Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23573 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23573 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOLDOVAN DANIEL N. IL 13/05/1979
avverso la sentenza n. 16/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
30/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;
letke/sentite le conclusioni del PG Dott. Po ò Cri-NE V u_j_4 1
luvITo
2,e)t-L-3.

Uditi dif sor Avv.;

Data Udienza: 03/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata in data 30 aprile 2014, la Corte d’Appello di Catania ha
respinto la richiesta di consegnare Moldovan Daniel allo Stato Di Romania ed ha disposto che
l’esecuzione della pena di anni nove di reclusione irrogata con sentenza del 12 settembre 2006
dal Tribunale di Sibiu (Romani), oggetto di M.A.E., sia eseguita in Italia in conformità al diritto
interno.
La Corte territoriale ha preliminarmente dato atto del fatto che la richiesta si fonda su di
una sentenza di condanna irrevocabile, di tal che non deve essere compiuta alcuna delibazione
in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, e che non vi sono ragioni per ritenere
che nel procedimento non sia stato assicurato il rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Indi, il giudice d’appello ha evidenziato che ricorrono i presupposti di cui all’art. 18 lett. r)
L. n. 69 del 2005, come ampliato per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n.
223/2010, avendo Moldovan Daniel fornito prova – con la documentazione prodotta – di
un’effettiva e duratura permanenza in Italia, caratterizzata da significativi legami sociali,
familiari ed economici con il territorio italiano.

2. Avverso la sentenza di seconde cure ha presentato ricorso l’Avv. Giuseppe Magnano,
difensore di fiducia di Moldovan Daniel, e ne ha chiesto l’annullamento per il seguente motivo:
2.1. Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt.
2 e 18 lett. g) e s) L. n. 69/2005 e 4 bis della Decisione Quadro 2009/299 GAI.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe dovuto rigettare la richiesta di rifiuto
della consegna lo Stato emittente il mandato d’arresto europeo in quanto, come emerge dagli
atti, la sentenza irrevocabile oggetto del predetto M.A.E. è stata pronunciata a seguito di un
processo non equo. In particolare, lo Stato richiedente non avrebbe fornito la prova della
regolare citazione in giudizio dell’imputato, il quale non sarebbe stato informato della data e
del luogo fissati per il processo, celebrato pertanto in sua assenza, e non avrebbe potuto
conferire mandato ad un difensore di fiducia, venendo assistito da un difensore d’ufficio che
non aveva proposto impugnazione avverso la sentenza di condanna.
D’altra parte, il ricorrente si duole del fatto che la Corte ha disposto l’esecuzione della
pena in Italia, sebbene la documentazione relativa al radicamento dell’assistito nel territorio
nazionale fosse stata presentata al solo scopo di ottenere un provvedimento di rifiuto della
consegna, ai sensi dell’art. 18 lett. s) L. n. 69 del 2005.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

2

•”
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile essendo i motivi dedotti manifestamente
infondati.
Quanto al primo motivo di doglianza concernente la celebrazione del processo “in
absentia”, per un verso, deve essere rilevato che, secondo l’ordinamento dello Stato di
Romania – segnatamente l’art. 522, comma 1, cod. proc. pen. rumeno -, la persona estradata

richiesta, essere nuovamente giudicata dalla stessa Corte che lo ha condannato.
Ne discende, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, che è legittima la
consegna disposta ai fini dell’esecuzione di una pena irrogata mediante decisione pronunciata
“in absentia”, in quanto nello Stato membro di emissione è consentito alla persona richiesta di
ottenere un nuovo giudizio, una volta venuta a conoscenza della decisione di condanna
pronunciata nei suoi confronti (Cass. Sez. 6, n. 25303 del 21/06/2012, Rv. 252724; Cass. Sez.
6, n. 9151 del 21/02/2013 – dep. 26/02/2013, Amoasei, Rv. 254473).
D’altra parte, nel mandato di arresto oggetto della procedura, l’autorità richiedente ha
espressamente evidenziato la locuzione relativa al fatto che il consegnando è stato
regolarmente citato ed informato del procedimento celebrato a suo carico in Romania.
Alla stregua dei principi affermati da questo Corte, in presenza di un mandato d’arresto
europeo emesso per l’esecuzione di una decisione pronunciata “in absentia”, non viene in
applicazione il particolare regime di garanzia previsto dall’art. 19, comma primo lett. a) L. 22
aprile 2005, n. 69, qualora l’autorità emittente nel compilare l’apposito modello abbia
espressamente sbarrato la locuzione “l’interessato è stato chiamato a comparire di persona o
informato in altro modo della data e del luogo dell’udienza che ha portato alla decisione in
absentia” (Cass. Sez. F, n. 34287 del 21/08/2008, Buza, Rv. 240340)

2. Il ricorso è inammissibile anche con riguardo al secondo motivo di censura, con il quale
il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello abbia disposto che la pena venga scontata
da Moldovan in Italia, dando atto del fatto che, dalla documentazione prodotta dalla difesa, si
evince che il prevenuto è effettivamente e solidamente radicato sul territorio nazionale.
Al riguardo non può non ribadirsi che, come questa Corte ha avuto modo di affermare, in
tema di mandato di arresto europeo, la persona richiesta in consegna è carente di interesse a
dedurre vizi di legittimità della procedura di consegna avviata dalle autorità straniere, qualora
la Corte d’appello abbia disposto, ai sensi dell’art. 18, comma primo, lett. a), L. n. 69/2005,
l’esecuzione in Italia della pena detentiva inflitta nello Stato di emissione (Cass. Sez. F, n.
32773 del 13/08/2012, Gheorghita, Rv. 253125; Cass. Sez. 6, n. 22105 del 26/05/2008
Cc. (dep. 30/05/2008) Rv. 240131). Situazione che appunto si è verificata nella specie.

3

per essere sottoposta ad una pena derivante da una condanna “in absentia” può, su sua


3. Giusta l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente va
condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una
somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
A norma dell’art. 22 comma 5 L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5, manda alla
Cancelleria per la trasmissione del provvedimento al Ministro di Giustizia.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e a quello della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, L. n. 69 del 2005.

Così deciso in Roma il 3 giugno 2014

Il consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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