Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23652 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23652 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

n. il 11 maggio 1972

Trifirò Carmela Salvatore

avverso
la sentenza 14 marzo 2012 — Corte di Appello di Messina;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.

Giovanni D’Angelo, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha
chiesto il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali;

Data Udienza: 10/04/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Svolgimento del processo
1. — Con sentenza deliberata in data 14 marzo 2012, depositata in cancelleria il
12 giugno 2012, la Corte di Appello di Messina, confermava la sentenza 7 giugno
2011 del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Messina che aveva dichiarato Trifirò Carmelo Salvatore, responsabile dei reati a lui ascritti (un episodio
di tentata estorsione e due episodi di estorsione consumata) condannandolo, rite-

del rito abbreviato eletto, alla pena di anni otto di reclusione ed C 1.800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali dei giudizio e di quellerelative alla
custodia cautelare in carcere.
1.1. — Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata, Trifirò
Carmelo Salvatore, in concorso altri, avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416
bis cod. pen. e della metodologia maflosa dei mazzarroti riconducibile a Calabrese
Tindaro, costringeva gli imprenditori Crisafulli Ettore, Crisafulli Enrico e Ciriminna
Diletta, questi ultimi due nella loro veste rispettivamente di direttore tecnico e amministrattrice della ENCLA Infrastrutture s.r.I., a consegnare, in un’occasione, la
somma pari al 3% del valore complessivo dell’appalto relativo ai lavori di riqualificazione del water-front della riviera di ponente di Milazzo, non riuscendo però
nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà, e, in un’altra occasione, a farsi consegnare la somma di C 10.000, costringendo altresì le medesime parti lese ad
acquistare inerti e calcestruzzo da Puglisi Salvatore e Di Malo Giuseppe.
1.2. — Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del
giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito:
— dalle dichiarazioni della medesima parte lesa Crisafulli Ettore;
— dalle dichiarazioni del c.apocantiere Santangelo Pietro e Ciriminna Mario,
— dalla registrazione dei dialoghi da parte del medesimo Crisafuili con il Cannone e il Messina,
— dall’appostamento operato dalla polizia giudiziaria in data 23 maggio 2008
che, pur riguardando l’incontro del Crisafulli sempre con il Cannone Nicola e il Messina, avevano proseguito, dopo l’arresto del Trifirò, l’attività estorsiva di quest’ultimo, aveva confermato l’attendibilità della parte lesa;
— dalle parziali ammissioni del prevenuto che ha però fornito per gli incontri
con il Crisafulli e per le richieste a lui inoltrate una giustificazione non credibile.

Pubblica udienza: 26 febbraio 2013 — Trifin3 Carmelo Salvatore — RG: 30642/12, RU: 14;

nuto il vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod pen., ritenuta la diminuente

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

2. — Avverso II citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Tindaro
Celi, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Trifirò Carmelo Salvatore
chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali. In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente sei motivi:
a) con il primo motivo di doglianza veniva eccepita la violazione degli artt. 125,
192 comma primo cod proc. pen. in relazione all’art. 530 commi primo e secondo

stata operata dal giudice in relazione alla prova dichiarativa del Crisafulli, soggetto
imputato in diversi procedimenti per truffa aggravata ai danni dello Stato, atteso
peraltro che il medesimo ha denunciato il fatto dopo otto mesi dall’accaduto e in
concomitanza con l’avvio della procedura di revoca dell’aggiudicazione dell’appalto;
b) con il secondo motivo di doglianza veniva rilevata la violazione dell’art. 606
comma primo lett. b) ed e) cod. proc. pen. In relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91; il giudice non ha sufficientemente motivato la
sussistenza dell’aggravante in parola;
c) con il terzo motivo di doglianza veniva censurata l’erronea applicazione della
legge penale con riferimento agli artt. 629 comma secondo cod. proc. pen. e art. 7
L. 203/91; quest’ultima aggravante non è compatibile con quella di cui all’art. 629
comma secondo cod. pen. che prevede già un’ipotesi aggravata derivante dallo status di associato dell’estorsore;
d) con II quarto motivo di impugnazione veniva rilevata la violazione ex art. 606
comma primo lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione a all’art. 192 e 546 lett. e)
e all’ad 629 comma secondo cod. pen. per travisamento delle dichiarazioni della
persona offesa e illogicità della motivazione; nella intercettazione riportata in sentenza e relativa alla conversazione tra Crisafulli e Messina, è io stesso Crisafulli che,
del fatto di essersi rivolto al Puglisi, fornisce versioni non riconducibili a un fatto estorsivo; oltretutto nella conversazione appare chiaro che il Messina non è al corrente di quanto operato dal Trifirò circa i termini e le condizioni dell’estorsione Il
che appare assai poco credibile;
e) con il quinto motivo di doglianza veniva eccepita la violazione ex art. 606
comma primo lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 533 cod. proc. pen.;
f) con il sesto motivo di doglianza veniva rilevata la violazione ex art. 606
comma primo lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 63 comma terzo cod. pen.

