Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23598 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23598 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

N. 16997/2012

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

1) PASINA CARLA 18/3/1927
2) QUADRI° MAURIZIO n. 25/6/1960
3) CONFORTI ENZO n. 2/5/1956
avverso la sentenza n. 2256 dell’8/6/2011 della CORTE DI APPELLO DI
MILANO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ROBERTO ANIELLO che
ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.

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Udito il difensore avv. FRANCESCA PEDRAZZIZhe ha chiesto l’annullamento

della sentenza nel confronti di Pasina in quanto deceduta e raccoglimento del
ricorso nell’interesse di Quadri°.
Udino Il difensore avv. MASSIMILIANO ROSSI in sostituzione dell’avv.
MAURIZIO GEROSA che ha chiesto raccoglimento del ricorso nell’interesse di
Conforti.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Milano con sentenza dell’8 giugno 2011 confermava
la condanna di Pasina Carla, Quadri° Maurizio e Conforti Enzo emessa il 17
giugno 2010 dal tribunale di Varese per

a) Reato di cui agli artt. 76 dpr 445.2000 e 483 cod. pan. perché in varie
qualità rivestite dai ricorrenti nella gestione delle società Quadrio Costruzioni,

Data Udienza: 11/04/2013

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Impreval costruzioni, Morani Costruzioni, rendevano false dichiarazioni in
autocertificazione per partecipare a due gare di appalto del comune di Lu/no;
falsità consistente nella attestazione di assenza di situazioni di controllo ai sensi
dell’articolo 2359 codice civile con altri concorrenti.
b) Reato di cui agli artt 56 e 353 cod. pen. poiché tale condotta integrava il

tentativo di turbare fraudolentemente le gare di appalto in questione facendovi
partecipare imprese riconducibili ad un unico centro decisionale.
2. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, Pasina ed i quattro figli
esercenti attività nel settore delle costruzioni:
– I quattro figli erano soci della Quadrio Costruzioni e la Pasina ne era
legale rappresentante.
– Tutti insieme erano proprietari della società Marcora 3 che, a sua volta,
aveva la proprietà esclusiva della Impreval Costruzioni.
– Tutti insieme erano titolari del 91% del capitale della società Valcervia
che aveva la proprietà esclusiva della Morani Costruzioni.
Oltre a tale evidente collegamento “proprietario” fra le tre società Quadrio,
Impreval e Morani, vi era anche un chiaro collegamento sostanziale e funzionale:
– Innanzitutto i legali rappresentanti/amministratori della Impreval e della
Morani erano dipendenti della Quadrio.
– Inoltre significative circostanze di fatto dimostravano che i responsabili
delle tre società avevano agito congiuntamente proprio in occasione delle gare
d’appalto cui si fa riferimento nel processo, perché le relative domande erano
state predisposte da un unico centro decisionale: infatti le tre domande erano
state inviate dal medesimo luogo tramite il medesimo corriere in orari
sequenziali con identica grafica delle lettere ed identica grafia degli indirizzi
manoscritti sulle buste e, infine, con offerte di ribasso estremamente vicine fra
loro.
3. Così accertato il fatto, la Corte, anche in risposta ai motivi di appello con i
quali i difensori contestavano che ricorressero le condizioni di “controllo”
societario di cui all’art. 2359 cc e che, quindi fossero false le autocertificazioni,
osservava che la autocertificazione richiesta dal bando agli interessati era
testualmente nel senso di “se il soggetto si trovi in una situazione di controllo
diretto o come controllante o come controllata con i seguenti soggetti” senza
alcuna indicazione dell’art. 2359 cod. civ.. La richiesta dei bandi, quindi, era di
autocertificare l’assenza di situazioni rilevanti al fine del controllo anche in modo
più ampio rispetto alla previsione dell’art. 2359 cod. civ. per la chiara finalità di
consentire alla Amministrazione di applicare l’articolo 11 del bando di gara che,
alla previsione dei casi di esclusione della partecipazione di soggetti In situazioni

