Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23800 del 30/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23800 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mankouch Jaouad, nato a Fes (Marocco) 11 19/04/1985
awerso la sentenza del 12/06/2012 della Corte d’appello di Brescia R.G. n. 581/2012
visti gli atti, il prowedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Carmine Stabile, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
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Ritenuto in fatto

1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 12/06/2012 la Corte d’appello di Brescia ha
confermato l’affermazione di responsabilità di Mankouch .3aouad in ordine al reato di tentata
violenza privata, per essersi presentato presso un bar e avere, con comportamenti
provocatori e aggressivi (ossia girando per il locale con i pantaloni abbassati e disturbando i
clienti che si erano in conseguenza allontanati), minacciato di non andarsene se non gli fosse
stato offerto un caffè, non riuscendo nel proprio intento per l’intervento dei carabinieri che
avevano consentito alla donna, diversamente da quanto era successo in passato, di non
cedere alle pretese dell’uomo.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico
motivo, con il quale si lamenta erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte
territoriale affermato la responsabilità del primo, nonostante l’assenza di una minaccia
idonea a fare, tollerare o omettere qualcosa. In particolare, il fatto che l’imputato fosse
entrato nel bar con i pantaloni leggermente abbassati e avesse affermato che non se ne

Data Udienza: 30/04/2013

sarebbe andato se non fosse stato servito, poteva esprimere un comportamento offensivo
della morale, ma non una condotta idonea a privare la persona offesa della propria
autodeterminazione.
Il ricorrente lamenta altresì l’assenza dell’elemento soggettivo, dal momento che egli non era
intenzionato ad allontanare gli altri clienti del bar o ad ottenere un illecito profitto, ma solo
ad ottenere che si perfezionasse il rapporto contrattuale tipico nel quale si può pretendere
che la consumazione venga servita indipendentemente dalle modalità con le quali viene
richiesta.

1. Il ricorso è infondato.
Occorre premettere che il ricorrente non muove alcuna critica alla motivazione della Corte
territoriale in punto di accertamento del fatto, talché la questione della qualificazione
giuridica della condotta posta in essere deve essere operata alla luce non dell’edulcorata
rappresentazione contenuta in ricorso, ma assumendo che l’imputato era entrato nel locale
con i pantaloni abbassati e aveva preteso di essere servito con comportamenti provocatori e
aggressivi posti in essere anche in danno degli altri clienti.
In tale contesto, l’assenza del fine di trarre un profitto dalla propria condotta è un dato
irrilevante, in quanto con la norma contenuta nell’art. 610 cod. pen. si tutela la libertà di
autodeterminazione spontanea dell’individuo, al di fuori di qualsiasi limite o condizione che
non sia legittimamente posta. Se la coartazione da parte dell’agente è diretta a procurarsi un
ingiusto profitto, che può anche essere non patrimoniale, con altrui danno, che non può non
rivestire la connotazione di natura patrimoniale, dovendo consistere in un’effettiva deminutio
patrimoni’, ricorre piuttosto il delitto di estorsione (Sez. 1, n. 1683 del 22/04/1993, Puglisi,
Rv. 194418).
Ora, il pretendere di essere serviti in un bar nelle condizioni in cui l’imputato si era
presentato, facendo leva sul disagio provocato negli altri clienti, integra un comportamento
sicuramente idoneo a costringere il titolare a non esercitare il diritto che certamente gli
spetta di evitare che nel locale si trascenda dai limiti minimi di decenza e decoro.
2. Alla decisione di rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 30/04/2013

Il Componente estensore

Considerato in diritto

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