Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23732 del 06/02/2013

Penale Sent. Sez. 5 Num. 23732 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da
F.F.
F.N.
G.G.
M.M.
N.N.
S.S.

avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo del 22 febbraio 2011.
Letti i ricorsi e la sentenza impugnata.
Sentita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO.
Sentite le conclusioni del P.G. in sede, in persona del Sostituto dr. Gioacchino Izzo,
che ha chiesto il rigetto del ricorso per S.S., e l’annullamento senza rinvio delle
statuizioni relative agli altri ricorrenti perché il fatto non costituisce reato.

Data Udienza: 06/02/2013

RITENUTO IN FATTO

1. F.F., F.F., G.G., S.S.

erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di
quella stessa città, dei reati di seguito indicati:

Al) F.F.
ai sensi degli artt. 81 cpv. 328, comma 10 cod. pen., in qualità di dirigente medico

e primo operatore negli interventi chirurgici effettuati sui paziente I.C.,
X.X., Y.Y. per mancata integrale compilazione del registro
operatorio.

B1) N.N.
Ai sensi degli artt. 81 cpv e 328 comma 1 cod. peri., quale Direttore dell’unità

operativa di Chirurgia Generale I dell’Azienda Ospedaliera, ed in qualità
di primo operatore degli interventi chirurgici effettuati sui pazienti XXX per mancata integrale compilazione del registro
operatorio;

B2) F.F. e N.N.
Ai sensi degli artt. 61 n.2, 110 e 476 cod. pen., perché, in concorso tra loro, al fine

di occultare il delitto di cui al capo di imputazione B1), limitatamente all’intervento
chirurgico eseguito su XXX;
N.N. quale direttore dell’U. O. di Chirurgia generale I, primo operatore, ed
istigatore delta condotta;
F.F., quale secondo operatore e materiale esecutore della
falsificazione,
alteravano il registro operatorio dell’intervento chirurgico effettuato su XX il 27.06.2005 – acquisito in copia conforme il 21.07.2005 – aggiungendovi
in seguito numerosi elementi.
In Palermo, tra il 21.07.02005 (data di acquisizione in copia conforme della pagina
del registro operatorio mancante delle indicazioni) e il 23.11.2005 (data di
accertamento delle avvenute aggiunte illecite).

B3) M.M. e N.N.
Ai sensi degli artt.61 n.2, 110 e 476 cod. pen. perché, in concorso tra loro, al fine di
occultare il delitto di cui al capo di imputazione 81) in relazione all’intervento
chirurgico su XXX quale direttore dell’U. O. di Chirurgia
generate I, primo operatore dell’intervento chirurgico, ed istigatore della condotta;
M.M. quale secondo operatore nell’intervento chirurgico e materiale
esecutore della falsificazione;

l’8.7.2005 – acquisito in copia conforme il 21.07.2005 – aggiungendovi in seguito
numerosi elementi.
In Palermo, tra il 21.07.2005 (data di acquisizione in copia conforme della pagina
del registro operatorio mancante delle indicazioni) ed il 23.11.2005 (data di
accertamento delle avvenute aggiunte illecite).

B3) G.G. e N.N.
ai sensi degli artt. 61 n.2, 110 e 476 cod. pen., perché in concorso tra loro, al fine
di occultare il delitto di cui al capo d’imputazione 81) in relazione all’intervento
chirurgico su XX
N.N. quale direttore dell’U.O. di Chirurgia generale I, primo operatore, ed
istigatore della condotta; Giovanni Gambino quale secondo operatore nell’intervento
chirurgico e materiale esecutore della falsificazione;
alteravano il registro operatorio dell’intervento chirurgico effettuato su XXX il 15.4.2005 – acquisito in copia conforme il 21.7.2005 – aggiungendovi in
seguito numerosi elementi.
In Palermo, tra il 21.07.2005 (data di acquisizione in copia conforme della pagina
del registro operatorio mancante delle indicazioni) e il 23.11.2005 (data di
accertamento delle avvenute aggiunte illecite).

