Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23673 del 07/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23673 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANALE LUCA N. IL 23/08/1968
avverso l’ordinanza n. 56/2012 GIP TRIBUNALE di VERONA, del
16/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
lette/s2Tfite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 07/05/2014

RITENUTO IN FATTO

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1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, in funzione di
giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 16/11/2012 – 30/4/2013, rigettava la
richiesta di continuazione tra i fatti oggetto di diverse sentenze emesse nei
confronti di Luca Canale.
Il Giudice riteneva che la rapina commessa da Canale nel febbraio 2002,
distante più di un anno dalle condotte illecite commesse nell’agosto 2003, non

erano state consumate all’interno di una associazione per delinquere ed erano
distanti cronologicamente.
Le cessioni di droga erano, poi, state commesse quattro anni dopo dalle
rapine del 2003, in concorso con persone diverse e in un contesto differente e
dopo un lungo periodo di carcerazione; e allo stesso modo, il furto in un
capannone operato – dopo ulteriore detenzione – nel 2010 appariva condotta del
tutto estemporanea.
Il giudice concludeva osservando che le ripetute detenzioni non avevano
mutato quello che era uno stile di vita del condannato, ma permettevano di
escludere l’unità ed identità degli scopi criminosi; né lo stato di
tossicodipendenza era in grado di ricondurre ad unità i vari delitti, in mancanza
degli ulteriori elementi sintomatici della continuazione.
Infine, la contravvenzione per guida in stato di ebbrezza non poteva essere
riunita per continuazione con altri reati.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Luca Canale, deducendo violazione
dell’art. 671 cod. proc. pen. per la mancata valutazione dello stato di
tossicodipendenza del condannato all’epoca dei fatti e per vizio di motivazione in
ordine all’incidenza di tale stato sulla consumazione dei vari reati.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3.

Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la

declaratoria di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
L’art. 671, comma 1, ultima parte cod. proc. pen. prevede che “fra gli
elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato, vi è
la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza”.

potesse essere ritenuta riunita per continuazione, atteso che quelle successive

Questa Corte ha costantemente affermato che lo “status” di
tossicodipendente può essere preso in considerazione per giustificare l’unicità del
disegno criminoso con riferimento ai reati che siano collegati e dipendenti dallo
stato di tossicodipendenza, sempre che sussistano anche le altre condizioni per
la sussistenza della continuazione (Sez. 1, n. 33518 del 07/07/2010 – dep.
13/09/2010, Trapasso, Rv. 248124).

Nel caso di specie, di fronte ad una motivazione articolata del Giudice

tossicodipendenza – giustifica il rigetto della richiesta in base alla mancanza degli
altri elementi sintomatici della continuazione e soprattutto sui lunghi periodi di
detenzione intercorsi tra i vari reati sul notevole arco temporale della loro
consumazione, il ricorrente si limita a segnalare lo stato di tossicodipendenza,
senza nemmeno specificare in che modo esso avrebbe inciso per l’esistenza di un
medesimo disegno criminoso.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 7 maggio 2014

Il Consigliere estensore

dell’esecuzione che – oltre a prendere in considerazione lo stato di

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