne, qualificatesi come nipoti della vittima, di introdursi nella sua
abitazione, non avessero inciso sulle sue facoltà di memorizzarne i tratti somatici, anche per
il fatto che aveva interloquito con loro per un considerevole lasso di tempo. La Corte ha
aggiunto che la scelta di tenere i propri risparmi, anche di significativa consistenza, era
coerente con la mentalità di una persona anziana e di modesta cultura.
2. Nell’interesse dell’imputate è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
1

Data Udienza: 30/04/2013

2.1. Con il primo motivo, le ricorrenti lamentano inosservanza di norme processuali e vizi
motivazionali, dal momento che la persona offesa si era limitata a riconoscerle, senza nulla
riferire in ordine al furto da loro commesso: la visita delle due imputate sarebbe avvenuta,
infatti, il 28/03/2010 e, in quel frangente, le donne si erano trattenute al piano terreno
dell’abitazione, senza salire, secondo quanto affermato dalla persona offesa, al piano
superiore dell’appartamento.
In ricorso si aggiunge che, a fronte delle precarie condizioni generali della Caruso, non
esisteva alcuna prova della effettiva verificazione del furto avente ad oggetto la somma

2.2. Con il secondo motivo, le ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia posto a
fondamento dell’affermazione di responsabilità un riconoscimento, non riconducibile alla
ricognizione di persone di cui agli artt. 213 e 214 cod. proc. pen. e non seguito da altra
attività istruttoria. Peraltro, l’età avanzata della Caruso, ultranovantenne, e le sue precarie
condizioni generali, privavano il disposto riconoscimento di ogni attendibilità.
2.3. Con il terzo motivo, le ricorrenti lamento vizi motivazionali, in ordine alla generale
attendibilità della Caruso.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
2. Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, osserva la Corte che esso è inammissibile,
in quanto assume che la persona offesa nulla avrebbe riferito in ordine al furto e avrebbe
escluso che le due donne siano salite al piano superiore dove erano custoditi i suoi risparmi,
senza indicare il contenuto della deposizione della donna e della denuncia del 29/03/2010,
che dalla sentenza di primo grado, risulta essere stata acquisita con il consenso delle parti.
Del pari inammissibili sono i profili di censura, con i quali le ricorrenti aspirano ad una
rivalutazione delle risultanze istruttorie, assumendo come presupposto di inattendibilità le
precarie condizioni generali della persona offesa, di cui è generica menzione nella sentenza
della Corte territoriale, ma che non si traducono, secondo il motivato accertamento del
giudice di merito, in una incapacità attinente alle facoltà mnemoniche.
2. Il secondo motivo è infondato.
Sulla premessa della capacità della persona offesa di memorizzare i tratti somatici delle
imputate, anche in ragione del tempo trascorso ad interloquire con loro, la sentenza
impugnata ha legittimamente attribuito piena attendibilità al riconoscimento fotografico
operato dalla Carusa in sede dibattimentale.
3. Il terzo motivo è assorbito dalle considerazioni svolte in relazione ai primi due in quanto è
meramente reiterativo delle censure articolate in questi ultimi.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascuna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 30/04/2013

2

indicata nel capo di imputazione e nella data riferita dalla persona offesa.

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