C1) F.N.
Ai sensi degli artt. 81 cpv e 328 comma 1 cod. pen., perché, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, quale dirigente medico dell’Unita
operativa di Chirurgia Generate I dell’Azienda Ospedaliera “V. Cervello”, ed in
qualità di primo operatore degli interventi chirurgici effettuati sui pazienti XXX  per omessa integrale
compilazione del registro operatorio.

C2) F.F. e N.N.
Ai sensi degli artt. 40 cpv, 61 n.2, 81 cpv, 110 e 476 cod. pen., perché in concorso
tra loro, al fine di occultare il delitto di cui al capo di imputazione C1, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso; F.N.detta nella qualità indicata al

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alteravano il registro operatorio dell’intervento chirurgico effettuato su XX

capo di imputazione Ci e materiale esecutrice della falsificazione; N.N. quale
direttore dell’il° di Chirurgia Generate I, responsabile della corretta compilazione,
tenuta e conservazione del registro operatorio, non impedendo, nonostante fosse a
ciò giuridicamente obbligato, la falsificazione di seguito indicata, alteravano i registri
operatori meglio indicati nel capo di imputazione C1 – acquisiti in copia conforme il
21.7.2005 – aggiungendovi in seguito numerosi elementi.
In Palermo, tra il 21.07.2005 (data di acquisizione in copia conforme della pagine

accertamento delle avvenute aggiunte illecite).

D) S.S.
ai sensi degli artt. 476 e 479 cod. pen., perché in qualità di Dirigente medico

dell’Unita Operativa di Chirurgia  dell’Azienda Ospedaliera , e
di primo operatore dell’intervento di colecistectomia effettuato sul paziente Santo
Cara vello, ometteva di indicare nel registro operatorio la partecipazione
all’operazione del dott. M.M., che, intervenuto su sollecitazione dello
stesso Spalata – in difficoltà per un sanguinamento eccessivo proveniente dal letto
della colecisti – procedeva a terminare le operazioni di scollamento della colecisti, ad
arrestare un copioso sanguinamento proveniente da alcuni vasi ed a legare un dotto
biliare secondario.
In Palermo, il 4 ottobre 2004.

F.F. e N.N. (rich. rinvio a giud. dei 3/10/2006)
ai sensi degli artt. 110 e 328 comma 1 c.p., perché in concorso tra loro, il primo

quale Direttore dell’Unità operativa di Chirurgia Generale I dell’Azienda Ospedaliera
, ed in qualità di primo operatore dell’intervento chirurgico effettuato sul
paziente XXX, ed il secondo quale chirurgo e secondo operatore del
medesimo intervento chirurgico, per omessa integrale compilazione del registro
operatorio.

2. Con sentenza del 13/11/2008 il Tribunale dichiarava
G.G. e S.S. colpevoli dei reati loro rispettivamente
ascritti, nonché N.N. colpevole dei reati ascritti ai capi B2), B3), 84)
(erroneamente indicato come B3) e C2), unificati per continuazione; F.N.
colpevole del reato continuato ascrittole al capo C2) ed F.F. colpevole
del reato ascrittogli al capo B2), esclusa per tutti l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2
cod. pen. e, concesse ai predetti imputati le circostanze attenuanti generiche,
condannava, con il beneficio della sospensione condizionale per tutti,
N.N. alla pena di anno uno di reclusione;
F.F. e S.S. alia pena di mesi dieci di reclusione ciascuno;

2.1 La sentenza di primo grado fondava il giudizio di penale responsabilità sulle
seguenti risultanze processuali: l’acquisita documentazione della struttura sanitaria

reato connesso nonché le ammissioni deli stessi imputati.
Da tale insieme probatorio il primo giudice aveva tratto il convincimento che
costoro, nelle qualità indicate in rubrica, avessero provveduto alla materiale
falsificazione del registro operatorio dell’Unità Operativa di Chirurgia Generate I
dell’Ospedale di Palermo, aggiungendo, dopo l’originaria compilazione, gli
elementi essenziali riguardanti gli interventi chirurgici praticati, e che rispetto a
detta attività il N.N. avesse assunto il ruolo di istigatore e gli altri imputati – diversi
dallo S.S.- quello di meri esecutori materiali.
Tribunale aveva, invece, assolto gli stessi imputati dal reato di omissione di atti
d’ufficio, pure ad essi ascritto, per ritenuta mancanza dell’elemento psicologico.

