Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23562 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23562 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Casamonica Guido, nato a S. Egidio alla Vibrata il 07/08/1948

avverso l’ordinanza del 15/04/2011 del Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato veniva fra l’altro confermata l’esecutività,
nei confronti di Guido Casamonica, delle sentenze di condanna pronunciate dal
Tribunale di Roma il 09/03/1983 ed il 3/11/1984 e dalla Corte d’Appello di
Roma il 21/01/1994, il 07/03/1996 09 474/10/2006.

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Data Udienza: 11/04/2013

L’ordinanza veniva pronunciata a seguito di rinvio da questa Corte di
Cassazione, che con sentenza del 03/06/2010 aveva annullato la precedente
ordinanza reiettiva dello stesso Tribunale del 23/11/2009, osservando che, a
fronte di un’espressa istanza del Casamonica di restituzione nel termine per
l’impugnazione delle sentenze di cui sopra, il Tribunale era tenuto ad effettuare
le verifiche necessarie.
Il condannato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Il ricorrente eccepisce in primo luogo l’illegittimità costituzionale, per

34, comma primo, cod. proc. pen. laddove non prevedono che in caso di
annullamento con rinvio di un’ordinanza, così come disposto per le sentenze, la
decisione in sede rescissoria sia affidata a giudici diversi da quelli che hanno
pronunciato l’ordinanza annullata, questione rilevante nella specie in quanto il
provvedimento oggi impugnato veniva emesso dal Tribunale di Roma in
composizione analoga a quella che aveva pronunciato l’ordinanza annullata, a
seguito di rigetto, da parte del Presidente del Tribunale, della dichiarazione di
astensione formulata dal collegio.
2. Sulle istanze di restituzione nel termine, il ricorrente deduce violazione di
legge nella ritenuta equipollenza, ai fini della data della conoscenza effettiva
delle sentenze, di provvedimenti decisori di incidenti di esecuzione o di
unificazione di pene concorrenti, tenuto conto della necessità di una conoscenza
estesa alla motivazione e non solo all’esistenza della sentenza. Il ricorrente
ripropone altresì questioni relative alla validità dei titoli esecutivi di cui alle
sentenze in oggetto, deducendo segnatamente, in ordine alla sentenza del
09/03/1983, mancanza di motivazione sull’eccezione di omessa notifica
dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello proposto avverso detta sentenza; in
ordine alla sentenza del 30/11/1984, violazione di legge nella ritenuta validità
della notifica dell’estratto contumaciale in quanto eseguita presso il domicilio del
condannato a mani di persona qualificata come moglie dello stesso e non più
precisamente identificata, risultando dalla certificazione prodotta agli atti che il
Casamonica è celibe; in ordine alla sentenza del 21/01/1994, violazione di legge
nella ritenuta validità della notifica dell’estratto contumaciale non presso il
domicilio dichiarato dal condannato, ma presso il diverso recapito del difensore;
in ordine alla sentenza del 07/03/1996, violazione di legge nella ritenuta validità
della notifica dell’estratto contumaciale presso l’abitazione del Casamonica,
peraltro a mani di persona qualificata come figlio dello stesso, laddove il
Casamonica dichiarava di non avere alcun figlio con tale nome, e non presso il
domicilio eletto presso il difensore; e in ordine alla sentenza del 26/10/2006,
violazione di legge nell’erronea qualificazione del Casamonic.a come rinunciante a
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contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost, degli artt. 623, comma primo, lett. AeCe

comparire all’udienza dibattimentale in pari data, nel momento in cui la rinuncia
era stata espressa solo per la precedente udienza dell’08/06/2006.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La dedotta questione di legittimità costituzionale degli artt. 623, comma
primo, lett. AeCe 34, comma primo, cod. proc. pen. è irrilevante e comunque

