Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2364 del 05/12/2017

Penale Sent. Sez. 4 Num. 2364 Anno 2018
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.
rappresentante
avverso il provvedimento del G.I.P. del TRIBUNALE di TORINO in data
07/04/2017
visti gli atti;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona della dott.ssa Mariha DI NARDO, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Data Udienza: 05/12/2017

Ritenuto in fatto
1. Con decreto in data 07/04/2017, il G.i.p. del Tribunale di Torino ha
dichiarato inammissibile l’opposizione a decreto di condanna emesso dal
G.i.p. del Tribunale di Pinerolo, proposta dal difensore di fiducia della s.n.c.
A.A.., ente al quale il decreto era stato notificato
ai sensi e per gli effetti di cui al d.lgs. 231 del 2001, per difetto di un atto di

procura speciale era stata conferita al solo fine di proporre opposizione ex
art. 461 cod. proc. pen. e non di costituirsi nel processo.
2. La difesa dell’ente ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge, rilevando che il decreto
penale non conteneva l’informazione di garanzia, cosicché, sulla scorta dei
principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, i poteri difensivi
dell’ente non potevano considerarsi limitati dalla mancata costituzione a
norma dell’art. 39 del d.lgs. 231 del 2001.
In particolare, quanto al contenuto dell’informazione di garanzia, la difesa
ha richiamato l’art. 57 del decreto da ultimo citato, a tenore del quale essa
deve contenere l’invito a dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni,
nonché l’avvertimento che per partecipare al procedimento la parte deve
depositare la dichiarazione di cui all’articolo 39, comma 2 del decreto stesso.
Con il secondo motivo, ha dedotto analogo vizio, rilevando l’estinzione del
reato per prescrizione, maturata in data 22 dicembre 2014, essendosi il
reato presupposto consumato il 22 dicembre del 2009, a fronte di un decreto
penale notificato solo il 04 ottobre 2016, senza effetto interruttivo del
decorso del relativo termine.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Nel provvedimento impugnato, il G.i.p. torinese ha ritenuto che – in
tema di responsabilità dell’ente da reato – l’esercizio dei diritti di difesa, in
qualsiasi fase del procedimento a suo carico, è subordinato all’atto formale di
costituzione a norma dell’art. 30 del d.lgs. 231 del 2001, con conseguente
inammissibilità dell’attività difensiva eventualmente espletata e che tale
preclusione è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento.
Quel giudice ha, in sostanza, operato una interpretazione delle norme
suffragata dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la presenza

costituzione ai sensi dell’art. 39 co. 2 d.lgs. 231 citato, e sul rilievo che la

dell’ente nel processo si differenzia da quella dell’imputato persona fisica, la
regola di cui al richiamato art. 39 evocando una formalizzazione della
partecipazione al processo più simile, pur con le debite distinzioni, a quella
delle altre parti private del processo.
3. Il primo motivo è manifestamente infondato.
4.

Parte ricorrente ha proposto una lettura del precedente

giurisprudenziale citato anche dal G.i.p. per nulla coerente con i principi di
diritto in quella sede enunciati.
Il Supremo Collegio (cfr. Sez. U., sentenza n. 33041 del 28/05/2015,

tra le sezioni semplici in ordine alla specifica questione se, in materia di
responsabilità degli enti da reato, fosse ammissibile la richiesta di riesame ex
art. 324 cod. proc. pen. avverso il decreto di sequestro preventivo, proposta
dal difensore di fiducia dell’ente, in difetto della previa formale costituzione a
norma dell’art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001, dando al quesito risposta
affermativa, con alcune precisazioni che assumono rilievo dirimente ai fini
d’interesse.
In quella sede, infatti, la Corte ha premesso che nessuna delle due
principali tesi all’origine del contrasto di giurisprudenza (vale a dire: diritto
incondizionato dell’ente indagato alla nomina di un difensore di fiducia per
l’esercizio di tutte le facoltà difensive, a prescindere dalla costituzione nel
procedimento; negazione di qualsiasi legittimazione del difensore di fiducia
eventualmente nominato dal rappresentante legale dell’ente, ove non
effettuata nel contesto della dichiarazione di costituzione ai sensi dell’art. 39
del d.lgs. 231/2000) consentiva da sola di delineare un quadro ricostruttivo
della materia, del tutto coerente anche con la disciplina del codice di rito,
pure espressamente richiamata, in quanto compatibile, dagli art. 34 e 35 del
decreto n. 231, in tema di diritti difensivi dell’imputato (estesi

