Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23658 del 23/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 23658 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1) PELAGALLI LUIGI (P.C.) N. IL 28.01.1963
2) PELAGALLI ANTONIO (P.C) N. IL 08.10.1959
3) FORTUNA SABRINA SILVANA (P.C.) N. IL 12.01.1968
Nei confronti di :
NARDONE NICOLA N. IL 28.02.1948
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI ROMA del 16 maggio 2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona del dott. Antonio Mura che ha concluso per il rigetto
del ricorso; per il responsabile civile l’avvocato Marco Catelli che ha chiesto di poter depositare
il proprio fascicolo con la costituzione in giudizio ed ha chiesto la conferma della impugnata
sentenza; per la parte civile Pelagalli Luigi l’avvocato Attilio Turchetta che dopo ampia
discussione si è riportato ai motivi di ricorso; per Pelagalli Antonio e Fortuna Sabrina Silvana
l’avvocato Gianfranco Iadencola in sostituzione dell’avvocato Antonio Fraioli per il Pelagalli e
dell’avvocato Maria Letizia Casale per la Fortuna che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di
ricorso; l’avvocato Francesco Buono per l’imputato che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità
dei ricorsi delle parti civili
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza data 16 maggio 2011 la Corte d’Appello di Roma confermava
1.
la sentenza resa in data 4 giugno 2009 dal Tribunale di Cassino, appellata dal PM
e dalle costituite parti civili nei confronti di Nardone Nicola, assolto dalla
Imputazione di omicidio colposo perché il fatto non costituisce reato. Al Nardone
era stato contestato il delitto p.e p. dall’art. 589, 2° e 3° comma c.p. perché,
mentre si trovava alla guida dell’autocarro Mercedes 1622K, targato BX 629 LU e
percorrendo la S.P. Valli con direzione di marcia Aquino, giunto in prossimità di

Data Udienza: 23/11/2012

3.

4.

2.

una curva volgente a sinistra, per imprudenza, imperizia e negligenza, ed, in
particolare in violazione degli artt. 142, comma 7 e 148 Codice della Strada,
procedendo alla velocità di 39 Km orari su di un tratto di strada ove il limite
massimo imposto è di 30 Km orari ed effettuando l’imprudente sorpasso di due
ciclisti in prossimità della curva ed occupando con detta manovra parte della
carreggiata opposta, entrava in violenta collisione con l’autovettura FIAT UNO
targata RM 2F3799, proveniente dall’opposto senso di marcia e condotta da
Pelagalli Giuseppe, con a bordo, in qualità di trasportata, Torrice Marzia, che
avvedendosi improvvisamente dell’autocarro azionava il sistema frenante,
sbandando e provocava così il decesso del Pelagalli, intervenuto a distanza di
poche ore per il gravissimo politraumatismo riportato e lesioni gravi a Torrice
Marzia.
Avverso tale decisione propongono ricorso le parti civili di cui in epigrafe a mezzo
dei rispettivi difensori. In particolare le parti civili con motivi sostanzialmente
analoghi censurano la gravata sentenza per violazione dell’art. 606 lett. b) ed e)
c.p.p. in relazione all’art. 142 Codice della Strada ed in relazione all’art. 148
Codice della strada
In data 9 novembre 2012 è pervenuta memoria difensiva nell’interesse
dell’imputato, mentre in udienzza si costituiva il responsabile civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno pertanto disattesi.
In fatto così i giudici di merito hanno ricostruito la vicenda: il 16 giugno 2004,
al km. 3,700 sulla strada provinciale n. 243 in località Valli, tra Aquino e
Pontecorvo, intorno alle ore 18,00 circa, si verificò l’incidente stradale in cui perse
la vita Pelagalli Giuseppe e riportò gravi lesioni Torrice Marzia. Il Pelagalli era alla
guida dell’auto FIAT UNO di proprietà della compagna Torrice e con a fianco la
medesima; dopo aver percorso un tratto di strada ad andamento rettilineo si
accingeva ad affrontare una curva volgente a destra con visuale limitata per la
presenza di vegetazione e ramaglie varie, ad una velocità alquanto sostenuta,
comunque e certamente non commisurata alla strada percorsa (cfr.informativa
C.C. in data 17 giugno 2004). Frattanto in senso opposto sopraggiungeva Nardone
Nicola alla guida dell’autocarro MERCEDES 1622k il quale viaggiava alla velocità di
circa 40 km orari, così come evidenziato dal cronotachigrafo del mezzo in seguito
acquisito. Poco prima di affrontare la curva per esso volgente a sinistra, il Nardone
effettuava il sorpasso di due cicliste, Fusco Alessandra e Landini Cinzia che
procedevano in fila indiana lungo il ciglio della strada e nel compiere detta
manovra l’imputato invadeva parzialmente l’opposta corsia di marcia. Scrivono i
CC che il Pelagalli avvedutosi della situazione di pericolo costituta dal
sopraggiungere del Nardone, in considerazione della velocità sostenuta agiva
bruscamente sul dispositivo dei freni dell’autovettura causando il bloccaggio delle
ruote, lasciando impresse sul manto stradale m. 12,25 di tracce di frenata.
L’autovettura priva di controllo si proiettava verso il centro della carreggiata ove
collideva con l’autocarro il cui conducente – data la imprevedibilità della manovra
della FIAT UNO. Non riusciva a frenare ed ad evitare l’impatto. L’urto di notevole
consistenza avveniva tra la parte centro-laterale sinistra dell’autovettura e la parte
angolare sinistra dell’autocarro, materializzandosi nel centro della carreggiata
centrale. Per effetto della collisione l’autocarro con la propria ruota anteriore
sinistra sormontava il cofano anteriore dell’autovettura e privo di controllo deviava
dapprima verso destra e successivamente verso sinistra terminando la corsa
all’interno della boscaglia adiacente all’opposto senso di marcia. L’autovettura
FIAT UNO in conseguenza dell’urto compiva una rotazione a 180°, posizionandosi
in stato di quiete a margine della strada sulla propria corsia di marcia, rivolta con
la parte frontale in direzione di Aquino e con la parte posteriore in direzione di
contrada Valli.
I giudici di merito ed in particolare la sentenza appellata hanno escluso ogni
profilo di colpa a carico del Nardone (cui era stato contestato di procedere ad una
velocità di 39 km orari comunque eccedente il limite impostogli di 30 km orari e di
aver compiuto l’imprudente sorpasso delle due cicliste in prossimità di una curva,

