Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23676 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 23676 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COTUGNO SAVINO N. IL 27/10/1972
avverso la sentenza n. 2267/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore G p- erale in persona deeDottA°/Mtum,” h 1,614.
che ha concluso per ..e fitt-e—~
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Udito, per la parte civil , ‘Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 23/04/2013

Ritenuto in fatto

Ricorre per cassazione Il difensore di Cotugno Savino avverso la sentenza emessa in data
20.10.2011 dalla Corte di Appello di Milano in data 20.10.2011 che confermava quella del
Tribunale di Milano in data 10.2.2011 con la quale il predetto era stato riconosciuto
colpevole del delitto di cui agli artt. 110 c.p. e 73 commi I e VI e 80, II comma dPR
309/1990 (concorso nella detenzione e trasporto di kg. 3.550 di cocaina di cui il Cotugno
organizzava la distribuzione sulla piazza di Cerignola; fatto del 28.11.2003) e
reclusione ed C 26.000,00 di multa.
Deduce il vizio motivazionale, contestando l’integrazione della prova del diretto
coinvolgimento del Cotugno nell’acquisto della partita di cocaina sulla base una specifica
conversazione telefonica del 25.11.2003 ad ore 18,51, intercettata sull’utenza in uso al
Cotugno e la stessa ricostruzione dei fatti operata da parte della Corte milanese.
Considerato In diritto

Il ricorso è inammissibile perche fondato su motivi aspecifici e non consentiti nella
presente sede.
Invero, è palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in
questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi
ed assolutamente plausibile, laddove ha meticolosamente analizzato le conversazioni
telefoniche intercettate spiegando come fosse stato identificato, anche sotto l’aspetto
fonico, tramite la deposizione del m.11o Lenzi del GICO di Milano, il Cotugno quale
interlocutore del Fanutza e che quindi a parlare di droga il 25.11.2003 ad ore 18,51 con
Fanutza e con l’anonimo fornitore che si trovava con lui in territorio francese, era proprio
il Cotugno interessato, in concorso con Di Molfetta e Caldarisi, all’acquisto e destinatario
della partita di cocaina di lì a pochi giorni sequestrata a Fanutza, proveniente dalla
Francia, che veniva arrestato in flagranza presso Bologna e reo confesso. In possesso di
quest’ultimo, come rilevato dalla sentenza impugnata, fu rinvenuta anche una rubrica
cartacea su cui era annotata la voce “Savino” e il corrispondente numero di utenza
telefonica (3481457017) contattata dal suo cellulare (sulla cui rubrica era anche
memorizzato) il 25.11.2003: la predetta utenza era pacificamente in uso a Cotugno
Savino che in seguito, ai primi di dicembre, scandiva il proprio codice fiscale ad una
impiegata di uno studio legale, presentandosi con il proprio nome e cognome.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo,
invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
Impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare
2

condannato, con attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, alla pena di anni sei di

le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a
mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 293.2000,
n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. H, 15.5.2008 n. 19951, Rv.
240109).
Del resto, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L.
20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i
vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la

in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora
consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti
ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di
apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il

novum normativo,

Invece, rappresenta Il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di
legittimità il cosiddetto “travisamento della prova”, finora ammesso in via di
interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi
dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove,
può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il
relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza travisamenti, all’interno della
decisione (Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424). Ciò peraltro vale nell’ipotesi di
decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia
pronunzia conforme, come nel caso di specie, il limite del devolutum non può essere
superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’Ipotesi in cui il giudice
d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti
a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. Il, 15.1.2008,
n. 5994; Sez. I, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. IV, 3.2.2009, n. 19710, Rv.
243636).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma
che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del
2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna Il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23.4.2013

fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma

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