Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23747 del 08/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23747 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

POLISE Umberto, nato a Giussano il 26/11/1965

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 24/04/2012

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla continuazione
interna per il capo A) ed al trattamento sanzionatorio; rigetta nel resto.

RITENUTO IN FATTO

1. Umberto Polise era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Monza,
dei reati di seguito indicati:

Data Udienza: 08/03/2013

a) ai sensi degli artt. 81 cpv, 612, comma 2, in relazione all’art. 339 cod.
pen. perché con più condotte esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi
diversi, minacciava di un danno ingiusto Pironti Rosa Maria, profferendo frasi del
tipo “vi faccio vedere io cosa vi faccio, faccio una strage, ti squarto, faccio un
macello”; con l’aggravante di aver commesso il fatto impugnando un cacciavite;
b) ai sensi degli artt. 81 cpv e 594 cod. pen., perché, con più condotte
esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, offendeva l’onore e il

di c….” ed altre espressioni ingiuriose.

2. Con sentenza del 03/03/2010, il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole
dei reati ascrittigli e, ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena
condizionalmente sospesa di mesi sei di reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

3. Pronunziando sul gravame proposto dal difensore, la Corte d’appello di
Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava in parte la pronuncia
impugnata, concedendo all’appellante il beneficio della non menzione ed integrava,
per correzione, il dispositivo della stessa pronuncia impugnata nei termini
seguenti:” dichiara n.d.p. con riferimento all’episodio di ingiurie del dicembre 2005
contestato sub B) per tardività della querela”; confermava nel resto.

4. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Ettore
Pucillo, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate
in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente eccepisce nullità
della sentenza impugnata e della pronuncia di primo grado per violazione di norme
processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606, comma lett. c) cod.
proc. pen. Lamenta, al riguardo, mancanza ovvero incompletezza del dispositivo, ai
sensi dell’art. 546, comma, cod. proc. pen., sul rilievo che, erroneamente, il giudice
di appello aveva ritenuto infondata l’eccezione difensiva, sanando la denunciata
omissione mediante procedura di mera correzione di errore materiale. Con
riferimento al capo 8) dell’imputazione, il Tribunale aveva pronunciato sentenza di
condanna solo con riferimento agli episodi di ingiurie che si sarebbero verificati nel
giugno 2006, mentre per quelli del dicembre del 2005 era stato riconosciuto il
difetto della condizione di procedibilità per tardività della querela, sporta dalla
persona offesa solo il 16/06/2006. Eppure, nel dispositivo della sentenza di primo
grado, non era dato ravvisare traccia alcuna della declaratoria di non doversi

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decoro di Pironti Rosa Maria, rivolgendosi a lei con le seguenti frasi: “Siete due teste

procedere, ritenendosi sufficiente che il rilievo di intempestività della querela
risultasse in motivazione.
Il secondo motivo denuncia erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. Lamenta, al riguardo, con
riferimento al reato di minaccia di cui al capo A) dell’imputazione, l’aggravante
dell’uso del cacciavite era riferita al solo episodio dell’anno 2006, come risultava
dalla stessa deposizione della persona offesa, sicché, indebitamente, la circostanza

dicembre 2005, rispetto ai quali non era contestata aggravante alcuna, la querela
della persona offesa era intempestiva. Erroneamente, il giudice di appello aveva
ritenuto di disattendere la relativa eccezione in ragione del vincolo della
continuazione tra i reati di cui al capo A) ove invece la continuazione era,
notoriamente, fictio iuris ai soli fini del trattamento sanzionatorio, lasciando
Inalterata l’autonomia dei singoli reati per ogni altro effetto giuridico. Inoltre, il
giudice di appello non aveva considerato che, nell’atto d’impugnazione, il difensore
aveva evidenziato anche un errore nell’individuazione del tempus commissi delicti
rispetto gli ulteriori fatti del capo A), verificatisi non già nel giugno, ma nel gennaio
2006; di tale errore era stata chiesta la mera correzione materiale trattandosi di
circostanza risultante dall’atto di denuncia-querela e dalla deposizione della stessa
persona offesa. L’istanza difensiva era stata disattesa dal giudice di appello, che,
ove l’avesse anche marginalmente considerata, si sarebbe avveduto della
circostanza per cui la querela sporta il 16/06/2006 era da considerare comunque
tardiva, e ciò anche ad insistere, per assurdo, nel far decorrere il relativo termine di
proposizione dalla data di commissione dell’ultima fra le tre minacce poste in
continuazione. Sussisteva, pertanto, il vizio di erronea applicazione della legge
penale nella parte in cui era stato rigettato il motivo di gravame concernente il
difetto della condizione di procedibilità per tardività della querela in relazione agli
episodi di minaccia semplice del dicembre 2005, atteso che non poteva ovviare a tal
fine la sussistenza del vincolo della continuazione.
Il terzo motivo denuncia mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606,
comma, cod. proc pen. con riferimento al diniego delle attenuanti generiche.
Il quarto motivo denuncia identico difetto motivazionale in punto diniego
della sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.

2. Il primo motivo è privo di fondamento posto che la mancata declaratoria,

nel dispositivo della sentenza di primo grado, dell’improcedibilità per difetto di
querela in ordine all’episodio di ingiuria del dicembre 2005, per mera omissione
materiale, non costituiva ragione di nullità che infirmasse l’intera parte dispositiva.
Risultando, chiaramente, in motivazione che, in riferimento all’episodio anzidetto, la
querela presentata il 6 giugno 2006 era tardiva, il giudice di appello ha

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era stata riferita anche all’altro episodio. Pertanto, con riferimento agli episodi del

correttamente proceduto alla dovuta integrazione nel dispositivo della sentenza oggi
impugnata.
Il secondo motivo, che lamenta il mancato rilievo dell’intempestività della
querela anche in ordine ad altri episodi delittuosi è pur esso infondato, a parte il
profilo d’inammissibilità connesso alla mera riproposizione di questione sulla quale il
giudice di appello ha adeguatamente risposto, confermando la verifica del primo
giudice che aveva rilevato la ritualità della proposta querela per tutti i fatti in

continuazione interna ed esterna tra i detti reati è soltanto ultroneo e
abundantiam.

ad

Non occorre, allora, rilevare la genericità della stessa censura

difensiva, priva di necessaria specificazione degli episodi per i quali la querela in
questione sarebbe intempestiva.
Il terzo motivo, riguardante il diniego delle attenuanti generiche, è invece
inammissibile afferendo a questione prettamente di merito, insindacabile in questa
sede di legittimità, in quanto assistita da congrua motivazione, che, a sostegno del
giudizio di non meritevolezza, ha fatto riferimento all’obiettiva gravità delle plurime
condotte illecite poste in essere dall’imputato.
Per quanto riguarda, infine, il quarto motivo, relativo alla richiesta di
sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria, se è vero
che la relativa istanza – contenuta nell’atto di gravame e richiamata nella narrativa
della sentenza impugnata – è rimasta priva di risposta motivazionale, è pur vero
che le ragioni del rigetto risultano implicitamente, ma non per questo meno
chiaramente, dall’insieme della motivazione nella parte in cui, valorizzando il
momento della gravità della condotta dell’imputato, resosi responsabile di reiterati
comportamenti illeciti, al punto da non essere ritenuto meritevole delle reclamate
attenuanti generiche, lascia intendere come lo stesso Polise fosse considerato
re.
immeritevole di ogni benevolo trattamento.

3. Per quanto precede il ricorso – globalmente considerato – deve essere
rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’08/03/2013

contestazione, ad esclusione di quello risalente al dicembre 2005. Il riferimento alla

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