Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23783 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23783 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Capriotti Ulderico, nato a Roma il 10/01/1941

avverso la sentenza dell’11/07/2012 della Corte d’Appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Fulvio Melillo, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Roma del 05/05/2011, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di
Ulderico Capriotti per il reato continuato di cui agli artt. 56, 393 e 582 cod. pen.,
1

Data Udienza: 11/04/2013

commesso in Roma il 16/09/2005 in danno di Laura Alba Romero Grimanesa
percuotendola con una spinta ed un pugno al ventre e minacciandola al fine di
riscuotere canoni arretrati di locazione dell’abitazione dalla stessa occupata,
rideterminandosi la pena inflitta in primo grado, per effetto dell’assoluzione
dall’ulteriore imputazione di cui all’art. 614 cod. pen, in mesi sei di reclusione, e
confermandosi la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
L’imputato ricorre sui punti e per I motivi di seguito indicati.
1. Sull’affermazione di responsabilità, il ricorrente deduce illogicità della

delle stesse in elementi non significativi. Lamenta contraddittorietà della
motivazione rispetto all’esclusione del reato di violazione di domicilio. Deduce
infine mancanza di motivazione sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale per l’assunzione del teste Gentili, testimone oculare dei fatti.
2. Sulla qualificazione giuridica dei fatti, il ricorrente deduce violazione di
legge nel diniego dell’assorbimento del reato di lesioni in quello di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni ed illogicità della motivazione nella ritenuta
sproporzione delle lesioni rispetto alla pretesa.
3.

Sul trattamento sanzionatorio, il ricorrente deduce mancanza di

motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche ed alla
determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi all’affermazione di responsabilità dell’imputato
sono infondati.
La sentenza impugnata era coerentemente motivata, in ordine alla
credibilità delle dichiarazioni della parte offesa, con riguardo al riscontro delle
stesse nella certificazione medica attestante contusione all’addome e trauma
cranico ed in quanto riferito dal marito Pilloc.ca sull’essere stato chiamato
telefonicamente in aiuto dalla moglie, dal verbalizzante Albarello sullo stato di
agitazione della Romero e dallo stesso teste a difesa Catarci sull’aver udito la
donna gridare di essere percossa. Generiche sono a fronte di ciò le censure del
ricorrente sull’assenza dei testi Pillocca ed Albarello al momento dei fatti,
laddove dette testimonianze venivano valutate dai giudici di merito per aspetti
diversi; e per il resto il ricorso propone considerazioni di merito sulla consistenza
delle lesioni certificate e su ulteriori contenuti delle dichiarazioni del teste Calarci,
che non rimuovono gli elementi dell’obiettiva constatazione del livido addominale
della persona offesa e delle grida della stessa, udite dal testimone, nella
2

motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa ed al ritenuto riscontro

significatività confermativa del racconto della Romero loro attribuita nell’ambito
del complessivo apparato motivazionale della sentenza impugnata.
Insussistente è poi la dedotta contraddittorietà delle conclusioni della Corte
territoriale rispetto all’assoluzione dall’imputazione di violazione di domicilio,
laddove la stessa era motivata con la mancata risultanza del dissenso della
persona offesa sull’ingresso dell’imputato nella propria abitazione, che non incide
sulla possibilità che una successiva lite sia degenerata nella condotta lesiva.
E’ infine inammissibile la censura di mancanza di motivazione sulla richiesta

l’atto di appello e neppure nel corso dell’udienza di secondo grado. Non senza
comunque considerare che, atteso il carattere eccezionale dell’istituto della
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello e della conseguente
discrezionalità del relativo giudizio, il diniego sulla richiesta difensiva si sottrae al
sindacato in sede di legittimità ove possa essere ricavato per implicito dalla
complessiva argomentazione della sentenza (Sez. 6, n. 40496 del 21/05/2009,
Messina, Rv. 245009; Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D. S. B., Rv. 247872);
situazione ravvisabile nella specie in una motivazione ampiamente articolata nel
giudizio di attendibilità non solo intrinseca, ma anche estrinseca delle
dichiarazioni della persona offesa.

2. E’ altresì infondato il motivo di ricorso relativo alla qualificazione giuridica
dei fatti.
La Corte territoriale faceva corretto riferimento al principio per il quale nel
reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni rimangono assorbiti solo i reati
che ne costituiscono elementi costitutivi, quali il danneggiamento, la minaccia e
le percosse, e non anche le condotte che eccedano tali limiti, quali quelle di
lesioni (Sez. 5, n. 2425 del 07/12/1988 (19/02/1990), Zamboni, Rv. 183405).
Inconferente è pertanto la questione posta dal ricorrente in ordine alla
proporzione delle lesioni cagionate, laddove, come precisato nella sentenza
impugnata, è l’evento di lesioni in sé, a prescindere dalla sua entità, a costituire
accadimento ulteriore e dotato di autonoma rilevanza penale rispetto alla
violenza che integra il reato di ragion fattasi.

3. Inammissibile, da ultimo, è il motivo di ricorso relativo al trattamento
sanzionatorio.
La censura di mancanza di motivazione sul diniego dell’attenuante di cui
all’art. 62 bis cod. pen. e sulla determinazione della pena è infatti generica nel

momento in cui tali disposizione erano debitamente motivare nella sentenza
impugnata in base ai precedenti penali dell’imputato ed alla connotazion
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di escussione del teste Gentili. Detta richiesta non risulta infatti proposta con

gravità del fatto data dall’essere l’imputato entrato nell’abitazione della persona
offesa allorché si rendeva conto che la stessa era sola in casa.
Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Così deciso in Roma il 11/04/2013

Il Consigliere estensore

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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