Quadrio possedevano e gestivano tre società (Quadri°, Impreval, Morani)

di controllo di diritto, aggiungeva la previsione di esclusione di soggetti in
situazioni di collegamento ovvero controllo di fatto.
3.1 Quindi, secondo tale impostazione, pur se aveva ragione la difesa ad
escludere che il tipo di rapporti di controllo tra le varie società facenti capo agli
imputati rientrasse nell’ambito di previsione dell’art. 2359 cod. civ., la richiesta
di autodichiarazione dei bandi era ben più ampia perché i concorrenti dovevano
escludere anche di essere posti in condizioni di controllo di fatto.
della sussistenza di rapporti di controllo diretto o indiretto (collegamento) nelle
autocertificazioni in questione aveva costituito un falso rilevante ai sensi del
d.p.r. 445/2000, commesso in piena consapevolezza.
3.3 La Corte, poi, rilevava come le false dichiarazioni costituissero atti idonei
e diretti in modo non equivoco ad alterare Il regolare e trasparente andamento
delle gare d’appalto in oggetto In quanto le tre imprese, operando in modo
univoco, potevano (e volevano) alterare il giusto prezzo di aggiudicazione.
4. Contro tale sentenza propongono due separati ricorsi Pasina Carla e
Quadrio Maurizio a mezzo del proprio difensore e Conforti Enzo a mezzo del
proprio difensore
5. il primo motivo del ricorso Pasina/Quadria e l’unico motivo del ricorso
Conforti possono trattarsi congiuntamente per la sostanziale corrispondenza
delle questioni ivi poste.
6. Con tali motivi i difensori deducono violazione di legge e vizio di
motivazione per il reato di cui all’articolo 76 d.p.r. 445/2000.
6.1 Osservano che, una volta che la stessa Corte d’Appello ha escluso la
sussistenza delle condizioni di controllo diretto di cui al 1° comma dell’art. 2359
cod. civ., ha poi adottato una nozione di controllo societario che non corrisponde
alla normativa vigente e non corrisponde neanche alla stessa imputazione ove si
fa indiscusso riferimento alle situazioni rilevanti al sensi dell’articolo 2359 cod.
civ. ed alla possibilità di esclusione ai sensi dell’articolo 10 della legge 109/94.
6.2 In base ad una analisi del bando di gara, osservano che l’articolo 11 lett.
F) prevedeva la non ammissibilità alla gara del concorrenti per i quali sussisteva
una forma di controllo di cui all’articolo 2359 cod. civ., mentre la successiva
lettera G) prevedeva la possibilità di esclusione di coloro per i quali fosse
accertato che le offerte provenivano da un unico centro decisionale.
6.3 Se, quindi, il bando espressamente richiamava le sole forme di
“controllo” (diretto di cui al 1° comma) dell’art. 2359 cod. civ., è soltanto a
questo che doveva fare riferimento l’autodichiarazione mentre la “unicità di
centro decisionale”, pur se è condizione che può portare all’esclusione dei
partecipanti alla gara, non doveva essere oggetto di dichiarazione.
3

3.2 La conclusione, secondo la Corte d’Appello, era che l’omessa indicazione

6.4 La disposizione del bando di cui alla lettera F era, inoltre, chiaramente e
strettamente conseguente alla previsione del comma 1 bis dell’articolo 10 legge
10/94 nel testo applicabile all’epoca della dichiarazione, che vietava la
partecipazione di imprese tra loro “controllate” ex art. 2359 cod. civ. Osservano i
ricorrenti come la stessa sentenza del Consiglio di Stato richiamata dalla Corte di
Appello nella propria motivazione faccia chiaro riferimento ali’ ipotesi di
esclusione di imprese la cui situazione di collegamento sostanziale vada oltre
6.5 Se valesse li concetto applicato dalla Corte di Appello, diventerebbe
impossibile di fatto per il privato comprendere l’esatto contenuto della
dichiarazione a lui richiesta e, comunque, quest’ultima non consisterebbe
semplicemente nell’attestare un fatto o una qualità personale ma nell’attestare
situazioni che, invece, necessitano di interpretazione e valutazione discrezionale;
non si tratterebbe, quindi, di una “certificazione”.
7. Il ricorso Pasina

Quadrlo, con il secondo motivo, deduce il vizio di

motivazione in riferimento alla contestazione di tentativo di turbata libertà degli
incanti. Rileva che la Corte non ha dato conto della concreta idoneità del falso ad
alterare l’andamento della gara d’appalto, né delle condizioni di fatto per cui si
sia raggiunto lo sviluppo dell’azione tale da configurare il tentativo, quali
sarebbero gli accordi collusivi contestati alle parti e, quindi, come sia dimostrato
il dolo del reato. La motivazione su tali profili è solo apparente.
CONSIDERATO IN DIRITTO

8. Deve darsi innanzitutto atto che, come dichiarato ed attestato dalla
difesa, Pasini Carla è deceduta, dovendosi pertanto annullare senza rinvio la
sentenza impugnata nei suoi confronti.
9. Gli altri ricorsi sono infondati.
10. In ordine al primi motivi di entrambi i ricorsi, va innanzitutto rilevato che
occorre effettuare una correzione in diritto della decisione impugnata per un
errore di Interpretazione che, come meglio si dirà, non ha avuto influenza sul
dispositivo; tale correzione, peraltro, risolve larga parte della argomentazioni dei
ricorsi.
10.1 La sentenza della Corte di Appello, difatti, ritiene che il richiamo fatto
dalla normativa sugli appalti al concetto di controllo di cui all’articolo 2359 cod.
civ. sia limitato al rapporti tra società. Una tale conclusione la si evince dal
complesso degli argomenti svolti dai giudici di merito, in quanto si afferma che la
“dichiarazione fosse volta a conoscere non solo se esistessero gli estremi per una
situazione di controllo (diretto o indiretto) rilevante e riconducibile alla nozione
specifica di cui all’articolo 2359 cc nelle sue diverse forme, ma volesse ottenere
strumenti di conoscenza in ordine a situazioni più ampie , ed anche non
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l’ambito delimitato dall’articolo 2359 cod. civ..

tecnicamente riconducibili al concetti civilistico e di diritto societario , a
collegamenti e situazioni di controllo anche di fatto tra le società partecipanti”. In
conseguenza, quindi, sarebbero “allora rilevanti non solo le situazioni di mero
assetto societario, di titolarità formale della proprietà di quote ed azioni, ma
anche di medesimezza di soggetti – anche come persone fisiche – coinvolte nella
gestione e determinazione delle linee imprenditoriali e patrimonialmente influenti
nelle realtà deliberative di altre imprese , insomma quelle situazioni che
ad alterare l’imparzialità e la trasparenza della gara”.
10.2 Su questo presupposto la Corte di merito afferma che le dichiarazioni
che si assume essere false riguardavano quei rapporti tra le imprese in questione
che effettivamente non rientravano nella citata norma di cui all’art. 2359 cod.
civ. Ma, pur aderendo alla interpretazione dei difensori, sosteneva che ciò fosse
Irrilevante ai fini della tesi di accusa in quanto la autocertificazione richiesta dal
bando di gara ai partecipanti aveva carattere più ampio: gli interessati erano
tenuti ad dichiarare la insussistenza di rapporti di carattere sostanziale con altri
concorrenti, ovvero se il dichiarante ed altre imprese concorrenti facessero capo
ad un unico centro decisionale.
10.3 Le difese, come si è riportato sopra, hanno incentrato i loro argomenti
fondamentalmente sulla interpretazione letterale del bando di gara che non
prevedeva affatto che la autocertificazione potesse essere riferibile alla esistenza
di rapporti fra imprese diversi da quelli di controllo di cui al primo comma
dell’articolo 2359 cod. civ.; in ogni caso, osservano le medesime difese,
certamente non possono essere oggetto dell’ autodichiarazione di cui all’art.
all’articolo 76 d.p.r. 445/2000 dei rapporti sostanziali, consistenti nella
affermazione non di “fatti” bensì di condizioni da “apprezzare” quale è la
“notevole influenza”.
10.4 Inoltre la stessa contestazione formale del capo di imputazione è
limitata alla falsa dichiarazione delle condizioni di cui all’art. 2359 cod. civ.; il
fatto per il quale vi è stata condanna è, invece, stato diverso poiché consistente
nella falsa dichiarazione di condizioni diverse da quelle disciplinate dalla norma
richiamata dal capo di imputazione.
11. In realtà, ed in questo va corretta in diritto la decisione impugnata in
termini che, alla fine, non hanno influenza sul dispositivo, è certamente erroneo
affermare che la autodichiarazione non fosse limitata alle condizioni di cui all’art.
2359 cod. civ.. Ma, nel contempo, il fatto contestato al capo a) non ha i confini
individuati dalla difesa perché la relazione tra le tre società in questione integra
rapporti di “controllo” tra imprese esattamente corrispondenti a quelli individuati
5

determinavano in concreto una unitarietà di centro decisionale idoneo comunque

dall’art. 2359 cc, e che dimostrano automaticamente la (possibilità di) reciproca
Influenza nelle decisioni imprenditoriali.
11.1 Sino al 30 giugno 2006 il testo dell’articolo 10 comma primo bis della
legge 109/19 94 era così formulato: “1-bis.

Non possono partecipare alla

medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di
controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile.”.
11.2 La autodichiarazione richiesta dai bandi (lett. F) era chiaramente
11.3 Si osserva quindi:
– scopo della norma della disciplina degli appalti (e di quelle che l’hanno
successivamente modificata e sostituita, tutte di analogo tenore) era quello di
definire I casi oggettivamente rilevanti delle relazioni di controllo fra imprese
partecipanti alle gare per i quali prevedere la esclusione della partecipazione per
evitare alterazioni nell’individuazione del contraente. Si trattava, allora, di
individuare le situazioni di controllo “giuridico”, emergenti, appunto, sulla base
della esistenza di determinate condizioni giuridiche (sostanzialmente questioni
“proprietarie” o di specifici vincoli contrattuali). Al di fuori di tale caso del
controllo di immediata verificabilità, vi sono i casi in cui, pur in assenza di
relazioni rilevanti sul piano formale, le condizioni di fatto fanno ritenere la
sussistenza di un unico centro direzionale per più imprese. In tale seconda
ipotesi si è in presenza di casi non predeterminati e, conseguentemente, in
questo caso la normativa sugli appalti rimette alla attività della stazione
appaltante l’individuazione delle condizioni del caso concreto che portino,
appunto, a ritenere che vi sia una azione comune di più imprese (fra le quali,
quindi, può anche mancare qualsiasi prova di vincolo giuridicamente rilevante).
Sono, quindi, casi in cui è necessario l’apprezzamento della situazione e non vi
sono, invece “fatti” che possano essere “certificati” od “autocertificati”.
11.4 La legge sugli appalti, dovendo individuare una disposizione utile a
disciplinare nel modo più ampio possibile i casi di controllo direttamente rilevanti
sul piano giuridico, ha quindi fatto riferimento alla sola norma in termini del
codice civile, il citato articolo 2359, che risolve simili problemi nella
individuazione della nozione di società controllate (Ipotesi nella quale la società
controllante disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’alta società comma n. 1;

ovvero abbia sufficienti voti per l’Influenza dominante”

dell’assemblea – l° comma n. 2; ovvero la società controllante eserciti il suo
potere di controllo in base a specifici vincoli contrattuali – 1° comma n. 2) e di
società collegate (rapporto che si ha quando una società ha una “influenza
notevole” nella gestione dell’altra avendo una quota di rilievo, ancorché
minoritaria, dei voti).
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riferita alla sussistenza o meno di tali situazioni di controllo.

11.5 Che il riferimento al citato articolo 2359 cod. civ. da parte della
normativa sugli appalti sia riferito non alla “società” tout court ma al sistema di
controllo del 1° comma è dato certo sia sul piano letterale che su quello logico.
11.6 Innanzitutto, sul piano letterale, si noti che la dizione della norma in
materia di appalti è di “imprese” che si trovino in “situazioni di controllo” di cui
all’articolo 2359 cod. civ.; non vi è riferimento alle “società”.
11.7 Il rinvio è, quindi, chiaramente alla “modalità” in cui si realizza la
situazione di controllo (la situazione rilevante automaticamente sulla sola base di
cui si riferiscono le “situazioni di controllo”.
11.8 Inoltre, che si discuta di “Imprese” gestite in qualsiasi forma è, oltre
che indiscutibile dato letterale per quanto già detto, l’unica lettura logica
possibile della disposizione della normativa sugli appalti.
11.9 Difatti l’articolo 2359 cod. civ. non è norma generale in materia di
società ma è norma specifica in materia di società per azioni. E’ fuori di ogni
logica ritenere che i partecipanti alle gare siano obbligati a dichiarare l’esistenza
del controllo reciproco soltanto laddove si tratti di società per azioni, escludendo
le altre società di capitali o di persone e, ancor di più, le imprese individuali.
12. Chiarite queste regole, è quindi pacifico che le società in questione
avessero un collegamento, sul piano proprietario, esattamente corrispondente
all’art. 2359 cod. civ: Le stesse persone avevano per tutte le società quote/voti
sufficienti per l’influenza dominante nella proprietà (“nell’assemblea ordinaria”).
12.1 Questa è la condizione che, emergendo in modo diretto in base
all’assetto proprietario (valutando, come dice la norma, anche eventuali persone
interposte), poteva e doveva essere oggetto di autodichlarazione ai sensi
dell’articolo 2359 cod. civ.
12.2 Tale situazione è difatti rilevabile senza necessità di apprezzamenti
fattuall, diversamente da tutti gli altri casi in cui il collegamento (che può anche
essere un “cartello” di imprese creato ad hoc) emerge da condizioni di fatto che
fanno ritenere l’esistenza di un unico centro decisionale. Per questi ultimi casi è,
invece, possibile il controllo sostanziale da parte dell’ente appaltante ma non è
possibile richiedere la autodichiarazione non trattandosi di ciò che può essere
oggetto di autodichiarazione, ovvero gli stati, le qualità personali ed i fatti
indicati nell’art. 46 del citato Testo Unico.
12.3 II tema viene posto nel caso di specie, in cui si è tenuto conto anche
del fatto che emergeva in concreto un “unico centro decisionale”, ma tale
sussistenza di elementi univocamente indicativi, a seguito di loro valutazione, di
azione congiunta è correttamente valutata in sentenza al diverso fine di
dimostrare il dolo del reato di cui al capo a) ed il fatto oggettivo di cui al capo b).
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un vincolo giuridico); non, invece, alla natura, societaria o meno, delle imprese

12.4 Quanto affermato trova conferma nella giurisprudenza amministrativa.
In situazione del tutto simile è intervenuta la sentenza Consiglio di Stato n. 3601
del 2002, in riferimento ad un caso in cui il controllo era ritenuto sussistente
perché le stesse persone fisiche avevano quote nelle diverse società: “L’art. 10,
comma 1-bis, della legge .11 febbraio 1994, n. 109, pone il divieto di
partecipazione alle procedure di affidamento di lavori pubblici alle imprese che
versino in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c. Il riferimento
consente di ritenere che si deve aver riguardo agli effetti delle situazioni che la
stessa disposizione definisce per individuare i rapporti di controllo. La possibilità
di applicare a qualsiasi impresa la verifica di una situazione di controllo, e perciò
anche ad altre società di capitali, alle società di persone o agli imprenditori
individuali, non già alle sole società cui specificamente ha riguardo l’art. 2359, fa
giustificatamente condudere che quel che la legge n. 109/1994 prende in
considerazione è il fatto che, in virtù degli incroci di partecipazione e di interessi
sussistenti, si rilevi l’esistenza di un unico centro decisionale, corrispondente a
quello, che con la maggioranza dei voti, con l’influenza dominante o con
particolari vincoli contrattuali, si avvera nelle predette società. …..
Siffatte situazioni si possono configurare anche …. quando i poteri di
decisione siano riconducibili a persone fisiche, attraverso taluni tipi di società,
come è nel caso in esame. In ambedue le società offerenti nella gara in
discussione, l’indagine ha portato a due sole persone, entrambe in possesso della
metà del capitale dell’una e dell’altra società ed entrambe presenti nei due
consigli di amministrazione. Sussiste, perciò, una comunanza di interessi, fra i
due soggetti, che fa concludere per l’esistenza di un unico centro decisionale cui
fanno capo le due Imprese. Non si tratta di elementi indiziari, ma di elementi

oggettivi, che giustificano l’affermazione di una situazione di controllo sulle due
società”.
12.5 Sempre sulla riferibilità del rinvio della normativa sugli appalti al 2359
cod. civ. alle “imprese” e non solo alle società (affermazione riferita al
“collegamento” tra imprese), si veda Consiglio di Stato n. 3089 del 2005: nel far
riferimento all’uso “indiretto” della disposizione in questione la ritiene riferibile
sia la società che imprese : il disposto dell’art. 2359 c.c., comma 3 in tema di
collegamento societario. Ed invero, vale la pena di sottolineare a riguardo che, in
base alla previsione della norma citata, si considerano collegate le società
quando, reciprocamente o non, su ciascuna di esse l’altra esercita una influenza
notevole. Il valore precetti vo, che esprime la suddetta norma (che, peraltro,
stabilisce una regola generale valida per tutte le società di capitali, ancorché
essa si collochi nella disciplina della società per azioni), è, quindi, nel senso che il
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alle imprese, anziché alle sole società che la norma del codice contempla,

collegamento deve consistere In un rapporto intercorrente tra società o imprese,
tale da giustificare la situazione della “influenza notevole”.
13. Così corretta la interpretazione delle disposizioni in questione, non
residuano dubbi sulla infondatezza del primo motivo di entrambi i ricorsi. Questi
correttamente rilevavano che la autocertificazione richiesta dai bandi non poteva
che essere riferibile alle condizioni di cui all’art. 2359 cod. civ. non potendo
controllo (In quanto non si trattava di dichiarare “gli stati, le qualità personali ed
i fatti indicati nell’art. 46 del citato Testo Unico”, ovvero “fatti” bensì veri e propri
apprezzamenti sulla possibilità di “influenza”). Ma la questione è irrilevante a
seguito del chiarimento in diritto: ai sensi dell’art. 2359 cod. civ. e con
riferimento alla situazione concreta doveva essere dichiarato ed autocertificato
se vi fossero assetti proprietari, diretti o mediati, per i quali ciascuna impresa era
sottoposta ai medesimi soggetti.
13.1 Che tale autocertificazione costituisca il reato di cui al capo a), dato
peraltro non contestato dalle difese in riferimento al fatti/stati rientranti
nell’ambito dell’art. 2359 cod. civ., è comune affermazione della giurisprudenza
di legittimità (“La norma di cui all’art. 76 del Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.Lgs.
n. 445 del 2000), stabilendo la sanzione penale per chiunque rilascia
dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal medesimo
T.U., rimanda al cod. pen. e alle leggi speciali in materia: ne consegue che
risponde del reato di cui all’art. 483 il privato che renda false attestazioni circa
gli stati, le qualità personali ed i fatti indicati nell’art. 46 del citato Testo Unico al
fine di partecipare a una gara dl appalto. (Sez. 5, n. 20570 del 10/05/2006 dep. 15/06/2006, Esposito, Rv. 234203)”).
14. Va da ultimo considerato se la presente decisione comporti che,
essendosi sostanzialmente mutata la qualificazione giuridica del fatto quale
ritenuto dalla Corte di Appello, sia stato limitata la facoltà di difesa dei ricorrenti
che non hanno potuto, In ipotesi, difendersi sulla diversa prospettiva giuridica
adottata da questa Corte. La questione si pone in ragione della giurisprudenza
della Corte Edu 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia che afferma la necessità
che, anche in caso di riqualificazione giuridica del fatto, debba essere consentito
alla parte la conoscenza della mutata contestazione e la possibilità di adeguata
difesa. Si rammenta innanzitutto che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto
applicabile questo principio laddove vi sia effettiva limitazione della possibilità di
difesa valutando complessivamente se, nel corso del processo, la parte si è
effettivamente difesa anche sul fatto diversamente qualificato. (Il giudice di

essere ampliate alla dichiarazione sostanziale sulla sussistenza di condizioni di

legittimità ha il potere di procedere “ex officio” alla riqualificazione giuridica del
fatto, senza necessità di consentire all’imputato di interloquire sul punto
allorquando, nel ricorso presentato dallo stesso, tale eventualità sia stata
espressamente presa in considerazione, ancorchè per sostenere la diversità del
fatto da quello contestato e la conseguente violazione dell’obbligo di trasmissione
degli atti al pubblico ministero. (v. Corte Europea Diritti dell’Uomo, sentenza 11
dicembre 2007, Drassich c. Italia). (Sez. 2, n. 14674 del 26/02/2010 – dep.
14.1 A prescindere dalla particolarità del caso di specie, in cui non vi è una
vera e propria nuova qualificazione giuridica, un teorico problema di possibilità
di difesa si pone in quanto la Corte di Appello aveva ritenuto che non fossero
state falsamente dichiarate le condizioni dell’art. 2359 cod. civ. ma aveva
ritenuto comunque sussistere il reato ascritto in quanto la autocertificazione
indicata doveva essere riferita anche a condizioni diverse ed ulteriori rispetto a
quelle disciplinate dalla norma civilistica. I ricorsi sono conseguentemente basati
sostanzialmente sulla affermazione che la autodichiarazione non poteva
riguardare fatti al di fuori della citata disposizione ma questa Corte ritiene, come
detto, che, invece, le circostanze falsamente certificate rientrano proprio tra
quelle di cui al citato articolo del codice civile.
14.2 Nei limiti in cui ciò comporta uramodifica della situazione giuridica dalle
quali le parti dovevano difendersi, è però indubbio che non vi è stato alcun
concreto limite alla possibilità di difesa sulla diversa ricostruzione giuridica. Il
giudice di primo grado aveva accolto la tesi di accusa secondo la quale erano
state falsamente dichiarate le condizioni di controllo di cui all’art. 2359 cod. civ.
e su questo i ricorrenti si erano potuti difendere. La Corte di Appello, poi, ha
(erroneamente) ritenuto fondata la tesi difensiva che le dichiarazioni false non
rientrassero nell’oggetto della citata disposizione ma in questa sede si conferma
la ricostruzione in diritto propria della tesi di accusa e del giudice di primo grado.
Si tratta, quindi, una prospettazione sulla quale le parti si sono potute
ampiamente difendere. Non ricorre, quindi, la situazione di necessaria previa
contestazione individuata dalla giurisprudenza sovranazionale.
15. È infondato anche il secondo motivo del ricorso Quadrio.
Difatti, non solo la presentazione di offerte collegate dissimulando la
condizione di controllo tra le imprese è indiscutibilmente un fatto idoneo e
volontariamente diretto ad influire sul normale svolgimento della gara, ma è un
caso in cui lo sviluppo della azione, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
integra il reato consumato. In tale senso, ed esattamente in termini, si veda Sez.
6, n. 26809 del 07/04/2011 – dep. 08/07/2011, Rivela ed altri, Rv. 250469):

10

16/04/2010, Salord, Rv. 246922)).

- Riguardo al secondo motivo, si osserva che questa Corte ha avuto modo
di affermare che il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico
(art. 483 c.p.) è integrato dalla condotta di chi, in una gara per l’affidamento di
lavori pubblici, attesti falsamente, in sede di dichiarazione sostitutiva,
l’insussistenza di cause di esclusione previste dalla legge (Sez. 5, 2 ottobre
2008, n. 40372, Inama).
– In ordine al terzo motivo, va ribadito che nel reato di turbata libertà degli
gara attraverso l’impiego del mezzi tassativamente previsti, e tra questi la
“collusione” va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad influire sul
normale svolgimento delle offerte, mentre il “mezzo fraudolento” consiste in
qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente idoneo a conseguire
l’evento del reato, che si configura non soltanto in un danno immediato ed
effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, dato che la fattispecie si
qualifica come reato di pericolo (Sez. 6, 7 aprile 2011, n. 26809, Rivela).
In base a tali consolidati principi, deve convenirsi con quanto ritenuto dai giudici
di merito, che hanno ravvisato il reato nella condotta degli imputati che hanno
partecipato alla gara, presentando offerte imputabill ad unico centro di interessi,
in questo modo dissimulando offerte collegate e solo apparentemente
concorrenti. I ricorrenti contestano l’esistenza di un unico centro di interessi, ma
si tratta di una questione di fatto su cui i giudici di merito hanno fornito una
motivazione congrua e logica, dimostrando che si trattava di società facenti capo
alla stessa famiglia, con sede e organizzazione comuni.
Nel reato di turbata libertà degli incanti, la condotta si sostanzia
nell’alterazione del normale svolgimento della gara attraverso l’impiego dei
mezzi tassativamente previsti, e tra questi la “collusione” va intesa come ogni
accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte,
mentre il “mezzo fraudolento” consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna
concretamente idoneo a conseguire l’evento del reato, che si configura non
soltanto in un danno immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e
potenziale, dato che la fattispecie si qualifica come reato di pericolo. (Fattispecie
nella quale è stata ravvisato il reato in questione nella condotta dei partecipanti
a una gara pubblica che avevano presentato offerte omogenee, imputabili ad
unico centro di interessi, calibrate sulla presunta media vincente e, quindi, capaci
di influire sul calcolo della media, aumentando la possibilità di aggiudicazione
della gara). Nello stesso senso, recentemente, Sez. 6, n. 18161 del 05/04/2012
– dep. 14/05/2012, P.G. in proc. Bevilacqua e altri, Rv. 252638 e Sez. 6, n.
12298 del 16/01/2012 – dep. 02/04/2012, Citarella e altri, Rv. 252555.

11

incanti, la condotta si sostanzia nell’alterazione del normale svolgimento della

16. La condanna, è stata, invece, inflitta per la più conveniente ipotesi di
reato tentato.
17. La complessiva motivazione del provvedimento impugnato, laddove
riconosce, oltre al dato formale della situazione di controllo, una condotta
specificamente nel senso della presentazione di offerte concordate predisposte
Insieme, risponde in modo più che adeguato alla tema della esistenza di un
accordo collusivo e della finalità, e quindi del dolo, della azione.
P.Q.M .

morte della ricorrente.
Rigetta gli altri ricorsi e condanna i relativi ricorrenti al pagamento delle
spese.
Roma così deciso il 11 aprile 2013
Il C

igli e estensore

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Pasini Carla per

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