Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23785 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23785 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
USUELLI ANTONIO N. IL 01/01/1953
avverso la sentenza n. 1595/2005 CORTE APPELLO di MILANO, del
06/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 18/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Sante Spinaci, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Usuelli Antonio propone ricorso per cassazione contro la sentenza

della corte d’appello di Milano del 6 ottobre 2011, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna del tribunale di Milano alla pena di

2.

Usuelli Antonio è stato ritenuto responsabile di due episodi di

bancarotta fraudolenta distrattiva con riferimento ai fallimenti SOCIETÀ
AGRICOLA POMBIESE IMMOBILIARE Sri e ZETA EMME Sri.
3.

Il ricorrente espone le seguenti censure:
a.

violazione dell’articolo 216 legge fallimentare con riferimento
alla distrazione contestata al capo C. La fattispecie consiste
nella vendita di un’azienda in cui il corrispettivo della cessione
non è stato ritenuto congruo dai giudici di merito.

b.

Difetto di motivazione in ordine alla prova della volontà
dell’imputato di distrarre il bene; secondo il ricorrente non si
comprende come possa ritenersi che egli abbia inteso arrecare
un danno alle ragioni dei creditori, visto che egli sapeva che il
bene ceduto era gravato da garanzie reali.

c.

Difetto di motivazione – con riferimento al capo I – in ordine
alla prova che il canone di locazione avesse una durata
eccessiva e il prezzo fosse incongruo.

d.

Infine, con un ultimo motivo di ricorso si lamenta violazione
della legge penale in relazione all’articolo 99 c.p., nonché
difetto di motivazione in ordine all’aggravamento della pena
per la circostanza aggravante della recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato; quanto al primo motivo, pur considerando
che a fronte della cessione vi era stato un accollo dei debiti da parte
dell’acquirente per un valore corrispondente alla differenza di prezzo, la
corte ha ritenuto che il prezzo non fosse congruo in quanto i creditori

1

anni quattro di reclusione.

non avevano dato alcun consenso all’accollo. Ha ritenuto, poi, che
nessun rilievo avesse il fatto che a garanzia dei crediti fosse stata
precedentemente accesa ipoteca sull’azienda trasferita. Secondo il
ricorrente la violazione di legge sussiste proprio nell’aver affermato il
principio secondo cui l’estromissione di un bene del patrimonio sociale
integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione anche quando
non viene meno la sua funzione di garanzia e quindi quando tale
operazione in concreto non pregiudichi le ragioni dei creditori.

all’esistenza ed alla funzione dell’ipoteca sull’immobile (considerazioni,
per il vero, non peregrine), l’elemento non è affatto dirimente, posto
che, come risulta in modo chiaro dalla sentenza di primo grado, il
corrispettivo non fu costituito esclusivamente dall’accollo dei debiti,
garantiti dalla predetta ipoteca, ma anche in parte dalla cessione di una
partecipazione nella ZETA EMME Sri, per l’importo di 49.000.000 di lire.
Trattasi di partecipazione societaria che i giudici di merito hanno ritenuto
priva di valore e dunque almeno per tale importo deve ritenersi che la
distrazione sia effettivamente sussistente.
3. La predetta considerazione influisce anche sul rigetto del secondo
motivo di ricorso, che faceva leva sulla non consapevolezza di ledere gli
interessi creditori; tale non consapevolezza era legata all’esistenza della
garanzia reale, ma come si è testé detto era invece del tutto evidente
che il valore nominale delle quote societarie non corrispondeva affatto al
loro valore patrimoniale, dato che la società era inattiva e destinata al
fallimento (cfr. pag. 4 della sentenza di primo grado).
4. Nel terzo motivo di ricorso l’Usuelli afferma che la Corte ha errato
nel ritenere sproporzionata la durata del contratto di affitto, essendo per
legge fissata in 15 anni la durata minima, ma tale affermazione risulta
apodittica, posto che il ricorrente non specifica quale sia la norma di
legge che prevede tale durata minima. Sotto tale profilo, pertanto, il
motivo deve ritenersi non specifico, tanto più che attiene ad un elemento
valutativo che non può essere normalmente sindacato in sede di
legittimità.
5. Con una seconda censura l’imputato ha contestato la valutazione di
non congruità del canone effettuata in ragione del valore del
patrimonio immobiliare complessivo e, soprattutto, perché la
valutazione di congruità sarebbe stata ancorata genericamente alle
stime di vari consulenti (non indicati) in occasione delle
2

2. Ebbene, anche a ritenere fondate le considerazioni relative

compravendite dell’azienda agricola. E sarebbe, appunto, la mancata
indicazione specifica di tali elementi di raffronto a conferire alla
motivazione un difetto di specificità. Anche questa seconda censura
non merita condivisione. E’ vero che con riferimento alla valutazione
di congruità del prezzo la corte d’appello espone un’argomentazione
del tutto generica, facendo riferimento a documenti per nulla
individuabili (stime di vari consulenti in occasione delle
compravendite dell’azienda agricola), ma poiché ai fini della

alle sentenze di primo e secondo grado (le quali si integrano a
vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile; cfr. Sez.
2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez. 6, n. 23248 del
07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano;
sez. 2, n. 19947 del 15 maggio 2008), occorre tener conto anche
della motivazione della sentenza del tribunale di Milano. A tal
proposito giova rilevare che la motivazione alla pagina otto della
sentenza di primo grado è ben più approfondita ed evidenzia in
maniera idonea che si trattava di una tenuta immensa, con prati e
boschi all’interno del Parco del Ticino, immobili di pregio ristrutturati,
azienda agricola con allevamento maneggi ed allevamento di cavalli.
E pur tenendo conto che l’affitto non aveva ad oggetto l’intera tenuta
agricola, la sola unità immobiliare I! Casone viene definita come una
lussuosa abitazione, una cascina meravigliosa. Vi è poi il preciso
riferimento ad una valutazione del perito Ferrari, che aveva espresso
in udienza l’assoluta incongruità del canone di affitto della cascina e
dei terreni ad essa connessi.
6. Pertanto, pur anche prescindendo dalla durata contrattuale, vi erano
elementi concreti da cui desumere la non congruità del corrispettivo
dell’affitto, sulla base del quale i giudici di merito hanno
complessivamente ritenuto di ravvisare l’esistenza di una manovra
distrattiva integrante il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
7. Nel quarto motivo di ricorso il ricorrente sostiene che di fronte ad una
recidiva facoltativa il giudice di merito avrebbe dovuto spiegare i
motivi per cui riteneva di applicare in concreto tale aggravante.
Ancora una volta la sentenza impugnata non brilla per chiarezza e
tuttavia deve ritenersi dall’esame complessivo della motivazione che
la corte d’appello abbia implicitamente ritenuto applicabile l’aumento
per la recidiva in considerazione della ritenuta gravità delle condotte,

valutazione della congruità della motivazione deve farsi riferimento

come evidenziata al terzo capoverso della pagina 10 della sentenza
impugnata.
8. Consegue a quanto esposto che il ricorso deve essere rigettato; ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la
parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento
delle spese del procedimento.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 18/04/2013

p.q.m.

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