Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23645 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23645 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUCURACHI CORRADO N. IL 10/12/1964
avverso l’ordinanza n. 79/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
21/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lettetentil le conclusioni del PG Dott. Oso; ft, t t (WA tro 1.43 utt. Lod.

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Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 21.11.2012 la Corte d’Appello di Lecce, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con cui Cucurachi Corrado aveva
chiesto l’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, ex
art. 671 del codice di rito, con riguardo ai fatti giudicati con quattro diverse
sentenze, di cui quelli oggetto delle prime tre – relativi a più violazioni degli artt.
416 bis cod. pen., 73, 74 e 80 DPR n. 309 del 1990, 10 e 12 legge n. 497 del
1974, commessi in Lecce e provincia in un arco temporale compreso tra l’anno

secondo cod. pen. dal giudice dell’esecuzione con ordinanza emessa 1’8.01.2010.
La Corte territoriale rilevava che mentre le serie fattuali oggetto delle prime tre
sentenze erano effettivamente riconducibili all’attuazione del medesimo disegno
criminoso afferente la gestione sul territorio salentino degli affari illeciti di
pertinenza della frangia facente capo alla famiglia Tornese dell’organizzazione
mafiosa denominata Sacra Corona Unita, di cui il Cucurachi faceva parte con
compiti di spicco, in particolare nel settore del traffico degli stupefacenti, i reati
oggetto dell’ultima sentenza, pronunciata il 4.11.2009 dalla Corte d’Appello di
Lecce – relativi al tentato omicidio di Giancane Roberto commesso il 20.05.2002,
al grave atto intimidatorio realizzato nei confronti del predetto 1’1.07.2003 e al
ferimento di Doria Salvatore avvenuto il 14.02.2003 – benchè aggravati ex art. 7
legge n. 203 del 1991 e posti in essere dal Cucurachi per affermare la
supremazia del proprio gruppo criminale, erano tuttavia scaturiti da circostanze
contingenti e occasionali, legate a episodi improvvisi e imprevisti di
insubordinazione da parte di personaggi della malavita locale che avevano
generato la reazione violenta del gruppo mafioso dominante, così che per la loro
natura estemporanea non potevano ritenersi deliberati ab origine, quantomeno
nei loro elementi essenziali, quali momenti attuativi di un unico disegno
delittuoso iniziale, e non potevano perciò essere unificati sotto il vincolo della
continuazione coi fatti giudicati dalle altre, precedenti, sentenze.
2.

Ricorre per cassazione Cucurachi Corrado, a mezzo dei suoi difensori,

deducendo due motivi di doglianza in forza dei quali chiede l’annullamento
dell’ordinanza impugnata.
2.1. Col primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge, in relazione
all’art. 81 cod. pen., e vizio di motivazione, lamentando che, pur avendo il
Tribunale riscontrato nei fatti giudicati con la sentenza 4.11.2009 della Corte
d’Appello di Lecce l’elemento finalistico unificante derivante dal riconoscimento
dell’aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991, in relazione alla
commissione dei reati allo scopo di garantire la supremazia e la forza espansiva
del gruppo criminale d’appartenenza, aveva illogicamente e contraddittoriamente
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2000 e il mese di febbraio del 2004 – erano già stati unificati ex art. 81 comma

escluso la ricorrenza del vincolo della continuazione coi fatti giudicati con le altre
tre sentenze pronunciate nei confronti del Cucurachi, nonostante le coincidenze
territoriali e temporali (trattandosi di fatti commessi – tutti – nel circondario di
Lecce, all’interno del medesimo periodo compreso tra il gennaio del 2000 e il
giugno del 2003), la parziale identità dei soggetti responsabili (in particolare il
Cucurachi e il Friolo, altro esponente del medesimo sodalizio criminoso), e la
causale comune rappresentata dall’accrescimento della forza intimidatrice
dell’organizzazione mafiosa derivante dalle violente “lezioni” impartite agli

