Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23666 del 29/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23666 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI TRAPANI NICOLO’ N. IL 08/06/1961
avverso l’ordinanza n. 9245/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di
REGGIO EMILIA, del 18/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/3entite le conclusioni del PG Dott. ,41J T7 1J2 INItigk
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Udit i difensor Avv.; —

Data Udienza: 29/04/2014

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Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 18.10.2013 il Magistrato di Sorveglianza di Reggio
Emilia dichiarava inammissibile l’istanza avanzata da Nicolò Di Trapani, detenuto
presso la Casa di reclusione di Parma, ristretto nel regime particolare di cui all’art.
41 bis Ord. Pen., volta ad ottenere la remissione del debito di cui al ruolo n.
2006/3156 della Corte d’appello di Palermo, sul rilievo trattarsi di somma di così
lieve entità da non comportare alcun sacrificio per il condannato, pur tenendo

2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto

condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, in particolare argomentando -in sintesi- nei seguenti termini :
sussistevano in concreto, a suo favore, entrambi i requisiti di legge, la buona
condotta carceraria e le sue disagiate condizioni economiche.Considerato in diritto
1. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile
con ogni dovuta conseguenza di legge.2. Ed invero il ricorrente ripropone con il ricorso gli stessi argomenti posti a
sostegno della sua originaria istanza, senza sviluppare un adeguato apparato critico
al tessuto motivazionale dell’impugnato provvedimento. L’ordinanza impugnata,
infatti, non pone in discussione né il profilo della buona condotta carceraria del Di
Trapani, né quello delle sue disagiate condizioni economiche complessive. Il
Magistrato di Sorveglianza ha motivato la dichiarata inammissibilità dell’istanza
dell’odierno ricorrente sul rilievo trattarsi, per il titolo in questione, di somma di così
esigua entità da non comportare alcuna compromissione dell’equilibrio economico
del soggetto, pur tenendo in conto le dedotte precarie condizioni economiche.
Trattasi di motivazione del tutto adeguata al caso di specie -posto che il Di Trapani
per nulla contesta l’assoluta esiguità della somma in questione- e perfettamente
conforme alla corretta interpretazione della norma di riferimento, come già
affermato da questa Corte di legittimità; si veda, invero, sullo specifico punto, Cass.
Pen. Sez. 1°, n. 3737 del 15.01.2009, Rv. 242534, Loiacono : “La decisione in
ordine alla richiesta di remissione del debito deve tenere conto, per non incorrere
nel vizio di motivazione, della comparazione tra l’effettiva situazione economica del
richiedente e l’entità del debito di cui si chiede la remissione”. Tale orientamento
giurisprudenziale, che va qui richiamato e ribadito, coglie nella sostanza la

ratio

della disposizione normativa che non vuole riferirsi tanto al debito in sé, né
proporre inammissibili automatismi, quanto mirare al pregiudizio che il suo

presenti le dedotte sue precarie condizioni economiche.-

pagamento può provocare nel percorso di reinserimento sociale del condannato.
Orbene, è del tutto evidente che il versamento (anche rateale) di una somma di
entità minima non può produrre alcuna ripercussione negativa su tale percorso,
anche in soggetti di precarie condizioni economiche. Peraltro il Di Trapani ammette
di percepire delle somme, ancorché modeste, dal lavoro che egli svolge in ambito
i nfra mura rio.Ciò posto, occorre concludere che il provvedimento impugnato, conforme ai

confrontarsi, in realtà, con la vera ratio decidendi dell’ordinanza del Magistrato di
Sorveglianza di competenza.3.In definitiva il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve
essere dichiarato inammissibile ex artt. 591 e 606, comma 3, Cod. proc. pen.- Alla
declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del
disposto dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua,
di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili
di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.Così deciso in Roma il 29 Aprile 2014
Il Consigliere estensore

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ricordati principi, è del tutto immune dai denunciati vizi, mentre il ricorso manca di

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