Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23795 del 19/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23795 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI GIOIA TERESA N. IL 24/12/1963
SORACE RAFFAELE GIUSEPPE N. IL 04/08/1956
avverso la sentenza n. 2035/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del
26/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Eduardo Vittorio
Scardaccione, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Bottiglieri, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Di Gioia Teresa e Sorace Raffaele propongono ricorso per

confermato la sentenza del tribunale di Genova di condanna per
entrambi alla pena di anni tre di reclusione per bancarotta fraudolenta
patrimoniale in relazione al fallimento della Immobiliare Esse S.r.l.,
dichiarato dal tribunale di Genova il 24 febbraio 2005.
2.

I motivi di ricorso sono i seguenti:
a. violazione ed erronea applicazione degli articoli 223 e 216
della legge fallimentare, nonché mancanza e manifesta
illogicità della motivazione; sotto tale profilo osservano i
ricorrenti che il prelievo delle somme è avvenuto in epoca in
cui la società non era ancora in dissesto, ben 5 anni prima
della dichiarazione di fallimento, il che escluderebbe
l’esistenza del necessario collegamento eziologico o
psicologico tra i prelievi ed il fallimento. Il lungo lasso di
tempo dimostrerebbe, sotto il profilo soggettivo, che le
operazioni non furono preordinate alla frode creditoria.
b. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione
agli articoli 125, numero tre, 192 e 546 cod. proc. pen.. Sotto
tale profilo si ritiene che le conclusioni cui è giunta la corte
d’appello non siano illustrate in modo sufficiente e che ci sia
contraddizione tra alcune parti della sentenza. Si afferma, poi,
che il ricavato dalla vendita dell’immobile non è stato
utilizzato per finalità diverse rispetto a quelle dell’impresa,
essendo stati i relativi importi destinati all’estinzione dei mutui
contratti per l’acquisto del capannone ed al rimborso dei
finanziamenti conferiti dai soci.
c. Violazione ed erronea applicazione degli articoli 62 bis, 132 e
133 del codice penale, nonché mancanza e manifesta illogicità
della motivazione. Lamentano i ricorrenti che il giudice di
primo grado abbia ritenuto di limitare l’effetto diminuente

cassazione contro la sentenza della corte d’appello territoriale che ha

delle attenuanti generiche, ritenendole equivalenti alla
recidiva, senza fornire adeguata motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità,
posto che il semplice passaggio del tempo non è prova sufficiente

dovuto indicare in modo specifico altri elementi da cui desumersi la
carenza di offensività delle condotte distrattive. Quanto all’elemento
soggettivo, non è affatto necessario che le condotte siano finalizzate alla
frode creditoria, essendo pacificamente sufficiente ad integrare la
bancarotta fraudolenta patrimoniale un dolo generico.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, sia per
esservi una motivazione sufficiente, non contraddittoria e priva di
evidenti vizi logici, sia perché le affermazioni relative al concreto utilizzo
delle somme sono questioni di fatto non censurabili in questa sede di
legittimità., ove supportate di idonea motivazione.
3. Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato e
inammissibile, in quanto diretto contro una valutazione di merito che ha
trovato in sentenza una motivazione sufficiente, pur se succinta, alla
pagina quattro. Quanto alla censura sul giudizio di bilanciamento, il
relativo motivo in appello era formulato genericamente e dunque doveva
già ritenersi inammissibile in quella sede. è inammissibile, di
conseguenza, anche il ricorso per cassazione, su questo punto (In tema
di ricorso per cassazione, non costituisce causa di annullamento della
sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che, per la
sua assoluta indeterminatezza e genericità, doveva essere dichiarato
inammissibile; sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998 – dep. 16/02/1999,
Iannotta, Rv. 213230).
4.

Ne consegue che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili;

alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna di
ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi
a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13
giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una
somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

dell’interruzione del nesso causale e psicologico. Il ricorrente avrebbe

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p.q.m.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 19/04/2013

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