3. Pronunciando sui gravami proposti dai difensori, la Corte d’Appello di
Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione impugnata,
con ulteriori statuizioni di legge.
4. Avverso l’anzidetta pronuncia i difensori di F.N., F.M., G.G., S.S., N.N. e G.M. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni
di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con unico motivo d’impugnazione il difensore di N.F. denuncia
erronea applicazione della norma penale; mancanza o contraddittorietà di
motivazione ed erronea valutazione delle risultanze di causa, ai sensi dell’art. 606
lett. b) ed e), in riferimento all’art. 476 cod. pen. Contesta, in particolare, la lettura
delle risultanze processuali resa dal giudice a quo, che aveva ravvisato gli estremi
del reato di falso nel completamento del registro ospedaliero, mediante trascrizione
di dati veri – peraltro già trasfusi nelle cartelle cliniche – in origine mancanti,
secondo le successive prescrizioni del dirigente del reparto, prof. N.N., con nota del
26.7.2005, che aveva raccomandato la completa compilazione, e che la sola
irregolarità commessa consisteva nella mancata annotazione – nell’aggiunta
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ove prestavano servizio gli imputati; le dichiarazioni dei testi e degli imputati di

apportata – del nome dell’autore e della data, così come prescritto con successiva
nota 24.11.2005 della dr.ssa F.F., direttore sanitario del
presidio ospedaliero V.Cervello.
Contesta, poi, l’argomento del giudice di appello, che, in ordine all’elemento
soggettivo, aveva fatto riferimento ad asserita finalità dell’integrazione, consistente
nell’intendimento di evitare sanzioni disciplinari, in quanto mai nessuna
contestazione era stata fatta od avrebbe potuto essere fatta essendo decorsi i

direzione dell’ente aveva avuto contezza dell’incompleta compilazione del registro
ospedaliero. Lo stesso assunto argomentativo, secondo cui la falsità avrebbe potuto
essere evitata solo mediante apposizione di data, poteva semmai valere a
dimostrare la leggerezza con la quale l’imputata aveva agito, nel pieno
convincimento di non arrecare danno ad alcuno.

Li. Il ricorso in favore di A.A. e di G.G. lamenta,
con unico motivo, violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., per erronea
interpretazione ed applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 476 e
51 comma 3 cod. pen., nonché violazione dello stesso art. 606 lett. e) del codice di
rito, per manifesta illogicità e contraddittorietà di motivazione.
Nel ripercorrere lo svolgimento dei fatti, i ricorrenti segnalano che le aggiunte
contestate erano state apportate nel registro ospedaliero dopo che i Carabinieri
avevano proceduto all’acquisizione di copia dello stesso registro, in esito alla quale
il dirigente aveva inviato nota con cui raccomandava la completezza delle
annotazioni. La sola manchevolezza, nell’aggiunta apportata, consisteva
nell’omessa apposizione di firma e data, ma tanto valeva a dimostrare la perfetta
buona fede degli autori, sebbene, ai fini dell’integrazione del reato di falso, fosse
sufficiente il solo dolo generico.

1.2. Il primo motivo del ricorso in favore di S.S. deduce
violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 476 e
47 cod. pen. e delle circolari ministeriali specificamente indicate nonché illogicità
manifesta o contraddittorietà di motivazione. Lamenta, in particolare, che sia stata
disattesa la doglianza difensiva, espressa nell’atto di appello, in ordine
all’insussistenza del falso ideologico, posto che il nome del dr. M.M.,
intervenuto nell’operazione, risultava comunque dal registro della sala operativa.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 42, 476 e 479 cod. pen., contestando l’assunto
argomentativo del giudice di appello secondo cui la consapevolezza del falso
sarebbe desumibile dall’interesse a tenere nascosto l’intervento del collega dr.
Moschetti, laddove l’effettivo interesse era semmai l’esatto contrario, ossia quello di
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termini previsti dalla contrattazione collettiva a far tempo dalla data in cui la

evidenziare il suo comportamento lodevole e scrupoloso, consistente nella
sollecitata partecipazione all’intervento di altro collega, più esperto, appositamente
convocato. Deduce, comunque, che il percorso motivazionale era contraddittorio ed
illogico, per nulla aderente alle risultanze processuali specificamente allegate.