ex lege

all’indagato dall’art. 61, cod. proc. pen.). Restava, infatti, irrisolto il profilo
del modo «attraverso il quale l’ente che si trovi ad essere destinatario di
attività di indagine in relazione alla quale è sancito il diritto del difensore
fiduciario di assistere – con immediatezza da parametrare alla indifferibilità
dell’atto stesso – prestando la propria, a volte non secondaria, attività
professionale, possa in concreto esercitare tale diritto, che rimanda
direttamente ad una tutela che la Costituzione (art. 24 Cost.) vuole
“inviolabile”>>.
Ribadita la centralità – per la definizione della “rappresentanza dell’ente” dell’art. 39 del decreto n. 231, la Corte ne ha sottolineato l’inequivocabile
tenore letterale, rilevando al contempo come, al primo comma, il legislatore
abbia inteso dare visibilità concreta ad un soggetto altrimenti non dotato
della fisicità propria dell’imputato/indagato; al secondo, tracciare un

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Gabrielloni), nell’occorso, era stato chiamato a dirimere un contrasto insorto

percorso «la cui opzionabilità va puntualizzata. L’ente, cioè, per mezzo dei
suo rappresentante legale può scegliere se intenda o meno partecipare al
procedimento, ma nel primo caso è tenuto a seguire un percorso
procedimentale inderogabile che è quello della costituzione mediante il
deposito della dichiarazione: la quale è finalizzata, per l’appunto, a
“presentare” l’ente – anche nelle vicende modificative eventuali e successive
– ossia a far emergere elementi che sono certamente il frutto della sua
autonomia negoziale … … e che, per questo, il legislatore chiede siano
formalizzati già nel procedimento».