Pubblica udienza: 26 febbrak) 2013 — TrifIrò armalo Salvatore —

RG: 30642/12, RU: 14;

cod. proc. pen.; alcun vaglio di attendibilità soggettiva e di attendibilità intrinseca è

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE -Prima Sezione penale

con riferimento all’art. 7 L. 203/91 e art. 629 comma secondo cod. pen.; la Corte è
incorsa in errore in punto di determinazione della pena non avendo applicato quanto previsto dall’ad 63 cod. pen. che preclude un duplice aumento per le due aggravanti a effetto speciale. Avrebbe per contro dovuto il giudice individuare quale fosse
stata nella fattispecie l’aggravante più grave e quindi applicare solo quest’ultima.

3. — Il ricorso è fondato e merita parziale accoglimento: la sentenza impugnata
va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Messina nei limiti
di cui in dispositivo.
3.1 — Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. Le doglianze difensive costituiscono nella sostanza eccezioni
In punto di fatto, poiché non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione
Impugnata ovvero in travisamento della prova, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti
probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole
alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perché in violazione della disciplina di cui all’alt. 606 cod. proc. pen.
(Giurisprudenza consolidata: Cass., Sez. Un. 2 luglio 1997, n. 6402, rv. 207944;
Sez. Un. 29 gennaio 1996, n. 930, rv. 203428; Sez. 1, 6 maggio 1998, n. 5285, rv.
210543; Sez. 5, 31 gennaio 2000, n. 1004, rv. 215745; Sez. 5, ord. 14 aprile
2006, n. 13648, rv. 233381). Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la
Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga
effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass., Sez. 4, 28
settembre 2004, n. 47891, rv. 230568; Sez. 5, 30 novembre 999, n. 1004, rv.
215745; Sez. 2, 21 dicembre 1993, n. 2436, rv. 196955). Il giudice del merito, con
argomentazioni esaustive, compiute e prive di vizi logici e giuridici, ha affrontato
tutte le tematiche agitate in giudizio e proposte nel gravame di appello esprimendo
valutazioni pertinenti oltre che connesse ad uno scrutinio analitico del compendio di
prova resosi disponibile in giudizio di cui ha dato, nella parte motivazionale,
sufficiente contezza. In particolare, in relazione alla prima censura, va osservato
che il giudice territoriale ha affrontato compiutamente la tematica dell’attendibilità
soggettiva e intrinseca del propalante evidenziando che i suoi precedenti penali non
Pubblica udienza: 26 febbraio 2013 — Trifirò Carmelo Salvatore —

RG: 30642/12, RU: 14;

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Motivi della decisione

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima

Sezione penale

lente evidenziando che i suoi precedenti penali non devono, solo per questo, viziare
la veridicità del narrato che ha trovato per vero in tutti gli elementi raccolti in giudizio un pieno e diretto riscontro. La circostanza, che il soggetto denunciante, per la
sua caratura e personalità, sappia ‘muoversi’ e affrontare le minacce ricevute, non
costituisce un momento di vanificazione della denuncia, bensì, come implicitamente
enunciato nella sentenza gravata, una dimostrazione di spontaneità e autenticità