1.3. Il ricorso in favore di N.N.  e di G.G. deduce violazione
dell’art. 125, comma 3, e 546 lett. e) cod. proc. pen. nonché dell’art. 476 cod. pen.

era stata ritenuta la sussistenza del reato in contestazione, con particolare
riferimento all’elemento psicologico, che, nella specie, era invece da escludere sia
perché, come da corrispondenza in atti, la direzione amministrativa era al corrente
dell’incompleta compilazione del registro sia perché l’obbligo del relativo
completamento, con apposizione di firma e data, era sorto solo a seguito della
circolare 24.11.2005 della dr.ssa F.F., dopo il secondo accesso dei Carabinieri.

2. Dallo sviluppo della narrativa, sulla base di incontestata ricostruzione
effettuata dai giudici di merito, a sostegno del ribadito giudizio di colpevolezza,
emergono due vicende sostanziali, distinte anche cronologicamente, pur se fra di
loro in qualche modo connesse.
La prima riguarda, in via esclusiva, l’imputato S.S., imputato
del reato di cui al capo D), ai sensi degli artt. 476 e 479 cod. pen., nella sua qualità
di dirigente medico, primo operatore di un intervento di colecistectomia. L’addebito
a suo carico consiste nell’omessa indicazione nel registro operatorio della
partecipazione all’intervento di altro sanitario, il più esperto dr. Giuseppe Moschetti,
la cui collaborazione era stata richiesta dallo stesso imputato per fronteggiare le
difficoltà insorte nel corso della anzidetto intervento chirurgico. Il fatto risaliva al 4
ottobre 2004.
La seconda vicenda riguarda, invece, tutti gli altri sanitari coinvolti, nella loro
qualità di primo o secondo operatore di interventi chirurgici, in un’attività di
postuma manomissione del registro operatorio, allo scopo di integrarne l’incompleta
redazione, con necessarie informazioni suo tempo omesse.
Si è, infatti, verificato che, nel corso di indagini preliminari compiute a seguito di
denunce relative ad un intervento chirurgico, eseguito nella stessa struttura
sanitaria, la polizia giudiziaria, in data 21/07/2005, aveva sequestrato in copia
l’intero registro operatorio. Saputo dell’intervenuto accesso, i chirurghi operatori di
tutti gli altri interventi chirurgici annotati nel registro si erano affrettati a
completare le annotazioni prima mancanti nei termini di cui si è detto. Non
potevano, ovviamente, immaginare che la PG, da lì a poco, esattamente il
23/11/2005, avrebbero effettuato un secondo accesso, procedendo all’estrazione di
ulteriori copie dello stesso registro operatorio. Sulla base del raffronto tra le copie

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Contesta, in particolare, la valutazione delle risultanze di causa in base alle quali

estratte nella prima occasione e quelle successivamente acquisite era ottenuta
prova incontrovertibile dell’intervento manipolatori° posto in essere nell’arco di
tempo intercorrente tra i due accessi. Da qui la pacifica – ed incontestata
riferibilità della manomissione ai chirurghi, odierni ricorrenti, chiamati a rispondere
del reato di cui all’art. 476 cod. pen. per alterazione del registro operatorio.
2.1 Le due vicende – solo all’apparenza analoghe -sono in realtà diverse sia per

l’epoca di realizzazione (la prima, riferibile al solo S.S., risale al 04/10/2004;

lasso di tempo tra il 21/07/2005, data del primo accesso della PG, ed il
23/11/2005, data del secondo accesso) sia per modalità ed intrinseco contenuto: la
prima consiste, infatti, in un falso per omissione, per avere lo S.S. omesso di
indicare nel registro operatorio la partecipazione all’intervento chirurgico di altro
sanitario, da lui stesso sollecitata; la seconda riguarda, invece, la materiale
alterazione del registro operatorio per aggiungervi postume annotazioni ed ovviare
quindi all’iniziale incompletezza.

