Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23775 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23775 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORROMEO NATALIA N. IL 01/04/1963
avverso la sentenza n. 31/2011 TRIB.SEZ.DIST. di GALLARATE, del
02/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, per la parte ivile l’Avv
,

Data Udienza: 10/04/2013

udito II PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. Izzo, che ha chiesto rigettarsi il ricorso,
udito il difensore della PC, avv. R. Ferloni, che, depositando nota spese, si riporta alle
conclusioni scritte,
udito il difensore dell’imputato, avv. E. Dante, in sost. avv. C. Bossi che si è riportato al
ricorso.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Busto Arsizio, sezione distaccata di
Gallarate, in funzione di giudice d’appello, ha confermato la pronuncia di primo grado, con la
quale Borromeo Natalla era stata condannata alla pena di giustizia, oltre al risarcimento
danni in favore della parte civile, Culiersi Giuseppina, perché ritenuta responsabile dei delitti
di ingiuria e diffamazione.
2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata e deduce: a) errata qualificazione
giuridica del fatto ed erronea valutazione della condotta contestata alla imputata, atteso che il
delitto di diffamazione si caratterizza per l’assenza della persona offesa, laddove, secondo la
tesi d’accusa, la Culiersi sarebbe stata destinataria e di cartoline Indirizzate solo a lei, b) errata
applicazione di legge, con riferimento al disposto dell’articolo 42 cp, assenza del necessario
elemento soggettivo, dal momento che, secondo quanto si legge nel capo d’imputazione,
l’intenzione della Borromeo sarebbe stata quella di ingiuriare la persona offesa, unica
destinataria, come si è detto, delle missive. E il fatto che la cartolina possa esser letta anche
dagli addetti al servizio postale non può essere posto a carico della imputata (si tratterebbe diversamente ragionando- di una ipotesi di responsabilità oggettiva), atteso che, oltretutto, i
dipendenti delle poste sono tenuti per legge a non conoscere il contenuto dei messaggi che
recapitano, c) omessa, ovvero contraddittoria, motivazione circa le prove della condotta
contestata all’imputata, atteso che la motivazione esibita contiene numerose imprecisioni e
contraddizioni, quali ad esempio quelle relative alla teste Fontana e ai suoi rapporti con il
marito della Borromeo, ovvero il ruolo che il marito della Cullersi avrebbe svolto nell’episodio
che aveva visto come vittima proprio Borromeo. Ciò vale anche per la dichiarazioni attribuite al
teste Reina, agente immobiliare, che, secondo la sentenza, sarebbe stato più volte molestato
dall’imputata perché aveva venduto alla persona offesa un appartamento che la Borromeo
desiderava. In realtà è emerso che il Reina ricevette una sola telefonata dalla Borromeo, nel
corso della quale la donna gli preannunciava un’azione giudiziaria. Si tratta di vizi logicoricostruttivi che inficiano l’intero apparato motivazionale e danno conto di un percorso
argomentativo profondamente errato. Ciò si dice a maggior ragione per quel che riguarda la
cosiddetta prova del “pallino blu”, vale a dire un contrassegno che il maresciallo dei carabinieri
avrebbe apposto sulle cartoline, in modo da poterne ricostruire l’origine e il percorso. SI
sostiene in sentenza che solo il sottufficiale fosse a conoscenza di ciò, ma la stessa sentenza
poi si contraddice quando afferma che la persona offesa consegnò le cartoline contenenti il
contrassegno in questione. D’altra parte, quanto meno il titolare della cartoleria, dovette
essere informato della manomissione delle cartoline. Ciò a voler tacere del fatto che
l’espediente sopra descritto, al più, può essere utile per individuare il negozio nel quale furono
acquistate le cartoline, ma non certamente la persona che spedì; ciò si dice anche con
riferimento al fatto che è emerso che la Borromeo non fu l’unica a comperare le cartoline in
questione. Quanto al fatto che nell’area di parcheggio di un supermercato sarebbero stati
diffusi biglietti con i quali si invitava la popolazione maschile a mettersi in contatto telefonico
con la Culiersi per offrirle compagnia, il solo fatto che l’imputata frequentava il detto
supermercato non può certamente ritenersi concludente per affermare che la stessa sia la
responsabile della distribuzione dei predetti bigliettini, d) violazione del combinato disposto
degli articoli 516 e 522 cpp, atteso che, nel corso dell’udienza di primo grado, fu ampliato
l’arco temporale della contestazione e all’imputata non fu concesso adeguato termine per
preparare la difesa. La circostanza è stata tempestivamente eccepita, come vuole il codice, con
l’atto d’appello. Ne consegue la nullità dell’intero giudizio di primo grado e degli atti
conseguenti, e) assenza di specifico esame critico del giudice di appello circa le questioni
sollevate con l’atto d’impugnazione, dal momento che la sentenza di secondo grado non ha
dato risposta a tutti i motivi oggetto del gravame, limitandosi a riportare il ragionamento del
primo giudicante.