L’art. 623, comma primo, lett. A, cod. proc. pen. prevede, in caso di
annullamento con rinvio di un’ordinanza a seguito del giudizio di cassazione, la
trasmissione dei relativi atti «allo stesso giudice che l’ha pronunciata», mentre le
disposizioni di cui alle successive lett. C e D statuiscono espressamente che
all’annullamento con rinvio di una sentenza di un giudice in composizione
collegiale e di un giudice del tribunale in composizione monocratica segua la
trasmissione degli atti, rispettivamente, ad altra sezione della stessa corte o
tribunale o alla corte o tribunale più vicini e ad un giudice diverso dello stesso
tribunale. Il tenore della prima disposizione è dunque chiaro nel senso che la
rivalutazione della questione posta dall’annullamento con rinvio di un’ordinanza,
a differenza di quanto avviene per la sentenza, può essere effettuata dagli stessi
magistrati che avevano pronunciato l’ordinanza annullata, senza che da ciò derivi
alcuna causa di incompatibilità ai sensi dell’art. 34 cod. proc. pen. (Sez. 3, n.
3629 del 04/12/1998 (30/01/1999), Marraffa, Rv. 212385; Sez. 1, n. 2098 del
19/12/2007 (15/01/2008), Varagnolo, Rv. 238645; Sez. 6, n. 3884
dell’11/12/2009 (28/01/2010), Marai, Rv. 246135; Sez. 5, n. 16875 del
24/03/2011, Rao, Rv. 250173).
Ciò posto, la questione di illegittimità costituzionale sollevata dal ricorrente,
come già osservato in altre occasioni da questa Corte (Sez. 1, n. 607 del
25/11/2008 (12/01/2009), Giardini, Rv. 242382), è in primo luogo irrilevante. La
violazione dell’art. 34 cod. proc. pen., che il ricorrente fa derivare dall’invocato
accoglimento dell’eccezione, non integra infatti alcuna nullità (Sez. U, n. 23 del
24/11/1999 (01/02/2000), Scrudato, Rv. 215097; Sez. 6, n. 9680 del
04/02/2003, Calicchio, Rv. 223785; Sez. 3, n. 2115 del 14/11/2003
(23/01/2004), Jayasurya, Rv. 227588; Sez. 5, n.13593 del 12/03/2010,
Bonaventura, Rv. 246716), trovando rimedio proprio ed esclusivo nella
eventuale procedura della ricusazione (Sez. 6, n. 22464 del 20/04/2005,
Saraceni, Rv. 232236; Sez. 5, n. 43 del 16/11/2005 (03/01/2006), Todaro, Rv.
233060).

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manifestamente infondata.

La questione, peraltro, è in ogni caso manifestamente infondata. La
posizione del decidente in una procedura quale quella di cui al ricorso in esame,
come pure già osservato da questa Corte in situazioni similari (Sez. 1, n. 23502
del 07/10/2003 (19/05/2004), Montini, Rv. 228125; Sez. 4, n. 19654 del
27/02/2009, Venturato, Rv. 243446), non è infatti equiparabile a quella nel
quale il procedimento si concluda con un giudizio di merito pronunciato con una
sentenza in ordine alla fondatezza di un’imputazione; situazione in relazione alla
quale è giustificabile la particolare attenzione del legislatore per la possibilità che

della sentenza annullata, condizioni l’esito del giudizio rescissorio. E’ pertanto
evidente l’insussistenza, nell’attuale disciplina sulla competenza a decidere a
seguito dell’annullamento con rinvio di un’ordinanza, di alcuna irragionevole
disparità di trattamento normativo o violazione del diritto di difesa.

2. I motivi di ricorso relativi alle istanze di restituzione nel termine sono
infondati.
Rammentato che il tema della mancanza di motivazione sulla sussistenza dei
presupposti per il diritto del condannato alla restituzione nel termine per
l’impugnazione delle sentenze di cui in premessa costituisce oggetto specifico
dell’annullamento con rinvio della precedente ordinanza, dirimenti sono sul punto
le considerazioni del provvedimento impugnato sull’avvenuta impugnazione della
sentenza del 09/03/1983 da parte del difensore del Casamonica e, in generale,
sull’effettiva conoscenza di tutte le sentenze in esame in capo al predetto in date
rispetto alle quali le istanze di restituzione nel termine risultavano
evidentemente tardive; conoscenza data in particolare dal riferimento a dette
sentenze in provvedimenti di unificazione di pene o di applicazione della
continuazione in sede di esecuzione, segnatamente l’ordinanza della Corte
d’Appello di Roma del 25/02/2002, con la quale veniva applicata la continuazione
fra i fatti di cui alle sentenze del 09/03/1983 e del 30/11/1984, l’ordinanza della
Corte d’Appello di Roma del 13/11/2007, con la quale veniva deciso un incidente
di esecuzione proposto in relazione alla sentenza del 26/10/2006, e i
provvedimenti di cumulo emessi dal 17/05/2001, inclusivi di tutte le sentenze.
Correttamente tali provvedimenti venivano ritenuti produttivi di una
conoscenza delle sentenze idonea a far decorrere i termini stabiliti a pena di
decadenza dall’art. 175 cod. proc. pen. per la proposizione delle istanze di
restituzione dei termine per l’impugnazione, rispetto ai quali le istanze nella
specie presentate dovevano pertanto ritenersi tardive. Contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, è invero sufficiente a questi fini la conoscenza
dell’esistenza e degli estremi dei provvedimenti per l’impugnazione dei quali le
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la precedente valutazione dello stesso giudice sulla medesima materia, oggetto