3. Questi, dunque, i fatti nella loro dimensione fenomenica, i giudici di merito
erano chiamati a verificarne la sussumibilità nel paradigma degli artt. 476-479 cod.
pen. per lo S.S., e dell’art. 476 cod. pen., per tutti gli altri imputati. La
risposta positiva dagli stessi resa, con conforme statuizione nei due gradi di
giudizio, è fatta, ora, oggetto di critiche da parte dei ricorrenti.

4. Tanto premesso, si osserva che le doglianze formulate in distinti ricorsi, in
quanto accomunate da identica ratio contestativa, in funzione – come si è detto della negata configurabilità degli estremi dei falsi in contestazione, possono essere
congiuntamente esaminate.
Orbene, le stesse sono tutte infondate, in quanto la risposta motivazionale del
giudice a quo alle problematiche giuridiche ancor oggi sollevate al riguardo appare
congrua e formalmente ineccepibile.
4.1. Il primo profilo di diritto che entrambe le vicende sostanziali ponevano

riguardava la natura giuridica del registro operatorio. Correttamente la Corte
territoriale ha ravvisato in detto registro la natura di atto pubblico, in ciò confortata
da indiscussa lezione giurisprudenziale di questo Giudice di legittimità, che, in più
occasioni, si è espressa nel senso di siffatta qualificazione, in ragione dell’intrinseca
natura e della precipua finalità dell’atto in questione al soddisfacimento di esigenze
di pubblica fede, in funzione della necessaria documentazione ed informazione del
tipo di intervento invasivo praticato ai pazienti, delle modalità con cui è stato posto
in essere, degli operatori che vi hanno preso parte, con specifica indicazione delle
attività da ciascuno espletate (cfr., nei termini della riferita qualificazione giuridica,
Cass. Sez. 6, n. 15953 del 05/04/2012, rv. 252596; id. Sez. 5, n. 11366 del
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l’altra, ascrivibile invece a tutti gli altri ricorrenti, si colloca – come da rubrica – nel

21/04/1989, rv. 181981). A fugare ogni eventuale perplessità in proposito,
connessa al fatto che l’atto di evidenza esterna è solo la cartella clinica, è sufficiente
rilievo che la detta cartella deve riprodurre integralmente il contenuto del registro
operatorio, di guisa che, con riferimento a quest’ultimo, è anche pertinente il
richiamo ad indiscusso insegnamento giurisprudenziale in ordine alla natura di atto
pubblico degli atti interni della pubblica amministrazione, destinati a costituire
ineludibili presupposti, di fatto o giuridici, di provvedimenti successivi (cfr., proprio

22/07/1987, rv. 176532, secondo cui sono atti pubblici anche quegli atti della P.a.
meramente interni (documenti compilati a fini contabili amministrativi, registri
predisposti per la documentazione delle operazioni effettuate) che siano idonei a
provare l’attività svolta dal P.U. nell’esercizio delle sue funzioni (nella specie
pubblico impiegato, di un ente autarchico di diritto pubblico, qua/’è un ospedale
nell’attuale organizzazione sanitaria) e la regolarità delle operazioni da lui compiute
per la realizzazione dei compiti istituzionali affidatigli. Gli ospedali, quali persone
giuridiche pubbliche, agiscono attraverso atti amministrativi e, per quanto riguarda
le situazioni amministrative-contabili accertate e documentate con attività
demandate e svolte dal P. U. per mezzo di atti pubblici, nella specie finalizzati alla
successiva emissione di mandati di pagamento in favore di terzi. (fattispecie relativa
a buoni di ricezione e visti di regolarità di merci ritenute falso ideologico in atto
pubblico); id Sez. 5, n. 10149 del 16/10/1984, rv. 166727: è atto pubblico, agli
effetti delle norme sul falso documentale, il registro operatorio di un ospedale civile
destinato a documentare il numero e le modalità esecutive degli interventi
chirurgici, a nulla rilevando che la sua tenuta non sia espressamente prevista da
alcuna disposizione di legge o regolamentare, che sia atto interno da riprodurre
nelle cartelle cliniche aventi efficacia esterna e che non sia sottoscritto.
natura, in genere, di atto pubblico degli atti

