Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23794 del 19/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23794 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MALVESTITI FAUSTO N. IL 14/06/1954
POLLASTRELLI MARCELLINO N. IL 05/11/1959
avverso la sentenza n. 880/2008 CORTE APPELLO di ANCONA, del
27/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Eduardo Vittorio
Scardaccione, ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità di
entrambi i ricorsi.
Per il ricorrente Malvestiti è presente l’Avvocato Di Bonaventura, il
quale chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Malvestiti Fausto e Pollastrelli Marcellino risultano condannati,

all’esito della sentenza di appello, per il reato di bancarotta fraudolenta
documentale per avere distrutto gran parte dei libri e delle altre scritture
contabili della Gifram srl, dichiarata fallita con sentenza del tribunale di
Fermo il 17 gennaio 2001.
2.

I motivi di ricorso sono i seguenti:

3.

Pollastrelli Marcellino
a. motivazione inesistente e/o illogica in ordine alla sussistenza
sia dell’elemento materiale che dell’elemento soggettivo del
reato.

4.

Malvestiti Fausto
a.

violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione
agli articoli 216, 223 della legge fallimentare e 192 del codice
di procedura penale, nonché illogicità della motivazione. Si
sostiene nel ricorso che l’imputato debba assumere la qualifica
di concorrente extraneus, non essendovi traccia di una sua
partecipazione societaria. Pertanto sarebbe stato necessario
accertare la sua effettiva conoscenza della qualifica soggettiva
del Pollastrelli (amministratore di fatto).

b.

Violazione e falsa applicazione degli articoli 192 e 546 del
codice di procedura penale e difetto di motivazione, nonché
violazione dell’articolo 533 del codice di procedura penale e 27
della costituzione, oltre che carenza di motivazione sul punto.
Lo sviluppo del motivo così ampiamente rubricato manifesta in
realtà la stessa censura proposta dal coimputato in relazione
alla necessità che la deposizione del teste Temperini sia
assistita da riscontri e sia valutata con particolare cautela.

c.

Erronea applicazione della legge penale per mancato
riconoscimento

delle
1

attenuanti

generiche,

nonché

1.

”mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione
sugli aspetti relativi alla applicazione delle attenuanti
generiche; violazione dell’art. 133 c.p.”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Pollastrini è inammissibile. Egli lamenta che la

dichiarazioni rese da Temperini Sandro, senza che siano stati individuati
riscontri a tale deposizione. Il ricorrente afferma, poi, la necessità di
riscontri obiettivi quando la responsabilità sia fondata sulle dichiarazioni
accusatorie di un coimputato o di una persona imputata in un
procedimento connesso. Ritiene, infine, apodittica e carente la
motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del
reato. Il motivo di ricorso è palesemente infondato; la Corte ha
proceduto ad una valutazione di attendibilità e credibilità del teste e
vengono indicati in sentenza anche i riscontri alle sue dichiarazioni (cfr.
pagg. 16-20). La sentenza risulta, poi, adeguatamente motivata sia con
riferimento all’elemento oggettivo (cfr. pag. 17), che in punto di dolo
(cfr. pag. 20). Il ricorso sembra dunque volto ad ottenere una
valutazione diversa delle prove, piuttosto che individuare concreti e
specifici vizi censurabili in questa sede di legittimità.
2. Anche il ricorso del Malvestiti è inammissibile. Si sostiene nel
primo motivo di ricorso che l’imputato dovesse assumere la qualifica di
concorrente extraneus, non essendovi traccia di una sua partecipazione
societaria. Pertanto, secondo la difesa, sarebbe stato necessario
accertare la sua effettiva conoscenza della qualifica soggettiva del
Pollastrelli (amministratore di fatto). Il motivo è inammissibile ai sensi
dell’articolo 606, ultimo comma, del codice di procedura penale perché
non vi era un analogo e specifico motivo di appello sul punto.
3. Il secondo motivo di ricorso richiama la censura già svolta dal
coimputato in relazione alla necessità che la deposizione del teste
Temperini sia assistita da riscontri e sia valutata con particolare cautela.

Non può che richiamarsi, pertanto, quanto già detto con riferimento al
ricorso del Pollastrelli. Per il resto il motivo censura le valutazioni in fatto
operate dalla Corte, che ne ha fornito motivazione adeguata e priva di
vizi logici, per cui si palesa inammissibile in quanto non consentito.
Quanto alla asserita mancata valutazione di attendibilità del racconto alla
2

responsabilità del prevenuto sia stata ritenuta sulla base delle

9

luce delle complessive emergenze processuali, trattasi di affermazione
priva di pregio, emergendo dalla sentenza una complessiva valutazione
delle prove (cfr. pagg. 15-18) ed uno specifico esame di inattendibilità
dei testi Giusti, Gismondi e Bracci (cfr. pag. 20).
4. Infine, il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto svolge
censure di fatto su un elemento valutativo – la misura della pena – che è
stato adeguatamente motivato, anche in relazione al bilanciamento delle
circostanze, con riferimento ai plurimi precedenti penali, alla particolare

personalità degli imputati (cfr. pag. 21).
5. Ne consegue che entrambi i ricorsi devono essere dichiarati
inammissibili; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la
condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà,
e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del
7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende,
di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro
1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19/04/2013

spregiudicatezza nella commissione dei fatti illeciti ed alla negativa

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