partecipativa, un richiamo alla posizione delle parti private, come
chiaramente desumibile dal fatto che la procura richiesta per la costituzione
è quella (ex art. 100 cod. proc. pen.) espressamente disciplinata per le
figure della parte civile, del responsabile civile e della persona civilmente
obbligata per la pena pecuniaria, tuttavia tali analogie non possono essere
spinte oltremisura, sino ad una assimilabilità a tali figure di quella dell’ente
nel procedimento, non essendovi «evidenze normative, ad esempio, che
consentano di affermare che il responsabile civile abbia diritto alla nomina di
un difensore di ufficio se non si costituisce ovvero che fosse soggetto alla
dichiarazione di contumacia, a differenza di quanto previsto per l’ente
indagato».
Nel ricostruire il sistema di rappresentanza dell’ente nel procedimento
penale, il Supremo Collegio ha sottolineato la peculiarità della posizione di
tale soggetto, rispetto all’imputato/persona fisica, ricollegandola alla
complessità soggettiva e alla necessaria articolazione di un procedimento
formativo della sua volontà (anche attraverso organi collegiali) e alla
necessità di garantirne una rappresentanza il più possibile scevra da sospetti
di inquinamenti o conflitti d’interesse (il riferimento è all’art. 39 co. 1 d.lgs.
231/2001 che disciplina proprio il caso di rappresentante legale che sia
anche imputato del reato presupposto). Cosicché, in difetto dei previsti
adempimenti, l’ente viene a trovarsi in una posizione, solo parzialmente
riecheggiante quella delle parti private (le quali o si costituiscono o non
godono di altra veste per interloquire, la loro presenza nel processo avendo
natura eventuale ed essendo finalizzata alla tutela di interessi privati);
poiché esso <<… resta un soggetto indagato e in tale veste è non solo destinatario di tutte le iniziative del pubblico ministero finalizzate all’eventuale attivazione del processo ma anche, ineludibilmente, di tutte le garanzie assicurate a quest’ultimo, da intendersi realizzate, queste ultime, nella ottica della effettività di una difesa piena e non sospetta di contaminazioni, o attraverso il difensore di fiducia oppure, in mancanza di tale atto, attraverso la nomina del difensore di ufficio. 4 Pertanto, se pure debba cogliersi, nella definizione di tale modalità Il passaggio motivazionale più rilevante, tuttavia, ai fini del presente esame, resta quello in cui la Corte evidenzia la necessità che il sistema di rappresentanza (e la correlata effettività della difesa tecnica) dell’ente così delineato sia ulteriormente integrato in via interpretativa «con riferimento a quei passaggi procedimentali in cui lo schema rischia di rimanere un flatus vocis perché di fatto la rapidità e la sorpresa della iniziativa investigativa del pubblico ministero non renderebbero effettiva la possibilità dell’ente di realizzare una utile opzione per la costituzione nel procedimento, a volte subordinata, in base alle dimensioni e configurazione dell’ente stesso, anche richiedono tempi tecnici di qualche apprezzabilità>>. Il rinvio, nella sentenza
in commento, è «agli atti c.d. a sorpresa o comunque caratterizzati da
rapidità e urgenza nella rispettiva esecuzione, con riferimento soprattutto
alla fase iniziale del procedimento nella quale l’ente non ha avuto, a volte,
neppure sentore della pendenza delle indagini a proprio carico o comunque
lo ha avuto in termini tali da non consentirgli di fatto il ricorso alla procedura
ex art. 39 in tempo utile per l’esercizio delle facoltà di reazione» e,
comunque, a tutte le ipotesi assimilabili, in cui è indubbio che la nomina del
difensore di fiducia da parte del legale rappresentante dell’ente, secondo il
disposto dell’art. 96 cod. proc. pen., abilita quello al pieno esercizio delle
facoltà descritte dalle norme di volta in volta considerate. E, in linea di
principio, secondo il Supremo Collegio, detta nomina – anche a prescindere
dalla costituzione nel procedimento – legittima il difensore di fiducia <<… alle
ulteriori e connesse iniziative nell’interesse dell’ente quali l’attivazione delle
procedure di impugnazione cautelare, non meno connotate da urgenza, con
esercizio di poteri che non possono essere meno ampi di quelli riconoscibili,
nello stesso frangente, al difensore di ufficio che fosse designato in assenza
della nomina del difensore di fiducia».
Il sistema così ricostruito incontra, tuttavia, il limite oggettivo degli atti
personalissimi (sottratti comunque al difensore tecnico), ma anche quello, di
tipo cronologico, che configura una concatenazione delle due realtà
procedimentali descritte, rappresentato dal disposto di cui all’art. 57 del
d.lgs. 231 del 2001: detta norma, infatti, stabilisce che l’informazione di
garanzia all’ente contiene, tra l’altro, l’avvertimento che, per partecipare al
procedimento, deve depositare la dichiarazione di cui all’art. 39, comma 2.
La regola citata vale, cioè, a giudizio delle Sezioni Unite (e per come
espressamente affermato da quel giudice) a rendere <<… tracciabile la
situazione procedimentale a partire dalla quale l’urgenza della reazione
difensiva non può più prevalere – restringendola – sull’area della operatività
dell’art. 39 d.lgs. cit., il quale torna così a presidiare con le proprie regole
l’incedere della fase …», atteso che l’informazione di garanzia <<… serve

