Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23678 del 07/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23678 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PELLE DOMENICO N. IL 08/04/1979
avverso la sentenza n. 20027/2012 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 20/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
e… eiz. frmg
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Udit ifdifensoreAvv.ro

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Data Udienza: 07/05/2014

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Ritenuto in fatto

1.

Con sentenza di questa Corte di legittimità, Sez. quinta, in data 20.2.2013,

depositata il 9.5.2013, veniva tra l’altro rigettato il ricorso di PELLE Domenico avverso
la sentenza della corte d’appello di Reggio Calabria 13.4.2011, che aveva confermato la
sua colpevolezza per il reato di cessione di 50 grammi di eroina a Vitale Gianluca, in
concorso con Antonino Gattuso. In particolare, veniva evidenziato che il riferimento a

giudici di merito linguaggio criptico, atteso che l’adombrata riferibilità delle
conversazioni al commercio di vini si traducevano in valutazioni di fatto in tema di
interpretazione delle intercettazioni e quindi in valutazioni di merito.

2.

Con ricorso depositato il 19.12.2013, la difesa del Pelle interponeva ricorso

straordinario per cassazione, con cui veniva lamentato il verificarsi di errore di fatto
avendo la Corte d’appello prima e la Cassazione dopo, supposto che tra Pelle e Vitale vi
fosse stata contrattazione per la fornitura di sostanza stupefacente, laddove era agli
atti un dato di fatto non considerato e cioè che era stata aperta in quel periodo in
Siderno, da Maria Teresa Vitale, sorella del coimputato del Pelle, un’enoteca e che
quindi la contrattazione riguardava la fornitura di vino. Veniva quindi lamentato che
questa Corte abbia ritenuto l’insussistenza del fatto positivamente accertato e provato,
ossia il commercio di vini in capo a Vitale ed al Gattuso. Ciò che sarebbe avvenuto
realmente fu la contrattazione per la fornitura di vino, che poi non si concluse per la
mancata disponibilità economica del Vitale. Sarebbe poi stata attribuita al Pelle una
telefonata che in realtà intercorse tra Gattuso e Vitale, in cui si parlava di pezzi di
ricambio per auto, cosicchè tale dato non poteva concorrere a dimostrare la natura
criptica delle telefonate sul vino. Veniva poi contestato che fosse stato ritenuto un
concorso tra Pelle e Gattuso, laddove invece non vi sarebbe stato alcun elemento che li
accumunava, né telefonate, né incontri, né sarebbe risultato che fosse stato il Pelle ad
aver messo in contatto il Gattuso con il Vitale. Risultava poi che la cessione non
intervenne per mancanza di liquidità da parte del Vitale, il che doveva portare a ritenere
non ricorrente la prova dell’intermediazione operata dal Pelle, così come non
ricorrevano

prove

della

provvigione

incassata

dal

Pelle,

quale

prezzo

dell’intermediazione. Sarebbe quindi stato ritenuto erroneamente come sussistente un
fatto che invece non ricorreva.

2

bottiglie di vino nel corso dei dialoghi intercettati, era stato correttamente definito dai

Considerato in diritto.

Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Deve essere richiamato in prima battuta, onde correttamente inquadrare nei suoi esatti
termini la questione sottoposta a giudizio, che il ricorso straordinario è stato
configurato, secondo l’insegnamento del diritto vivente, con il solo ed esclusivo scopo
di porre rimedio all’errore di fatto, costituito da sviste o errori di percezione nei quali

dall’influenza esercitata sulla decisione dalla inesatta percezione di dati processuali, il
cui svisamento conduce ad una sentenza diversa da quella che sarebbe adottata senza
l’errore di fatto (Sez. Un. 27 marzo 2002, n. 16103,Basile). Con la conseguenza che
deve essere escluso dal novero degli errori opponibili con il ricorso straordinario non
solo ogni errore valutativo o di giudizio, ma occorre che l’errore di fatto censurabile
nelle forme di cui all’art. 625 bis c.p.p., integri un’inesatta percezione di risultanze
direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di legittimità, che per usare la
terminologia dell’art. 395 c.p.c., n. 4, -cui si è implicitamente rifatto il legislatore nella
introduzione dell’art. 625 bis c.p.p.- , facciano supporre l’esistenza di un fatto la cui
verità è incontrastabilmente esclusa”, ovvero “l’inesistenza di un fatto la cui verità è
positivamente stabilita”, sempre che nell’uno, come nell’altro caso, il fatto non abbia
costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare. Deve ancora
essere aggiunto che dall’area dell’errore di fatto denunziabile con ricorso straordinario
va certamente escluso l’errore già commesso, eventualmente dai giudici di merito, che
avrebbe dovuto essere tempestivamente denunciato attraverso gli specifici mezzi di
impugnazione proponibili avverso le relative decisioni. La giurisprudenza di questa Corte
si è uniformemente espressa nel senso dell’inammissibilità del ricorso straordinario per
cassazione proposto ai sensi dell’art. 625 bis cod.proc.pen., quando il preteso errore di
fatto non consista in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui
la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio, ma in un
errore già commesso eventualmente dai giudici di merito, che avrebbe dovuto essere
tempestivamente denunciato, attraverso gli specifici mezzi di impugnazione, proponibili
avverso le relative decisioni (Sez. VI, 2.4.2012, n. 25121, Rv 253105; Sez. I, 15
aprile 2009, n. 17362; Sez. VI, 20.11.2008, n.48461).
Entrando nello specifico, deve essere immediatamente rilevato che a pag. 16 della
sua sentenza, questa Corte ha ampiamente valutato la prospettazione difensiva sulla
lettura alternativa delle conversazioni intercettate, così come del tutto plausibilmente e
motivatamente era stato ritenuto dai giudici del merito. Trattasi quindi di profilo, quello
avanzate in questa sede dal ricorrente, di natura prettamente valutativa, che non può
avere ingresso, esorbitando dal perimetro della previsione normativa pro essuale.

sia incorsa la Corte nella lettura degli atti del giudizio di legittimità, errore connotato

Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000),
ciascuno al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che
pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod.proc.pen.
p.q.m.

processuali ed al versamento della somma di euro mille a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, addì’FfMaggio 2014.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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