Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23761 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23761 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAGANUCO ANGELO N. IL 25/04/1963
avverso la sentenza n. 707/2010 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 25/01/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. glitki , 1404.0,
che ha concluso per I I ; x44444.44:,..),1;
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 21/03/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza del 25 gennaio 2011
ha parzialmente confermato la sentenza del Tribunale di Gela del 23 aprile 2010
ed ha mantenuto ferma la condanna di Maganuco Angelo per i soli reati di

d’interesse archeologico.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del proprio difensore, lamentando:
a) una contraddittorietà della motivazione sul punto della condanna per il
delitto di tentata violenza privata nonostante l’assoluzione per gli ulteriori reati
legati alle condotte ascritte a tale reato;
b)

una violazione di legge nascente dalla mancata dichiarazione di

prescrizione del suddetto reato;
c)

una carenza di motivazione circa l’affermazione della penale

responsabilità per l’ascritto reato pur in presenza di elementi contrari;
d) una violazione della legge processuale e una motivazione illogica in
merito alla mancata assunzione della deposizione della parte offesa come
testimone assistita ex articolo 197 bis cod.proc.pen.;
e) una violazione di legge e una motivazione illogica per la mancata
derubricazione nei reati di cui agli articoli 175 e 176 del D. Lgs. 42/2004 della
contestata ricettazione di beni archeologici;
f)

una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla

mancata concessione delle attenuanti generiche;
g) la mancata dichiarazione di prescrizione dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Deve procedersi all’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza
per essere il reato di tentata violenza privata estinto per intervenuta
prescrizione.
2. Non sussistono, invero, gli estremi per il proscioglimento nel merito
ma, d’altro canto, le censure non appaiono manifestamente infondate onde deve
farsi luogo all’applicazione della causa estintiva della prescrizione del reato.

1

tentata violenza privata in danno di Morello Cesarina e di ricettazione di un bene

Applicando, invero, i termini di cui agli articoli 157 e 161 cod.pen. deve
affermarsi la prescrizione, intervenuta dopo la decisione di secondo grado, del
suddetto reato ascritto all’imputato Magagnuco e alla data del 27 ottobre 2011
(reati commessi fino al 27 aprile 2004 con prescrizione di anni sette e mesi sei)
non risultando neppure cause di sospensione del suddetto termine prescrizionale.
3. Il ricorso deve essere, di converso, rigettato per l’ulteriore reato di
ricettazione di beni archeologici in quanto, da un lato, la prescrizione non è
otto e prescrizione, quindi, di anni dieci non ancora decorsa (fatto accertato il 27
aprile 2004 e prescrizione 27 aprile 2014).
D’altra parte, il motivo è infondato in quanto il rinvenimento dei beni
archeologici, ipso iure di proprietà dello Stato ai sensi del D. Lvo. 42/2004, nella
disponibilità dell’imputato vale a rendere perfettamente integrati gli elementi
oggettivi e soggettivi del contestato delitto né avendo valore l’asserzione
defensionale circa la chiesta derubricazione di fatti in quelli di mero furto a
cagione del rinvenimento presso la medesima abitazione di un metal detector,
che non rileva oggetti di terracotta quali quelli oggetto del presente giudizio.
Il semplice possesso della refurtiva può ritenersi idoneo a provare che il
detentore sia autore della sottrazione qualora concorrano altri elementi fra cui
quello temporale, atti ad escludere la provenienza del possesso da altra fonte.
(v. Cass. Sez. V 20 gennaio 2010 n. 19453)
Nella specie tutto depone, come accertato dalla Corte territoriale con
logica e congrua motivazione in punto di fatto non censurabile pertanto avanti
questa Corte di legittimità, per l’inesistenza della sottrazione diretta dei beni
archeologici da parte dell’odierno ricorrente (v. pagine 12 e 13 della
motivazione).
4. La Corte territoriale ha inoltre correttamente motivato in merito sia alla
mancata concessione della attenuante specifica del capoverso dell’articolo 648
cod.pen., a cagione del numero degli oggetti e del valore degli stessi che alla
mancata concessione delle attenuanti generiche sulla base dei precedenti penali
e delle modalità dei fatti ascritti.

P.T.M.

ancora decorsa trattandosi di reato punibile con la pena detentiva fino ad anni

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al
capo A (56, 610 c.p.) per essere il reato estinto per prescrizione; rigetta il

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ricorso con r* ardo al reato sub G (648 c.p.).

Così deciso in Roma, il 21/3/2013.

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