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ad attivazione di organi consiliari e alla espressione di volontà collegiali che

ad allertare l’ente circa gli oneri partecipativi al procedimento, una sorta di
messa in mora per effetto della quale quello può venirsi a trovare nella
condizione di non versare più nella situazione della imprevedibilità e della
urgenza della reazione» che la Corte ha ritenuto incompatibili con i tempi
della costituzione nel procedimento.
In altri termini, se la notificazione dell’informazione di garanzia – con
l’avvertimento formale dell’onere di cui all’art. 39 – avviene con una cadenza
temporale diversa, perché successiva ad esempio all’atto urgente, allora
«non può dirsi che la notificazione della informazione di garanzia abbia

evaporare quella condizione di sorpresa che si pretende … di tutelare. Questa
condizione resta cioè pienamente integrata e le esigenze difensive dell’ente
non può richiedersi siano esplicate dal procuratore di un soggetto già
costituito nel procedimento, perché in tal caso non godrebbero di una tutela
effettiva, per la impossibilità del verificarsi della condizione».
In conclusione, secondo il Supremo Collegio, il difensore di fiducia
dell’ente munito di regolare procura conserva <<… tutte le facoltà connesse
con il mandato, solo prima della costituzione dell’ente, per l’espletamento dei
diritti correlati alle attività della parte pubblica che si presentino col carattere
della imprevedibilità e della urgenza», la legittimazione di quel difensore
essendo naturalmente destinata ad essere validata dalla successiva
costituzione dell’ente che confermi, nella relativa dichiarazione, la sua
nomina. Viceversa, <<… nei casi diversi da quelli appena evocati e
segnatamente, tra l’altro, in tutti i frangenti e i segmenti procedimentali che
seguono l’informazione di garanzia contenente l’avvertimento della necessità
della costituzione per partecipare al procedimento, il mancato esercizio di
tale onere deve essere ritenuto come una precisa opzione processuale che
vale a incidere negativamente, travolgendola ex lege, anche sulla
legittimazione del difensore di fiducia, i cui poteri restano incapaci di
produrre effetti procedimentali, con il conseguente subentro di quelli del – a
questo punto indispensabile – difensore di ufficio».
5. Così richiamati i principi formulati dalle Sezioni Unite, nel recente
arresto giurisprudenziale, deve innanzitutto rilevarsi che parte ricorrente ne
ha proposto una lettura estensiva, tuttavia manifestamente infondata,
proprio alla luce delle premesse operate dal giudice di legittimità, con
riferimento allo speciale statuto della rappresentanza e difesa tecnica
fiduciaria dell’ente nel procedimento penale e del netto discrimine delineato
con specifico riferimento agli atti imprevedibili ed urgenti.
In altri termini, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover armonizzare con il
principio inviolabile di difesa quello della necessaria preventiva costituzione
in giudizio per l’esercizio delle prerogative difensive ricollegabili alla nomina

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prodotto l’effetto sollecitatorio che le è proprio e che varrebbe a far

fiduciaria di un difensore, in base al chiaro disposto di cui all’art. 39 d.lgs.
231 del 2001 che resta, tuttavia, cardine del sistema delineato dal
legislatore del 2001.
Tale armonizzazione hanno ritenuto di ricercare nella ipotesi specifica del
compimento di atti che, per loro natura, vanificherebbero di fatto una
effettiva esplicazione di quelle prerogative difensive, anche in questo caso
individuando un preciso discrimine cronologico, a seconda che l’ente abbia o
meno ricevuto l’informazione di garanzia. Cosicché, ove un atto indifferibile e
urgente sia stato preceduto da tale informazione (che, si ricorda, per l’ente

