Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23577 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23577 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Di Maso Giovanni, nato a Napoli in data 18/11/1963
awerso l’ordinanza del 14/11/2012 del Tribunale di Perugia R.G. 87/2012
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in Camera di Consiglio la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’Avv. Vincenzo Carrese, il quale ha concluso per raccoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 14/11/2012 il Tribunale di Perugia ha rigettato la richiesta di riesame
proposta nell’interesse di Giovanni Di Maso awerso il decreto di sequestro preventivo
emesso dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale.
Il Tribunale, premesso che al Di Maso era contestato il delitto di cui agli artt. 30 e 31 I. n.
646 del 1982, ha rilevato: a) che il Di Maso era stato condannato, con sentenza del
09/10/2000, divenuta irrevocabile il 21/11/2001, dalla Corte d’assise di appello di Napoli, per
il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso; b) che le operazioni di acquisto
degli immobili e dell’attività commerciale oggetto del sequestro erano state poste in essere
nel decennio successivo alla sentenza appena citata; c) che le emergenze delle indagini
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Data Udienza: 07/05/2013

effettuate dal Nucleo della Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Perugia avevano
evidenziato che, a fronte dell’assenza di capacità reddituale del Di Maso e della minima
capacità reddituale della moglie, Giuseppina Caccavale, rilevantissime somme di denaro
erano transitate sui conti correnti loro riferibili e che tali disponibilità, prima, e le risorse
derivanti da mutui ottenuti con la garanzia degli immobili acquistati, poi, erano state
utilizzate dal Di Maso per porre in essere le operazioni indicate; d) che le disposizioni
economiche erano state gestite direttamente dal Di Maso, come risultava dalle emergenze
dell’attività di captazione telefonica, acquisite nel procedimento n. 12539/08 RGNR, e dalle

Di Maso.
Il Tribunale ha poi rilevato che sussistevano i presupposti del disposto sequestro, sia perché
l’art. 31, comma secondo, della I. n. 646 del 1982 prevede, in caso di condanna per il delitto
previsto dal primo comma, la confisca dei beni acquistati a qualunque titolo, sia perché la
libera disponibilità dei beni avrebbe potuto concretamente agevolare la commissione di
ulteriori reati, quantomeno mediante l’alienazione dei cespiti, con ulteriore violazione
dell’obbligo di comunicazione della variazione patrimoniale.
2. Nell’interesse del Di Maso è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti
motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta mancanza di motivazione in ordine alla dedotta capacità
patrimoniale della Caccavale e dei suoi familiari.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta nullità del decreto di sequestro presso le banche del
24/11/2011 ed inesistenza del decreto di sequestro presso le banche del 14/10/2011 e la
conseguente inutilizzabilità della documentazione acquisita. In particolare, il primo decreto
menzionato, privo di motivazione e dell’indicazione del reato ipotizzato, costituiva
integrazione dell’inesistente, precedente decreto.
2.3. Con il terzo motivo, si lamenta mancanza di motivazione in ordine alla sollevata
eccezione di nullità dei due menzionati decreti di sequestro.
2.4. Con il quarto motivo, si lamenta violazione dell’art. 407 cod. proc. pen. e conseguente
inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente al 16/07/2010, data di
scadenza del termine di durata delle indagini preliminari, ossia di tutti gli atti versati in atti.
2.5. Con il quinto motivo, si lamenta mancanza di motivazione in ordine all’eccezione
indicata nel motivo che precede.
2.6. Con il sesto motivo, si lamenta violazione o erronea applicazione degli artt. 30 e 311. n.
646 del 1982, per oggettiva insussistenza del periculum in mora.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il quarto motivo di ricorso, di natura logicamente preliminare, è fondato.
Al riguardo, occorre ribadire che il pubblico ministero può chiedere al giudice l’applicazione
del sequestro preventivo anche dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari,
purché tale richiesta non sia fondata sul risultato di atti di indagine compiuti dopo la

sommarie informazioni rese alla p.g. dalle persone che avevano condotto le trattative con il

scadenza del medesimo termine, in quanto la sanzione di inutilizzabilità di cui all’art. 407,
comma 3, cod. proc. pen. concerne solo gli atti di indagine aventi efficacia probatoria, nel
cui ambito non sono compresi i sequestri preventivi che mirano ad impedire la prosecuzione
della condotta vietata (Sez. 3, n. 27153 del 10/04/2003, Falduto, Rv. 225650).
Va, inoltre, aggiunto che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di
sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli errores in ludicando o in procedendo, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del

ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal
giudice (v., ad es., Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093).
Nella specie, il Tribunale ha rigettato l’eccezione proposta con la richiesta di riesame
semplicemente rilevando che essa non poteva “scalfire il grave quadro indiziario fondato
comunque sulle risultanze di indagine legittimamente acquisite” e, quindi, per un verso,
riconoscendo che vi era stata un’attività investigativa successiva al decorso del termine di
durata delle indagini preliminari, indicato da parte ricorrente nel 16/07/2010 e non
contrastato da alcuna diversa indicazione e, per altro verso, non specificando quali atti, tra
quelli richiamati nella informativa del 12/03/2012, erano stati posti in essere in data
anteriore, e non collocando nel tempo i risultati dell’attività di intercettazione telefonica o le
sommarie informazioni rese alla p.g. dalle persone che avevano trattato con il Di Maso.
In definitiva, la motivazione adottata rende impossibile operare una concreta verifica del
percorso logico — giuridico seguito dal giudice di merito.
2. Il carattere assorbente del quarto motivo rende ultronea la trattazione dei restanti profili
di censura.
3. L’ordinanza va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo esame.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 07/05/2013

Il Componente estensore

provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e

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