Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23799 del 30/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23799 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Varagnolo Elio, nato a Chioggia il 17/06/1969
avverso la sentenza del 03/05/2011 del Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia
R.G. n. 5/2010
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Carmine Stabile, che ha concluso per
inammissibilità del ricorso;
udito, per la parte civile, l’Avv. Ernesto De Toni, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Venezia, sez. dist. di Chioggia, con la la sentenza del 03/05/2011, ha
confermato l’affermazione di responsabilità di Elio Varagnolo, per avere pronunciato frasi
offensive all’indirizzo di Doriana Zennaro.
Il giudice ha rilevato: a) che la Zennaro e suo marito, dopo avere indicato in querela che
l’episodio era accaduto alle 0,30, avevano in dibattimento spostato l’orario di circa un’ora e
mezzo in avanti, ma ciò si spiegava con il carattere indicativo dell’affermazione; b) che
comunque l’elasticità nel riferimento orario non era decisivo, in quanto era ferma, nel
racconto dei testi, la menzione delle prime ore successive alla fine della partita con cui la
nazionale italiana di calcio aveva vinto il campionato del mondo; c) che l’imputato aveva
prodotto a sostegno del suo alibi un orario delle corriere da lui utilizzate per tornare

Data Udienza: 30/04/2013

dall’ospedale di Mestre, dove lavorava, a Chioggia, che si riferiva ad un periodo diverso da
quello nel quale l’episodio era avvenuto; d) che era inverosimile che l’imputato si fosse
allontanato dall’ospedale a mezzanotte, come aveva riferito il teste addotto dallo stesso, per
attendere più di un’ora la partenza della corriera, sicché non poteva escludersi che, in realtà,
egli avesse usato un’autovettura privata; e) che non era inverosimile che l’imputato con la
sua bicicletta avesse percorso contromano, come sostenuto dalla Zennaro, via San Giacomo.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale si lamenta
che il giudice di merito abbia ritenuto attendibili i testimoni, nonostante le gravi

fatto, sia con riferimento al momento della pretesa commissione dello stesso.
Nel ricorso si lamenta, altresì, che il Tribunale abbia sostanzialmente posto a suo carico
l’onere di dimostrare che, nell’ora di accadimento dei fatti, egli era ancora a Mestre.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
Gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato
degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di
legittimità, se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità
dimostrativa, con la conseguenza che sono inammissibili in sede di legittimità le censure che
siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del materiale probatorio
(di recente, v. Sez. 5, n 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez.
5, n. 49362 del 19/12/2012, Consorte).
Come si è visto, la decisione del giudice di merito si fonda su una valutazione di attendibilità
dei testimoni non smentita dalle risultanze istruttorie.
In tale contesto motivazionale, le critiche del ricorrente muovono dall’assunto — non sorretto
da una puntuale indicazione degli atti processuali idonei a palesare un travisamento della
prova — che egli, per tornare a casa, abbia utilizzato una corriera che avrebbe impiegato
un’ora (affermazione che il ricorrente fonda su un “orario” non meglio precisato in ricorso).
Ma tali doglianze si traducono, all’evidenza, nella pretesa ad una rivalutazione delle
acquisizioni istruttorie operata dalla motivazione del giudice di merito, inammissibile in sede
di legittimità, in assenza di una manifesta illogicità del percorso argomentativo.
2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo
determinare in euro 1.000,00. Del pari, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività svolta,
vengono liquidate in euro 1.700,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende; condanna

2

contraddizioni nelle quali erano incorsi, sia con riferimento ai luoghi in cui si sarebbe svolto il

inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, Zennaro Doriana,
nel giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.700,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 30/04/2013

Il Presidente

Il Componente estensore

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