Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23652 del 04/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23652 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARINO BENEDETTO N. IL 22/04/1978
avverso l’ordinanza n. 654/2012 TRIBUNALE di PALERMO, del
05/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
P-21TY‘a4A-(1,
lette/seatite-le conclusioni del PG Dott.
e—ito
4~,

Uditi difensor Avv.;

L.

Data Udienza: 04/04/2014

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5.11.2012 il Tribunale di Palermo ,in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta presentata da Marino
Benedetto di applicazione della disciplina della continuazione sui fatti
giudicati con le seguenti sentenze: 1) sentenza del Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Palermo del 2.3.1997, irrevocabile il
16.10.2000, di condanna per i reati di rapina aggravata, ricettazione,

20.9.1996; 2) sentenza del Tribunale di Palermo del 17.3.2003 di
condanna per il reato di ricettazione di un ciclomotore commesso in
epoca antecedente al 10.8.1996; 3) sentenza del Tribunale di Palermo
del 15.11.2002 di condanna per il reato di ricettazione commesso il
5.8.1996.
Avverso l’ordinanza di rigetto il condannato personalmente ricorre
per cassazione chiedendo il riconoscimento della continuazione poiché
alla base di tutti i reati vi è il problema di tossicodipendenza del
ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché proposto per motivi non ammessi nel
giudizio di legittimità.
1.11 Tribunale, premesso che la continuazione in sede esecutiva era
già stata concessa in relazione agli episodi di ricettazione giudicati con le
sentenze di condanna n.2) e 3), ha osservato che la ricettazione,
compresa nel reato continuato di rapina aggravata ed altro per cui era
intervenuta la condanna sub 1), non aveva alcun collegamento con le
precedenti ricettazioni di due ciclomotori, avendo avuto ad oggetto
l’autovettura utilizzata per la commissione della rapina, mentre i reati di
resistenza e lesioni volontarie ugualmente compresi nel reato continuato
della condanna sub 1) erano del tutto eterogenei; ha ritenuto di per sé
ininfluente il dedotto stato di tossicodipendenza del ricorrente, attesa la
rilevata mancanza obiettiva degli elementi necessari per la sussistenza
del medesimo disegno criminoso.
2.La motivazione è giuridicamente corretta, avendo questa Corte
ripetutamente affermato il principio che, in tema di riconoscimento della
continuazione in sede esecutiva, lo “status” di tossicodipendente può

resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie, commessi in Palermo il

i

essere preso in considerazione per giustificare l’unicità del disegno
criminoso con riferimento ai reati che siano collegati e dipendenti dallo
stato di tossicodipendenza, sempre che sussistano anche le altre
condizioni per la sussistenza della continuazione. (Sez. 1, n. 33518 del
07/07/2010, Trapasso, Rv. 248124).
Il ricorso non denuncia vizi di legittimità ma formula una censura in
fatto, richiedendo a questa Corte di sostituirsi al giudice di merito

tossicodipendenza ai fini del riconoscimento della continuazione.
3. Per completezza di motivazione, occorre anche considerare la
finalità della norma in materia di applicazione della continuazione in sede
esecutiva prevista dall’art.671 cod.proc.pen., diretta ad evitare che la
regola della celebrazione di processi separati, che ispira il codice di rito,
possa determinare una situazione di pregiudizio e svantaggio per
l’imputato sottoposto a processi distinti ed autonomi, il quale può
versare nella impossibilità di ottenere nella fase della cognizione
l’applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio previsto
dall’art.81 comma 2 cod.pen., al quale invece può accedere l’imputato
sottoposto a processo cumulativo. In tale ottica è evidente il carattere
residuale e subvalente della competenza attribuita dall’art.671
cod.proc.pen. al giudice dell’esecuzione, il cui intervento è precluso
quando della questione relativa alla sussistenza del vincolo della
continuazione si sia occupato il competente giudice della cognizione, in
conformità al principio della intangibilità del giudicato. ( in tal senso Sez.
1, n. 4292 del 26/10/1992, La Montagna, Rv. 192399).
Dalla rilevata “ratio” della norma e dai maggiori e più celeri spazi di
accertamento propri del giudizio principale di cognizione è desumibile la
sussistenza (se non di un vero e proprio onere) di una evidente
convenienza in capo all’interessato, che dovrebbe essere il principale e
sicuro conoscitore dell’unitario disegno criminoso da lui asserito, a
prospettare, nella prima sede processuale utile, la ritenuta sussistenza
del vincolo della continuazione tra i fatti per cui è stato giudicato in
separati processi: prospettazione alla cui mancata effettuazione è
ragionevolmente attribuibile il valore di apprezzabile “indice negativo”
dell’esistenza del detto disegno.

formulando un diverso apprezzamento circa la rilevanza della

Questa è la situazione verificatasi nel caso di specie, in cui il
ricorrente, pur essendo nella condizione processuale per esercitare tale
facoltà, ha omesso di richiedere allo stesso giudice della cognizione, sia
nel processo deciso con la sentenza sub 2) del 17.3.2003, sia in quello
deciso con la sentenza sub 3) del 15.11.2002, il riconoscimento del
vincolo della continuazione con i fatti già giudicati con la sentenza sub 1)
divenuta irrevocabile il 5.4.2000.

condannato al pagamento delle spese processuali e, sussistendo il
presupposto soggettivo, al versamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento in favore della
Cassa delle ammende della somma di euro mille
Così deciso il 4.4.2014.

A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente deve essere

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