Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23582 del 11/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23582 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PRE VITALI CLAUDIO N. IL 16/07/1963
avverso la sentenza n. 1581/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. kfavitc,„
che ha concluso per )1,-.A.4

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Udin”,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 11/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 16 ottobre 2012, ha
confermato la sentenza di primo grado con la quale Previtali Claudio era stato
condannato per il delitto di tentato furto aggravato.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a

motivazione apparente circa l’affermazione della penale responsabilità anche a
titolo di tentativo nonché quanto alla mancata concessione delle attenuanti
generiche e alla eccessività della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondati i relativi
motivi.
2.

La manifesta infondatezza del primo motivo deriva dall’intenzione di

voler dare all’interpretazione dei fatti, quale quella data dai Giudici del merito, un
significato diverso per ritenere inesistente il compimento di atti idonei diretti in
modo non equivoco alla sottrazione dei beni esistenti all’interno della sede di una
ditta di autotrasporti.
Operazione, da un lato, non consentita avanti questa Corte di legittimità
nonché contraria alla pacifica giurisprudenza.
Invero, ai fini della sussistenza del delitto tentato, occorre che, sulla base
di una valutazione ex ante, gli atti compiuti, anche se meramente preparatori o
solo parziali, siano idonei ed univoci, ossia diretti in modo non equivoco a
causare l’evento lesivo ovvero a realizzare la fattispecie prevista dalla norma
incriminatrice, rivelando così l’intenzione dell’agente di commettere lo specifico
delitto (v. Cass. Sez. I 11 febbraio 2013 n. 16612).
Il che è quanto posto in essere nell’impugnata decisione, in cui si da
logicamente conto degli atti posti in essere dall’odierno ricorrente per sottrarre
cavi di rame da un pozzetto sito all’interno di una ditta di autotrasporti (v. pagina
5 della sentenza).
3. In merito alla quantificazione della pena si osserva, nella pacifica
giurisprudenza, come essa possa essere sindacata avanti questi Giudici di
legittimità soltanto allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a quelli
edittali ovvero in maniera illogica; la determinazione in concreto della pena,
infatti, costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio
1

mezzo del proprio procuratore, lamentando una violazione di legge e una

analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da
parte del Giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato,
anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli,
accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di
ritenerla adeguata o non eccessiva; ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato
sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’articolo 133
cod.pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello; quanto

l’impugnata sentenza ne abbia logicamente e congruamente motivato il diniego.
4. Dalla inammissibilità del ricorso deriva, infine, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.
P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma 1’11 aprile 2014.

al mancato riconoscimento delle circostanze generiche deve osservarsi come

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