istanze sono proposte (Sez. 1, n. 20036 del 09/05/2006, El Aidoudi,
Rv.233864); estremi, questi ultimi, da individuarsi nella data e nell’oggetto del
singolo provvedimento e nell’autorità che lo ha emesso (Sez. 2, n. 5443 del
22/01/2010, Sadraoui, Rv. 246436), dati sicuramente risultanti dai
provvedimenti relativi alla fase esecutiva indicati nell’ordinanza impugnata quali
veicoli di conoscenza del condannato. Ed inconferente è il riferimento del
ricorrente a quanto affermato da questa Corte (Sez. U, n. 35402 del
09/07/2003, Mainente, Rv. 225362) in ordine all’impossibilità di ritenere la

dell’estratto contumaciale della stessa, attinente alla diversa tematica della
valida formazione del titolo esecutivo.
Tanto essendo già sufficiente ad integrare una congrua motivazione del
provvedimento impugnato nella prospettiva indicata all’esito del giudizio
rescindente, il Tribunale riprendeva comunque a questi fini considerazioni
relative alle riproposte questioni sui titoli esecutivi e ritenute dimostrative, in
conformità ai principi enunciati da questa Corte, della conoscenza effettiva delle
singole sentenze oggetto del ricorso da parte del Casamonica. Osservando in
particolare che la sentenza del 09/03/1983 veniva appellata dal difensore del
Casamonica, ed implicitamente ritenendo superate le questioni relative alla
notifica dell’ordinanza dichiarativa di inammissibilità dell’appello; che l’estratto
contumaciale della sentenza del 30/11/1984 veniva regolarmente notificato a
mani di persona qualificatasi come moglie convivente del Casamonica,
circostanza rispetto alla quale la successiva allegazione dello stato di celibato di
quest’ultimo non integra la prova che incombe sull’interessato in ordine
all’esclusione del rapporto di convivenza (Sez. 5, n. 14108 del 28/10/1999,
Giardini, Rv. 215798; Sez. 2, n. 24575 dell’8/05/2001, Verdinelli, Rv. 219640;
Sez. 4, n. 27549 del 04/06/2008, Mattei, Rv. 240893); che la notifica
dell’estratto contumaciale della sentenza del 21/01/1994 presso il difensore di
fiducia del condannato costituisce valida prova di conoscenza effettiva della
sentenza in capo al predetto, in considerazione del dovere deontologico del
difensore fiduciario, pur se non domiciliatario, di avvisare il cliente (Sez. 6, n.
785 del 12/12/2006 (16/01/2007), Iannicelli, Rv. 236000; Sez. 1, n. 2432 del
12/12/2007 (16/01/2008), Ciarlantini, Rv. 239207); che analoga effettività di
conoscenza doveva essere riconosciuta come garantita, per le ragioni esposte in
ordine alle due sentenze appena sopra menzionate, dalla notifica dell’estratto
contumaciale della sentenza del 07/03/1996 a mani di persona qualificatasi
come figlio del Casamonica e comunque presso il difensore di fiducia di
quest’ultimo; e che la notifica al Casamonica, nel luogo in cui era all’epoca
detenuto, dell’estratto contumaciale della sentenza del 26/10/2006, s erava le
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notifica di un ordine di esecuzione di una sentenza equivalente a quella

questioni relative alla qualificazione del predetto come rinunciante a comparire
nel processo, comunque non deducibili in sede di esecuzione in quanto inerenti
alla fase di cognizione ed oggetto degli ordinari mezzi di gravame (Sez. 1, n.
37979 del 10/06/2004, Condemi, Rv. 229580; Sez. 1, n. 8776 del 28/01/2008,
Lasco, Rv. 239509).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma l’11/04/2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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