Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23661 del 29/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 23661 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANSELMI MARIO N. IL 12/09/1947
avverso l’ordinanza n. 195/2012 GIP TRIBUNALE di LIVORNO, del
08/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ALIRE-L (0 GrAtiv

4 Q,

atA

tero elt< Uditi difensor Avv.; — 1.1 etel2144 et.c dt...; Data Udienza: 29/04/2014 t Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 08.05.2013 il Gip del Tribunale di Livorno, in funzione di giudice dell'esecuzione, pronunciando ex art. 130 Cod. proc. pen., ordinava la correzione della sentenza emessa il 05.04.2011 ai sensi dell'art. 444 Cod. proc. pen. (patteggiamento c.d. allargato) a carico di Mario Anselmi, integrandola con la condanna al pagamento delle spese processuali e con le pene accessorie di legge (perdita della licenza di esercizio, interdizione dai pubblici uffici, interdizione provvedimento con la considerazione che si trattava di conseguenze obbligatorie predeterminate per legge e non rimesse alla discrezionalità del giudicante.2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l'anzidetto condannato che motivava l'impugnazione, limitata all'applicazione delle sole pene accessorie, deducendo violazione di legge, argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : le pene accessorie in questione non erano predeterminate per legge nella loro durata, ma graduabili, di tal che avrebbero potuto essere applicate solo dal giudice della cognizione.Considerato in diritto 1. Il ricorso, infondato, deve essere rigettato con ogni dovuta conseguenza di legge.2. Il ricorrente denuncia violazione di legge per avere il giudice dell'esecuzione fatto ricorso alla procedura ex art. 130 Cod. proc. pen. (correzione di errore materiale) per applicare le pene accessorie che conseguono alla pronunciata condanna -pretermesse nella sentenza- assumendo che, non trattandosi di pene predeterminate per legge quanto alla loro durata, la loro applicazione, rimessa alla discrezionalità del giudice della cognizione, non avrebbe potuto essere fatta dal giudice dell'esecuzione.Il principio invocato dal ricorrente corrisponde a quanto statuito da questa Corte di legittimità con giurisprudenza consolidata (cfr., tra le tante, Cass. Pen. Sez. 1°, n. 43085 del 17.10.2012, Rv. 253701, P.M. in proc. Alberghina : "All'omessa applicazione di una pena accessoria, obbligatoria e predeterminata ex lege in specie e durata, può porsi rimedio, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, con la procedura di correzione degli errori materiali"). Va quindi qui ribadito, in via generale, che è legittima l'applicazione da parte del giudice dell'esecuzione, facendo corretto ricorso alla procedura ex art. 130 Cod. proc. pen., di pene accessorie 1 dall'esercizio della tutela e curatela per anni due). Il giudice giustificava il t erroneamente non applicate in sede di cognizione, ove si tratti di pene obbligatorie per legge e predeterminate nella specie e nella durata.Orbene, ciò posto, occorre vagliare se, nel caso di specie, si tratti di pene obbligatorie ex lege e predeterminate per specie e durata.In tal senso occorre rilevare come la pena accessoria della perdita della licenza d'esercizio sia prevista dall'art. 3 della L. 75/58 in modo certamente obbligatorio ("in tutti i casi... .sarà aggiunta la perdita della licenza d'esercizio") e come la stessa, puntuale, non abbia margini di discrezionalità nel quantum di durata; non essendo rimessa pertanto a valutazioni riservate al giudice della cognizione, la stessa ben può essere applicata dal giudice dell'esecuzione.- Sul punto il ricorso è dunque infondato.Quanto alle altre pene accessorie qui in discussione (interdizione dai pubblici uffici ed interdizione dall'esercizio della tutela e della curatela) parimenti va rilevato come le stesse siano previste dall'art. 6 L. 75/58 in modo altrettanto obbligatorio (i colpevoli di uno dei delitti... .subiranno altresì) per cui non vi è discrezionalità nella loro applicazione, conseguenza necessaria della condanna; tali pene accessorie, peraltro, sono effettivamente discrezionali nella durata (per un periodo variante da un minino di due anni ad un massimo di venti). Tanto rilevato, deve affermarsi però che il condannato non può avere interesse a dolersi di pena accessoria, pur discrezionale nel quantum, applicata nel suo minimo edittale (anni due), né può denunciare, in modo meramente formalistico, che sia stata applicata dal giudice dell'esecuzione nonostante che si tratti di pena ad entità non fissa, perché tale impostazione finirebbe per negare il criterio prevalente dell'obbligatorietà della sua applicazione. Il principio è stato già affermato da questa Corte (sia pur per reato di natura tributaria, ma con nucleo essenziale corrispondente alla presente vicenda) secondo cui prevale la necessità dell'applicazione, anche in sede esecutiva ove non sia stato provveduto in sede di cognizione, di pena accessoria obbligatoria, e dunque ineludibile, quando comunque il giudice dell'esecuzione non debba far riferimento a criteri valutativi discrezionali, come tali a lui estranei (cfr. Cass. Pen. Sez. 1°, n. 22067 del 01.02.2011, P.M. in proc. Hu Zhiyu, Rv. 250227). Deve qui affermarsi, allora, che l'applicazione di pena accessoria nel minimo edittale della sua possibile durata, da un lato non è espressione di valutazione discrezionale impropria in capo al giudice della esecuzione, dall'altro non costituisce decisione gravatoria di cui il condannato possa dolersi, stante la sua obbligatorietà e considerata la non comprimibilità nel quantum.- 2 consistendo nella decadenza dal titolo abilitativo, e cioè in una sanzione di tipo 3. In definitiva il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere respinto. Al completo rigetto dell'impugnazione consegue di diritto, ai sensi dell'art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.Così deciso in Roma il 29 Aprile 2014 - D Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA