Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23595 del 29/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23595 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
TRIESTE
nei confronti di:
ALVIGNI VALTER N. IL 11/08/1962
avverso la sentenza n. 1254/2012 TRIBUNALE di UDINE, del
13/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;

Data Udienza: 29/04/2014

Letta la requisitoria del PG, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata con gli atti al competente tribunale per il corso ulteriore.

1. l procuratore generale presso la corte d’appello di Trieste ricorre per cassazione
avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale il tribunale di Udine, nel corso del
dibattimento a carico di Alvigni Valter, dopo la contestazione -ad opera del sostituto
procuratore di udienza- di un reato concorrente ai sensi dell’articolo 517 del codice di rito, ha
emesso sentenza ai sensi dell’articolo 444 del medesimo codice, ma in relazione a tutte le
imputazioni.
1.1. Il ricorrente procuratore deduce violazione di legge e in particolare degli articoli
446, 421, 517 cpp. Sostiene che il giudicante non aveva il potere di emettere sentenza ai sensi
dell’articolo 444 in relazione a tutte le imputazioni, che in origine erano state contestate,
imputazioni, s’intende dire, diverse da quella contestata nel corso di udienza ai sensi del
ricordato articolo 517 cpp.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Si deve disporre in conformità alla
requisitoria scritta formulata dal procuratore generale presso questa corte di legittimità.
2. Ai sensi degli articoli 516 e 517 cpp, in base alla lettura datane dalla corte
costituzionale con la sentenza 265 del 1994, all’imputato cui venga contestato in udienza un
reato concorrente deve essere riconosciuta la facoltà di chiedere l’applicazione della pena ai
sensi dell’articolo 444 del codice di rito. Ma ciò unicamente con riferimento al fatto diverso,
ovvero al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione sia
riferibile a un fatto che già risultava dagli atti d’indagine. D’altra parte la medesima corte, con
la sentenza 101 del 1993, aveva ritenuto che, qualora non potesse ravvisarsi alcun profilo di
inerzia dell’imputato e quindi di addebitabilità al medesimo delle conseguenze della mancata
instaurazione del rito differenziato, non si poteva negare che l’impossibilità di ottenere:relativi
benefici sostanziasse una compressione niente affatto giustificata del diritto di difesa. Ciò non
significa che possa essere esteso ai reati ab origine correttamente contestati la richiesta di
tardivo patteggiamento.
2.1. Nel caso in esame, invero, l’imputato non ha ritenuto di esercitare per tempo la
scelta verso i riti alternativi ed ha accettato il dibattimento. Solo successivamente, nel corso
del predetto dibattimento, ha preteso di sfruttare la contestazione del reato concorrente per
poter ritornare sui suoi passi e cambiare il contenuto della scelta a suo tempo effettuata.
Erroneamente, dunque, il giudicante ha ritenuto di poter assecondare tale cambio di strategia
processuale, che, viceversa, per le ragioni sopraindicate, era inibito con riferimento ai reati già
precedentemente e regolarmente contestati.
PQM
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone restituirsi gli atti al tribunale di Udine per
il corso ulteriore.

Così deciso in Roma, camera di consiglio in data 29.IV.2014.-

RITENUTO IN FATTO

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