RITENUTO IN FATTO

1. La censura sub d) va esaminata per prima. Essa rappresenta la pura e semplice
reiterazione di censura già proposta al giudice d’appello e motivatamente respinta. Questa
corte condivide l’opinione del secondo giudicante, sulla base di una consolidata giurisprudenza
(cfr. da ultimo ASN 200235147-RV 222152), la quale ha chiarito che, qualora il PM effettui
una integrazione dell’imputazione ai sensi dell’art.516 cpp e dal verbale di udienza non risulti
specificamente che il giudice abbia informato l’imputato del diritto di chiedere un termine per
la difesa ex art.519 stesso codice non si verifica la nullità della sentenza a norma dell’art.522
cpp, se dal detto verbale emerga che, dopo tale contestazione, nulla abbiano opposto le difese.
Le norme che disciplinano le nuove contestazioni(art.516-522),infatti, sono preordinate a
garantire nello svolgimento del contraddittorio,i1 pieno esercizio del diritto di difesa ed è con
specifico e diretto riferimento a questa finalità che devono essere interpretate.
1.1. La natura ripetitiva della censura in questione la qualifica come generica e quindi
inammissibile.
2. Le censure sub a) e b) sono manifestamente infondate. La condotta contestata alla
Borromeo consiste nell’invio di cartoline ingiuriose e nella distribuzione di bigliettini diretti in
. incertam personam, con i quali si invitava la popolazione maschile del paese a fornire
compagnia alla persona offesa (che in effetti ricevette molte telefonate in tal senso),
attribuendo implicitamente alla Culiersi la fama di donna disponibile per qualsiasi uomo.
Il fatto poi che il contenuto della cartolina possa esser letto da ch3ucque la maneggi fa sì che
dal destinatario, da
una comunicazione di tal genere ben possa essere conosciuta, oltre c
qualsiasi persona che entri in contatto con lo scritto. Né vale sostenere che•gli agenti postali
hanno l’obbligo di non leggere il contenuto della corrispondenza che maneggiano. Così
ragionando, si confonde la sfera dell’essere con quella del dover essere. Del tutto scorretta è
l’osservazione in base alla quale tale circostanza (potere terzi estranei prendere conoscenza
del contenuto di una comunicazione scritta su cartolina) Integrerebbe un’ipotesi di
responsabilità oggettiva, laddove integra semplicemente un’ipotesi di dolo eventuale.
2.1. Quanto alla attribuibilità della condotta di cui al capo di imputazione alla Borromeo,
va ricordato come l’affermazione di responsabilità si fondi innanzitutto sull’esito della perizia
grafologica, che ha consentito di accertare che tutti gli iscritti provengono dalla stessa mano e
che tale mano è quella dell’imputata. Non si tratta affatto di un mero indizio, ma di una prova
pieno jure (nonostante quello che lo stesso giudice d’appello scrive).
2.2. E stato poi accertato che la persona offesa ricevette sicuramente cartoline
contrassegnate con il famoso “pallino blu”. Che la Culiersi fosse consapevole o meno
dell’alterazione apportata dal maresciallo sulle cartoline è circostanza del tutto irrilevante,
atteso che è certo che uno stock di tali cartoline fu acquistato dalla imputata. E vero che anche
altra persona ne acquistò, ma, per quel che si legge in sentenza, si trattava di una turista
francese, ovviamente del tutto ignara ed estranea ai fatti per i quali è processo.
I motivi per i quali la Borromeo nutriva astio nei confronti della Culiersi sono ampiamente
indicati in sentenza e il ragionamento esibito sul punto dal giudice di secondo grado non è
certo inficiato da lievi imprecisioni che riguardano personaggi secondari della vicenda
(Fontana) o episodi meramente collaterali (quale quello cui avrebbe assistito il marito della
persona offesa).
3. L’ultima censura è del tutto generica e manifestamente infondata, atteso che il
giudice dell’impugnazione, una volta che ha reso manifesto il suo convincimento attraverso
l’esplicitazione -coerente e logica- del ragionamento seguito, non è affatto tenuto a rispondere
a tutte le osservazioni che la Inesauribile fantasia del difensore può partorire. Nel caso di
specie, come anticipato, la decisione conflrmatoria è saldamente ancorata all’esito della perizia
grafologica, alla ricostruzione dell’iter seguito dalle cartoline contrassegnate dal maresciallo dei
carabinieri, ed è corroborata dal movente, notorio, che spingeva la Borromeo a inveire contro
la Culiersi e a denigrarla nel vicinato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Alla dichiarazione di inammissIbilità consegue condanna alle spese grado e al
versamento di somme a favore della cassa ammende, somma che si stima equo determinare in
euro 1000.
5. La ricorrente va anche condannata al ristoro delle spese sostenute dalla parte civile
in questa fase del giudizio, spese che si liquidano come da dispositivo.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di C 1000 a favore della cassa delle ammende,
nonché al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile in questa fase di giudizio, che
liquida in compriAessivi euro 2.200, olt,fre accessori come per legge.
Così deciso in Roma in data 10 aprile 2013.-

PQM

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