procedimento, deve essere depositata la dichiarazione di cui all’art. 39 co. 2,
secondo quanto previsto dall’art. 57 dello stesso d.lgs. 231 del 2001), la
soluzione resta quella della necessaria, preventiva costituzione nel
procedimento; allorché, invece, tale sorta di “messa in mora” sulle
successive strategie processuali dell’ente non vi sia stata, allora il difensore
di fiducia, nominato dal rappresentante legale dell’ente non costituito nel
procedimento, deve ritenersi legittimato ad assumere iniziative nell’interesse
dell’ente connotate da urgenza, con esercizio di poteri che non potranno
essere meno ampi di quelli riconoscibili, nello stesso frangente, al difensore
di ufficio che fosse designato in assenza della nomina del difensore di fiducia.
6. Nel caso all’esame, non può dubitarsi del fatto che si versi al di fuori
delle situazioni individuate in termini generali dal giudice di legittimità: il
decreto di condanna, infatti, così come lo speciale strumento di
impugnazione previsto dall’art. 461, cod. proc. pen., non riproduce quella
sequenza temporale propria dell’atto indifferibile e urgente al quale le
Sezioni Unite hanno fatto espresso riferimento, cosicché deve ritenersi del
tutto inconferente uno scrutinio del momento in cui l’ente abbia avuto
conoscenza del procedimento, avendo la parte esercitato una precisa
opzione processuale (non costituirsi nel procedimento), tale da travolgere la
legittimazione del difensore di fiducia, i cui poteri non possono produrre
effetti procedimentali, con conseguente legittimità della nomina di un
difensore d’ufficio.
La decisione impugnata deve, pertanto, considerarsi del tutto coerente con
tali principi, a nulla rilevando il mancato invio dell’informazione di garanzia
(richiesta dall’art. 369 cod. proc. pen. solo allorché il P.M. debba compiere
un atto al quale ha diritto di assistere il difensore) o della informazione di cui
al successivo art. 369 bis, atteso che, nel caso concreto, è stato notificato
all’ente il decreto di applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 64 del
d.lgs. 231 del 2001; e parimenti irrilevante l’omesso avviso delle formalità di
partecipazione al procedimento, previsto dall’art. 57 d.lgs. 231 del 2001 solo
nel caso di invio di informazione di garanzia.
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deve essere corredato anche dell’avvertimento che, per partecipare al

7. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
La richiesta di emissione di decreto che applica la sanzione pecuniaria
all’ente deve, intanto, ritenersi atto interruttivo ai sensi dell’art. 22 del d.lgs.
231 del 2001, in quanto contiene la contestazione dell’illecito amministrativo
a norma dell’art. 59, norma che rinvia, infatti, direttamente all’art. 405 cod.
proc. pen., che riguarda per l’appunto gli atti d’esercizio dell’azione penale.
Sicché, ove essa intervenga entro cinque anni dalla consumazione del
reato presupposto, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe la
prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in

commi 2 e 4, d.lgs. 231 del 2001 [cfr. sez. 2, n. 10822 del 15/12/2011 Ud.
(dep. 20/03/2012), Rv. 256705; sez. 5 n. 50102 del 22/09/2015, Rv.
265588].
Nel caso in esame, deve peraltro rilevarsi che il decreto che ha applicato la
sanzione pecuniaria è stato emesso il 19 luglio 2012 (e depositato il
successivo 20 luglio 2012), senza che possa assumere alcun rilievo la data
della sua notificazione [cfr., sul punto specifico, sez. 4, n. 40281 del
26/09/2007, Rv. 237885; sez. 3 n. 26732 del 05/03/2015, Rv. 264030 (in
fattispecie in cui la Corte ha addirittura ritenuto l’effetto interruttivo dalla
data di emissione, anche per il caso in cui l’atto non sia mai stato notificato
all’imputato o venga successivamente revocato); n. 1460 del 28/11/2012
Ud. (dep. 11/01/2013), Rv. 254267].
Cosicché, tenuto conto dell’art. 22 del d.lgs. 231 del 2001 e della data di
commissione del reato presupposto (22 dicembre 2009 – denuncia del 29
gennaio 2010), il termine di prescrizione non era comunque decorso al
momento dell’emissione del decreto opposto.
8. All’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente società al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il 05 dicembre 2016.
Il Presidente

Il Consigliere estensore

Rocco Marco Blaiotta

Gabriella Cappello

giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi degli artt. 59 e 22,

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