5.

manovra che secondo l’accusa lo portava ad invadere l’opposta carreggiata e ad
entrare in collisione con il mezzo condotto dal Pelagalli).
Con l’odierno ricorso le parti civili ricorrenti insistono nell’evidenziare la
sussistenza dei due richiamati profili di colpa. Quanto al primo aspetto si sostiene
che se il Nardone avesse tenuto una velocità nell’ambito della prescrizione il
sinistro non si sarebbe comunque verificato. Trattasi di un’ipotesi meramente
congetturale e comunque alternativa a quella fatta propria dalla gravata sentenza
e sorretta dall’esito della perizia dell’Ing. Pinchera, non contraddetta dalle prove
testimoniali e come tale inammissibile in questa sede. Peraltro la sentenza
impugnata oltre ad escludere la sussistenza del nesso di casualità tra la velocità
tenuta dal Nardone ed il verificarsi della collisione, ha sottolineato come “non vi è
dubbio che il Nardone viaggiasse ad una velocità di 39 km orari mentre il limite
era di 30, ma va subito detto che questo limite è stato dalle autorità preposte in
seguito rettificato ed elevato a 50 km orari, il che già di per sé induce a ritenere
che non fosse un limite congruo”
Quanto alla questione del sorpasso delle cicliste i giudici di merito hanno premesso
che “non corrisponde al vero che nell’effettuare il sorpasso l’imputato abbia invaso
l’opposta corsia… l’imputato effettuò il sorpasso delle due cicliste rientrando nella
propria corsia di marcia prima dell’impatto con il Pelagalli; tant’è che il punto
d’urto è stato dal Pinchera localizzato proprio nella corsia di marcia del Nardone..”
e che “quando l’imputato ha deciso di operare il sorpasso, certamente non
scorgeva nessuno davanti a sé”. La Corte territoriale in particolare ha poi
evidenziato che comunque trattavasi del sorpasso di due biciclette che
procedevano in fila indiana a non piùdi 10 km orarie non si trattava, dunque, del
sorpasso di un’autovettura o di un mezzo ingombrante”.
Trattasi di motivazione logica ed esauriente che si sottrae alle prospettate
censure. In tema di controllo sulla motivazione, infatti, alla Corte di cassazione è
normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria
valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma
anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione
mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali
altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore
attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si
presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sè
compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della
coerenza strutturale della sentenza in sé e per sé considerata, necessariamente
condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è
“geneticamente” informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da
altri (Cass. S.U. 31 maggio 2000, Jakani, RV 216260).
Al rigetto dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna delle parti civili
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e non a quelle sostenute
dall’imputato non essendo stata prodotta nota spese. Il giudice, infatti, non può
procedere di ufficio, in mancanza di tale nota o anche in presenza di una notaspese apparente e formale, alla liquidazione. Invero, poiché la nota ha la funzione
di porre il giudice in grado di liquidare, nel rispetto del contraddittorio, spese ed
onorari di avvocato, in relazione alla attività processuale effettivamente svolta,
tale funzione non può dirsi soddisfatta sulla base di una nota assente o comunque
generica e non documentata.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali_
Così deciso nella camera di consiglio del 23 novembre 2012
IL CONSIGLIER ESTENSORE

IL PRESIDENTE

31,9

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