Sulla

interni di un procedimento

amministrativo, cfr. pure, Cass. Sez 5, n. 7636 del 12/12/2006 rv. 236515; id,
n.49417 del 06/10/2003. Rv 227659).
4.2. E’, poi, pacifica la specificità della condotta materiale: nel primo caso,
un’attività omissiva, consistente nella mancata annotazione dell’intervento
partecipativo di altro chirurgo, che aveva compiuto la parte più delicata
dell’operazione; nel secondo caso, un’alterazione materiale del registro operatorio ai
fini della postuma aggiunta di informazioni essenziali, prima omesse.
In entrambe le ipotesi. La configurazione giuridica proposta dai giudici di merito è
certamente corretta.
Nulla questi° sulla sussistenza, nella prima ipotesi, della condotta materiale propria
del falso ideologico per omissione, trattandosi di omessa indicazione di un momento
essenziale del fatto rappresentato, i fini del soddisfacimento di quelle esigenze di
pubblica fede cui in precedenza si è fatto riferimento. In tal senso, questa Corte
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in riferimento al registro operatorio, il datato precedente Cass. Sez. 3, n. 8998 del

regolatrice si è già pronunziata rilevando che in tema di falso documentale, integra i

delitti di falsità materiale e ideologica per omissione, commessa dal pubblico
ufficiale, la condotta di colui che in qualità di medico ospedaliero, ometta di
attestare in sede di cartella clinica – atto pubblico assistito da fede privilegiata – che
l’intervento chirurgico ivi descritto e subito dalla paziente non è avvenuto in
ospedale ma nella abitazione di quest’ultima, trattandosi di omissione concernente
un enunciato significativo, considerato che l’abitazione privata non costituisce di

12132 dell’01/12/2011, dep. 30/03/2012, Rv. 252162 ; cfr. pure, id. Sez. 5, n.
18191 del 09/01/2009, Rv. 243774, secondo cui l’incompletezza di una attestazione

dà luogo ad una falsità ideologica qualora il contesto espositivo dell’atto sia tale da
far assumere all’omissione dell’informazione, relativa ad un determinato fatto, il
significato di negazione della sua esistenza; id. Sez. 1, n. 46966 del 17/11/2004,
Rv. 231183 secondo cui la falsità ideologica di un atto può derivare anche

dall’omissione o dalla incompletezza dei dati in esso illustrati, quando il contesto
espositivo sia tale che la parzialità dell’informazione si risolve nella mendace
negazione dell’esistenza di un fatto).
Parimenti pacifica, nella seconda vicenda, è la falsità materiale – integrata
dall’attività manipolatoria del registro operatorio – commessa da pubblico ufficiale in
atto pubblico, sensi dell’art. 476 cod. pen., così come esattamente ritenuto dai
giudici di merito.
Ineccepibile, dunque, in entrambi i casi, la ritenuta sussistenza del presupposto
materiale dei reati in contestazione, risulta parimenti immune da critiche anche
l’individuazione della componente soggettiva, consistente, pacificamente, nel dolo
generico.
Ed infatti, in tema di falsità documentali, ai fini dell’integrazione del delitto di falsità

materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 cod. pen.),
l’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che consiste nella consapevolezza
della “immutatio veri”, non essendo richiesto ranimus nocendi vel decipiendi”; non
si tratta, tuttavia, di un dolo in “re ipsa”, in quanto deve essere provato, dovendosi
escludere il reato quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell’agente (cfr.
Cass. Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Rv. 248264).
Identica affermazione vale per il reato di cui all’art. 479 cod. pen. (cfr. Cass. Sez. 5,
n. 6182 del 03/11/2010 (dep. 18/02/2011 ) Rv. 249701, sul riflesso che, ai fini

dell’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, consistente nella
rappresentazione e nella volontà delrimmatio veri”, mentre non è richiesto
ranimus nocendi” né Imanimus decipiendi”, con la conseguenza che il delitto
sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma
anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non
produrre alcun danno; cfr., pure, id Sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, Rv. 232138).
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norma sede deputata al compimento di interventi chirurgici (cfr. Cass. Sez. 5, n

Orbene, nel caso di specie, l’elemento soggettivo è stato adeguatamente ritenuto
provato sulla scorta delle pacifiche peculiarità della fattispecie, tali da escludere nell’una e nell’altra vicenda – che la falsità fosse imputabile a mera negligenza o ad
incompleta conoscenza od errata interpretazione di disposizioni normative o,
ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa, rivelando,
piuttosto, compiuta e piena consapevolezza di un’incompleta rappresentazione del
fatto da rappresentare (vicenda S.S.) e dell’indebita attività manipolatoria posta

Nel primo caso, infatti, ogni profilo di buona fede è stato, plausibilmente, escluso in
ragione del significato e della rilevanza della contestata omissione, di cui lo
S.S, nella sua qualità di esperto dirigente medico dell’unità operativa di
chirurgia generale di un importante nosocomio, non poteva non essere avvertito.
Era di tutta evidenza infatti che l’omissione – e dunque l’incompleta
rappresentazione del vero – era, oggettivamente, intesa ad oscurare la
partecipazione all’intervento di altro chirurgo, appositamente sollecitata. La
circostanza, la cui evidenza pubblica avrebbe sotteso implicita ammissione di
incapacità di far fronte a determinate difficoltà insorte nel corso dell’operazione, era
potenzialmente pregiudizievole per lo stesso dirigente, per possibili riflessi negativi
ai fini delle periodiche valutazioni di professionalità o, quanto meno, per il prestigio
e l’orgoglio professionale dello stesso sanitario. Ne vale replicare, come si è fatto
anche all’odierna udienza, che la partecipazione del dr. Giuseppe Moschetti risultava
comunque dal registro di sala operatoria. Ed infatti, quest’ultimo registro, tenuto
dal personale infermieristico, aveva rilevanza solo interna per mere esigenze
gestionali ed organizzative, senza essere in alcun modo destinato a costituire
presupposto di alcun successivo atto o a costituire momento rilevante di alcuna
sequela procedimentale. Consisteva, infatti, nella quotidiana annotazione degli
interventi eseguiti nella sala operatoria, della tipologia degli stessi, del personale
anche paramedico coinvolto, ma soprattutto nel monitoraggio degli stock di
medicinali e presidii di sala operatoria utilizzati, al fine di un costante controllo delle
relative riserve, al fine di assicurarne il tempestivo approvvigionamento. E’ appena
il caso di osservare che la l’annotazione nel registro della sala operatoria della
presenza del dr. M.M all’intervento chirurgico costituiva prova non già della
buona fede del dr. SS, quanto piuttosto della falsità del registro operatorio, il
solo che per preciso obbligo giuridico dei suoi compilatori- avrebbe dovuto dar atto
di quella partecipazione.
Anche in riferimento alla seconda vicenda è stato, argomentatamente,
escluso ogni atteggiamento di buona fede negli imputati, odierni ricorrenti, ed ogni
rilevanza al fatto che, solo con circolare del 24.11.2005, l’Azienda ospedaliera
avesse raccomandato al personale medico che ogni successiva correzione del
registro ospedaliero fosse effettuata con annotazione a margine della data e
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in essere (nell’altra vicenda).

dell’autore della stessa modifica. Ed infatti, per la loro qualità di operatori di
collaudata esperienza, ben consapevoli della valenza probatoria ed attestativa del
registro operatorio, i ricorrenti erano di certo avvertiti dell’immodificabilità delle
relative attestazioni e che ogni successivo intervento di correzione avrebbe dovuto
essere effettuato con modalità di trasparenza e non già in forma surrettizia. Era del
resto regola ordinaria di esperienza e di radicata prassi amministrativa, al di là di
qualsivoglia formale consacrazione (pur successivamente intervenuta), che la
effettuata con modalità tali da consentirne l’agevole individuabilità e la riferibilità al
suo autore.
5. Per quanto precede, tutti i ricorsi devono essere rigettati, nei termini di
cui in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/02/2013

correzione di un atto formale, dotato di valenza fidefacente, avrebbe dovuto essere

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