2.2. Col secondo motivo, il ricorrente deduce inosservanza di legge e vizio di
motivazione, lamentando l’erronea attribuzione, da parte del provvedimento
impugnato, di un carattere episodico, occasionale e contingente ai fatti giudicati
con l’ultima sentenza, senza indicare le ragioni che supportavano tale giudizio e
la sua idoneità a escludere il vincolo della continuazione tra i fatti stessi.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile.
4. Con successiva memoria, il ricorrente ribadisce gli elementi che militano a
sostegno dell’esistenza di un medesimo disegno unificatore di tutti i fatti
commessi dal Cucurachi, rilevando che i reati oggetto delle sentenze pronunciate
il 19.03.2007 dal GUP del Tribunale di Lecce e il 4.11.2009 dalla Corte d’Appello
di Lecce erano stati unificati sotto il vincolo della continuazione nei confronti del
coimputato Friolo Giuliano con ordinanza emessa il 23.10.2013 dal giudice
dell’esecuzione, e che le motivazioni addotte dalla DDA di Lecce a supporto della
richiesta di rinnovo del regime penitenziario ex art. 41-bis ord.pen. nei confronti
del Cucurachi avevano valorizzato la ricollegabilità degli attentati alla vita del
Giancane e all’integrità fisica del Doria alle dinamiche conflittuali insorte tra
gruppi mafiosi contrapposti per il controllo del territorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Occorre ribadire che l’accertamento del requisito della unicità del disegno
criminoso, agli effetti dell’applicazione della disciplina del reato continuato,
costituisce una tipica questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di
merito (al giudice dell’esecuzione, nel caso di specie), il cui apprezzamento è
sindacabile in sede di legittimità soltanto ove non sia sorretto da un’adeguata
motivazione (Sez. 6 n. 49969 del 21/09/2012, Rv. 254006; Sez. 4 n. 25094 del
13/06/2007, Rv. 237014).
3. L’ordinanza impugnata ha escluso la sussistenza delle condizioni per ravvisare
un’identità di disegno criminoso tra i fatti, costituiti da plurime violazioni dell’art.
416 bis cod. pen. e della disciplina delle armi e delle sostanze stupefacenti,
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esponenti dei gruppi antagonisti.

giudicati con le prime tre sentenze ivi richiamate (e già unificati tra loro ex art.
81 capoverso cod. pen. dal giudice dell’esecuzione nei confronti del Cucurachi),
coi delitti contro la persona giudicati con la sentenza pronunciata il 4.11.2009
dalla Corte d’Appello di Lecce, sulla base di argomentazioni puntuali, congrue e
logicamente coerenti, che risultano incensurabili in questa sede di legittimità: il
secondo motivo di ricorso, che si esaurisce in una mera censura di fatto del
carattere episodico, occasionale e contingente motivatamente attribuito dal
giudice dell’esecuzione ai reati oggetto di quest’ultima sentenza, deve pertanto

4. Il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione alla fattispecie del
principio di diritto, affermato da Sez. 1 n. 13609 del 22/03/2011, Rv. 249930,
secondo cui non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e i reati
fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed
essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine
perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non
immaginabili al momento della costituzione dell’associazione (e ciò con riguardo
al caso, speculare a quello in esame, in cui era stato invocato il riconoscimento
in sede esecutiva della continuazione tra il reato di associazione di tipo mafioso e
un duplice omicidio commesso da un associato, basato sulla tesi – disattesa dalla
Corte – che per ritenere la continuazione sarebbe stato sufficiente il rapporto di
strumentalità del reato-fine alla funzionalità della cosca mafiosa).
La ricorrenza, nei reati da ultimo giudicati con la sentenza 4.11.2009 della Corte
d’Appello di Lecce, dell’aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991
non può dunque valere ex se a determinarne la riconduzione alla medesima
risoluzione criminosa riguardante la commissione del reato associativo e degli
altri delitti realizzati in attuazione dell’iniziale programma delittuoso, proprio
perché l’estemporaneità degli attentati alla vita e all’integrità fisica del Giancane
e del Doria, occasionati dall’esigenza di reprimere con la violenza singoli episodi
di insubordinazione o contrapposizione alla supremazia dell’organizzazione
criminale insorti in circostanze contingenti – secondo l’apprezzamento congruo e
sorretto da motivazioni ineccepibili dell’ordinanza impugnata – è stata
correttamente giudicata idonea a escludere che la loro esecuzione fosse stata
deliberata in origine dal Cucurachi fin dal momento della sua adesione al
sodalizio criminoso; il primo motivo di ricorso è dunque infondato, così come le
argomentazioni di supporto sviluppate nella memoria depositata dal ricorrente.
Nessuna incidenza sulla correttezza logico-giuridica della decisione impugnata,
che va apprezzata in via autonoma con riferimento al contenuto intrinseco del
provvedimento scrutinato, può, infine, discendere dal riconoscimento, in forza di
altra e successiva ordinanza del giudice dell’esecuzione, emessa il 23.10.2013

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essere dichiarato inammissibile.

nei confronti di altro soggetto (Friolo Giuliano), del vincolo della continuazione
tra i fatti giudicati con la sentenza 4.11.2009 della Corte d’Appello di Lecce e una
parte dei reati – commessi dal Friolo in concorso col Cucurachi – ai quali si
riferisce la richiesta di applicazione dell’art. 671 cod.proc.pen. formulata dal
Cucurachi, trattandosi di una posizione soggettiva diversa da quella dell’odierno
ricorrente, separatamente giudicata e valutata sia in sede di cognizione che in
executivis.
6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21/02/2014

spese processuali.

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