3.2 — Da respingersi è anche la doglianza in relazione alla pretesa erronea valutazione di sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91. La circostanza
aggravante in questione sl applica per vero a tutti coloro, partecipi (o non) di qualche sodalizio criminoso, la cui condotta sia riconducibile a una delle due forme in

cul può atteggiarsi (aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste
dall’art. 416 bis cod. pen. ovvero ai fine di agevolare l’attività delle associazioni
previste dallo stesso articolo) e, per i soggetti partecipi, opera anche con riferimento al reati-fine dell’associazione (Sez. 1, Sentenza n. 2612 del 20 dicembre 2004,
rv. 23045, P.G. in proc. Tomasi e altri). Nella vicenda per cui è giudizio è stato in
modo condivisibile evidenziato dal giudice di merito come il metodo mafioso sia stato rilevabile non tanto e non solo dalla metodica propria del commesso reato, attraverso la minaccia posta in essere con le bottiglie incendiarie, ma anche nel significato che il fatto ha assunto in relazione alla consorteria criminosa cui si riferisce,

ponendosi come condotta perpetuativa delle finalità proprie del sodalizio di controllo e sfruttamento del territorio. La Corte di merito ha fatto ampio ed esaustivo rife-

rimento al fatto che l’aggravante fosse individuabile non solo sulla base della medesima tipologia dei reati posti in essere, ma anche per il tono della conversazione
registrata e da quanto riferito dai testi. Le estorsioni, in altre parole, si avvalevano
del contenuto minatorio proprio della matrice mafiosa e con tale stigma si è espressa nella vicenda.
3.3 — Parimenti da respingersi è la doglianza difensiva che afferisce alla pretesa
non compatibilità dell’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 con quella di cui all’art.
629 comma secondo cod. pen.
3.3.1 — Si intende sul punto dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale tracciato con la sentenza delle Sezioni Unite (Cass., U, 28 marzo 2011, n. 10, Cinalli e
altri) con cui è stato stabilito che in tema di rapina ed estorsione, la circostanza aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 può concorrere con quella di cui all’art. 628
comma terzo n. 3 e 629 comma secondo cod. pen. In forza della più volte ribadita

Pubblica udienza: 26 febbraio 2013 — Trifirt)C.armelo Salvatore — RG: 30642/12, RU: 14;

del soggetto.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

autonomia del reato mezzo rispetto a quelli fine posto che attraverso questi ultimi
si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima.
3.4 — Il quarto motivo di ricorso manifestamente privo di fondatezza.
3.4.1 — Le censure esposte dal ricorrente si risolvono in mere sovrapposizioni
argomentative all’interpretazione probatoria ampiamente fornita dal giudice che,

l’irrilevanza della mancata conoscenza degli esatti termini estorsivi portati avanti
dal predecessore, stante il fatto che il Trifirò era stato arrestato improvvisamente
senza poter riferire dello stato dell’estorsione in atto.
3.5 — Anche il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.5.1 — Il rilievo difensivo sul punto è generico e aspecifico.
3.6 — Meritevole di accoglimento è invece il sesto motivo di ricorso che deve ritenersi assorbito nell’accoglimento del terzo motivo. Stante la compresenza di due
circostanze a effetto speciale, si è verificata nella fattispecie la violazione di cui all’art. 63 comma terzo cod. proc. pen. soggiacendo le medesime, in caso di concorso
con circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola dell’applicazione della pena
prevista per la circostanza più grave (Sez. U, 24 febbraio 2011, n. 20798, rv.
249664, P.G. in proc. Indelicato).
Il giudice del rinvio dovrà pertanto operare tale tipo di valutazione rideterminando, di conseguenza, il trattamento sanzionatorio irrogando.
4. — Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 624 cod. proc.
pen. come da dispositivo

per questi motivi
annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e
rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di Appello di Reggio Calabria.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 10 aprile 2013

Pubblica udienza: 26 febbraio 2013 — Trifirò Carmelo Salvatore — RG: 30642/12, RU:

14;

oltre alle argomentazioni spese in modo logico ed esaustivo, implicitamente osserva

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