Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23653 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23653 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COMMISSO ANTONIO N. IL 13/10/1973
avverso l’ordinanza n. 548/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 02/07/2012
sentita la relazionefatta dal Consigliere Doti MONICA BONI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. aokL,
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Udit, i , gli ho detto… , mi ha detto, va bene poi a lungo
andare ci vediamo, perché a lungo andare si vedono tutte le cose nella vita, i poteri sono più
difficili a mantenerli che conquistarli”, alludendo all’insuccesso dell’iniziativa di tale Rocco
Carrozza, genero di Giuseppe Morabito, detto “u tiradrittu”, boss di Africo. Parimenti il 21
maggio 2010 il “mastro” ricordava a Cosimo De Leo “perché a me quello che interessa è di
essere tutti d’accordo tra noi e ognuno prenda le mie parole..perchè in passato non hanno
preso le mie parole, più di uno…a iniziare dal Biona…lui mi ha detto è rimasto con Sandro e avete visto cosa è successo”; ribadiva di avergli detto
chiaramente “cambia direzione”, ma si era sentito rispondere “, quasi quasi che si era incazzato”.
-Le conversazioni della primavera del 2010 registravano il tentativo da parte dell’indagato, di
Giuseppe Tavernese e Giuseppe Ascioti di costituire una lista civica di centro-destra dopo
l’intervenuta rottura anche con l’ex sindaco Figliomeni, rispetto alla cui iniziativa Giuseppe
Commisso ed i suoi più stretti accoliti mostravano di voler raggiungere un qualche accordo
dopo avere partecipato alla riunione, tenutasi il 18 maggio 2010, per delineare le strategie
da adottare per le elezioni comunali. Tutti i dialoghi in questione indicano la condivisa
opinione del “mastro”, di Carmelo Muià, suo stretto collaboratore, di Rocco Damiano
Tavernese, circa la necessità di cercare di avvicinare il “Biona”, di ricomporre il contrasto
insorto con questi per individuare un candidato comune e gradito alla cosca, per far
convergere su detto candidato i voti di cui il “Biona” disponeva e comunque per ricondurre
ad unità gli sforzi della famiglia, magari sostenendo la candidatura a consigliere di altro suo
appartenente più malleabile, quale Domenico, detto “Micarello” Commisso o Pietro Futi sk. Nel
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“movimenti”, ossia promozioni nelle cariche della “società” criminosa; quindi aveva riferito di

contesto di tali progetti Giuseppe Commisso e Carmelo Munià pensavano di coinvolgere il
cugino del capomafia, Francesco Commisso, detto “lo scelto”, zio dell’indagato, affinché
prestasse la propria opera di convincimento sul nipote e ne controllasse le mosse.
-In particolare, sempre il 21 maggio il “mastro” affermava che al “Biona” dovevano parlarci i
suoi parenti, che gli avrebbero garantito l’appoggio della famiglia, quindi il Muià proponeva di
dire a Francesco Commisso, “oh Scelto, vedi che a tuo nipote noi lo vogliamo così, ti
garantiamo a te queste cose così e gli diciamo che tutti lo appoggiamo”, quindi il “mastro”

e non devi fare danni..perche’ se tu fai danni ti verranno danni pure tu … > e vedete come si
impauriscono”.
-Nonostante questi propositi permanevano i dubbi dei due interlocutori circa il
comportamento futuro di Antonio Commisso, tanto che il 29 maggio 2010 essi, dopo avere
commentato l’opera di convincimento che il Muià aveva fatto su Giuseppe Tavernese, alleato
dell’odierno indagato, garantendone la fedeltà alle direttive impartite dalla cosca, il “mastro”
aveva replicato che “il Biona lo vedo un cane sciolto forte. .ci sono i suoi che lo devono
tenere, se lo mi autorizzano a me di fare…lo faccio, lo addomestico. .ma gli darò
dimostrazione a lui …tu puoi arrivare dove vuoi, basta che prendi le parole, puoi arrivare
dove sono i meriti tuoi, non e’ che puoi arrivare a presidente d’Italia”, quindi il Muia’ aveva
aggiunto di avere constatato la freddezza nei suoi riguardi di Francesco Commisso, cosa che
imputava alle critiche mosse al nipote, il quale aveva “il dente avvelenato”.
-Il preteso condizionamento non era ancora avvenuto o non aveva sortito gli esiti sperati
sino al 6 luglio 2010 quando il “mastro” era stato intercettato mentre trattava delle solite
questioni con Anthony Figliomeni e faceva una ricognizione dei possibili voti sui quali poteva
contare il candidato sindaco dallo stesso sostenuto, Riccardo Ritorto, con l’aiuto del
Cherubino; il Figliomeni si era mostrato dubbioso sul fatto che i “vostri là, i Quaglia di
Cosimo”, altro soprannome che identificava zio ‘Ntoni e zio Pietro Commisso, ascendenti
dell’odierno indagato, potessero appoggiare il Ritorto, al che il “mastro” aveva replicato
“dipende dal Biona, non lo avete visto, lui votava a Sandro”.
2.3 Ebbene, le superiori risultanze sono state tenute in considerazione dal Tribunale ma
quali elementi avvaloranti l’ipotesi accusatoria, senza però che sia stato valutato, da un lato
che dall’8 marzo 2010 non erano più registrati contatti diretti tra l’indagato ed esponenti
mafiosi, dall’altro che quanto indirettamente ricavabile dai dialoghi intercorsi tra terzi pare
essere dissonante con tale ipotesi. Invero, emerge che il vertice della cosca Commisso
mostrava riprovazione per la scelta del coinvolgimento politico personale del cugino, per il
suo essersi messo a servizio della comunità, non della famiglia criminosa, della distanza di
vedute e progetti tra i due personaggi, dell’assunzione di decisioni individuali da parte
dell’indagato, non condivise dagli altri esponenti della cosca perché ritenute controproducenti
e pericolose. In nessun modo i dialoghi indicano che Antonio Commisso fosse entrato in
politica per curare gli interessi criminali dei suoi congiunti e dell’intera cosca; al contrprio è
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aggiungeva che al “Biona” andava detto

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