Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23570 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23570 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Esposito Nicola, nato a Caserta il 10/03/1964

avverso la sentenza del 25/10/2012 del Tribunale di Lucca

visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso ed i motivi aggiunti;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Tindari Baglione, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva applicata nei confronti di Nicola Esposito,
su accordo delle parti, la pena di mesi sei di reclusione ed C. 200 di multa per il
reato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., commesso il 19/08/2012 presso il
supermercato Esselunga di Lucca riponendo generi alimentari e di profumeria del

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Data Udienza: 11/04/2013

valore complessivo di C. 495,61 in un carrello e forzando con lo stesso le barre
automatiche poste all’entrata dell’esercizio per evitare il pagamento alle casse.
L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Il ricorrente deduce in primo luogo nullità del rito direttissimo per essere
stato l’avviso di celebrazione della relativa udienza, fissata a seguito di rinvio per
concessione di termine a difesa dalla precedente udienza di convalida dell’arresto
dell’imputato, notificato al difensore nominato in quell’udienza quale sostituto del
difensore dell’Esposito, e non a quest’ultimo difensore.

legge e mancanza di motivazione sulla ravvisabilità nel fatto dell’ipotesi del
tentativo, essendo stato l’imputato notato da un sorvegliante mentre si dirigeva
verso l’uscita del supermercato e qui fermato dall’addetto prima che i beni
uscissero dalla sfera di vigilanza della persona offesa.
3. Con motivo aggiunto il ricorrente, oltre ad insistere nelle censure di cui al
punto precedente, deduce violazione di legge nella ritenuta sussistenza delle
aggravanti di cui all’art. 627 nn. 2 e 7 cod. pen., esclusa dalle informazioni
testimoniali rese dall’addetto alla sicurezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il motivo di ricorso sulla dedotta nullità del rito direttissimo è

inammissibile.
La deduzione del motivo non è infatti consentita nel momento in cui
l’adesione al concordato sull’applicazione della pena Implica rinuncia della parte
ad eccepire qualsiasi ragione di nullità diversa da quelle strettamente attinenti la
richiesta di applicazione della pena ed il consenso intervenuto sulla stessa (Sez.
6, n. 32391 del 25/06/2003, Simone, Rv. 226508; Sez. 2, n. 6383 del
29/01/2008, De Blasio, Rv. 239449; Sez. 4, n. 16832 dell’11/04/2008, Karafi,
Rv. 239543; Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539). Non senza
considerare che la censura è comunque manifestamente infondata laddove dagli
atti risulta che, se effettivamente all’udienza di convalida dell’arresto del
20/08/2012 il difensore di fiducia dell’imputato avv. Rapuano era sostituito
d’ufficio dall’avv. Paiano, alla successiva udienza del 25/10/2012, in esito alla
quale veniva pronunciata la sentenza impugnata, l’avv. Rapuano era presente e
nulla eccepiva.

2. Parimenti inammissibile è il motivo di ricorso sulla qualificazione giuridica
del fatto.
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2. Sulla qualificazione giuridica del fatto, il ricorrente deduce violazione di

Posto che l’erroneità della qualificazione giuridica del fatto in una sentenza
di applicazione di pena può essere denunciata con ricorso per cessazione allorché
risulti all’esito di un controllo da effettuarsi nei limiti della ricostruzione del fatto
come prospettata nell’imputazione sulla quale si è stabilito l’accordo negoziale
fra le parti (Sez. 3, n. 1774 del 12/08/1993, Panozzo, Rv. 195213; Sez. 5, n.
5896 del 05/11/1998, Gaita, Rv. 212109), la doglianza del ricorrente è in questi
termini manifestamente infondata. Il superamento, da parte dell’imputato, della
sbarra posta all’entrata dell’esercizio commerciale con i beni sottratti, integra

fatto sia avvenuto sotto il controllo del personale addetto alla sorveglianza (Sez.
5, n. 23020 del 09/05/2008, Rissotto, Rv. 240493; Sez. 5, n. 7086 del
19/01/2011, Marin, Rv. 249842).

3. Inammissibile è da ultimo il motivo aggiunto relativo alla ritenuta
sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 627 nn. 2 e 7 cod. pen..
Condizione di ammissibilità di un motivo aggiunto è il riguardare la stessa, ai
sensi dell’art. 581, comma primo, lett. A cod. proc. pen., un punto della
decisione impugnata toccato dal ricorso originario (Sez. 6, n. 73 del 21/09/2011,
Aguì, Rv. 251780; Sez. 2, n. 1417 dell’11/10/2012 (11/01/2013), Platamone,
Rv. 254301); e tanto non ricorre all’evidenza per il motivo in oggetto. Né va
sottaciuto che la rilevata inammissibilità dei motivi principali si estende
comunque al motivo aggiunto, la cui validità è subordinata a quella dei primi
(Sez. 1, n. 1698 del 14/07/1982, Awad Barv, Rv. 155121; Sez. 6, n. 1878 del
17/10/1989 (10/02/1990), Amri Noureddine, Rv. 183290).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in €.1.500.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €.1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma Il 11/04/2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

infatti la contestata fattispecie del furto consumato, irrilevante essendo che il

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