Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23571 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23571 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CATTELAN ANTONELLO N. IL 06/02/1959
avverso l’ordinanza n. 1/2013 TRIB. LIBERTA’ di VARESE, del
09/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 18/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Sante Spinaci, ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza del 16 maggio 2012 il tribunale di Varese rigettava

il ricorso proposto da Cattelan Antonello contro il decreto di sequestro, e
la successiva convalida, di beni e documenti di sua proprietà.

questa corte, ritenuto che il tribunale non avesse specificato la relazione
esistente tra i fatti criminosi per i quali era indagato Iodice Gennaro,
sottoposto ad indagini in qualità di titolare dell’impresa individuale
Idealgessi, ed il predetto Cattelan; ritenuto inoltre che il tribunale non
avesse precisato quali esigenze probatorie dovessero essere soddisfatte
mediante la materiale apprensione di quanto rinvenuto presso il Cattelan
e quale fosse il vincolo pertinenziale tra i beni ed i documenti in
sequestro ed il reato attribuito allo Iodice, annullava l’ordinanza con
rinvio.
3.

Il tribunale del riesame, rilevato che nelle more i beni sequestrati

erano stati restituiti, dichiarava inammissibile il ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse, senza far luogo a condanna alle spese.
4.
del

Il Cattelan propone nuovo ricorso per cassazione contro l’ordinanza
tribunale

di

Varese

che

ha

dichiarato

l’inammissibilità

dell’impugnazione per inosservanza ed erronea applicazione degli articoli
623 e 627 del codice di procedura penale, sostenendo di avere interesse
a sentire dichiarare l’annullamento dell’originario provvedimento di
convalida, dal momento che solo in questo caso ne consegue
l’inutilizzabilità degli elementi di prova acquisiti con il sequestro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è, per giurisprudenza consolidata di questa Corte,
inammissibile.
2. Si vedano, tra le altre, sez. 6, n. 29846 del 24/04/2012 – dep.
20/07/2012, Addona, Rv. 253251: Una volta restituita la cosa
sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro o l’eventuale
ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame è

1

Il Cattelan proponeva ricorso per cassazione; la prima sezione di

2.

inammissibile per sopravvenuta mancanza di interesse, che non è
configurabile neanche qualora l’autorità giudiziaria disponga, all’atto
della restituzione, l’estrazione di copia degli atti o documenti
sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento è autonomo
rispetto al decreto di sequestro, né è soggetto ad alcuna forma di
gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni.
(Fattispecie relativa a sequestro di computer e documenti informatici,
restituiti previa estrazione di copia).

237763: è inammissibile per carenza di interesse il ricorso per
cassazione proposto dall’indagato avverso l’ordinanza del Tribunale
del riesame che si sia limitata a constatare l’avvenuta restituzione al
richiedente dei beni sequestrati, poiché l’interesse che il ricorrente
può perseguire attraverso l’impugnazione consiste esclusivamente
nella finalità di ottenere la restituzione di quanto sequestrato.
4. D’altronde, l’inammissibilità del ricorso non preclude all’interessato di
far valere le proprie ragioni difensive nella fase di acquisizione di quei
documenti al processo, sotto il profilo della eventuale inulizzabilità
degli stessi (in senso conforme, Cass. Sez. 6^, 14.7.1995 n. 3090).
5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000)
al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si
ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

p„q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/04/2013

3. Sez. 2, n. 32881 del 05/07/2007 – dep. 13/08/2007, Sandalj, Rv.

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