Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23560 del 14/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23560 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRE ANTONIO N. IL 13/09/1984
avverso l’ordinanza n. 1729/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
03/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 14/05/2014

-1- Pene Antonio, in custodia cautelare dal 13.9.2010 per i delitti, in continuazione, di associazione
a delinquere di stampo mafioso, dir illecita detenzione e ricettazione di anni aggravati ex art. 7
D.L. 152/1991 nonchè di ricettazione di un motociclo, ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza
del tribunale di Milano in data 3.12.2013 che, in accoglimento dell’appello proposto dal P.G. in
sede avverso l’ ordinanza 14.10.2013 della corte di appello della stessa città – che aveva disposto la
scarcerazione dell’ imputato per decorrenza dei termini di custodia cautelare per il delitto -base ex
at. 416 bis e per aver subito sempre custodia cautelare per un tempo inferiore alla pena come
irrogata per i reati satelliti – ripristinava la custodia cautelare in carcere per tutti i reati contestati.
-2- Era accaduto che la sentenza della corte di appello in data 10.1.2012 aveva condannato l’
imputato, con rito abbreviato, alla pena di anni sei mesi quattro di reclusione, determinando in
anni otto la sanzione per il delitto associativo aumentata di anni 1 e mesi sei per i delitti satelliti,
riducendo poi la pena per il rito. La sentenza però era stata annullata dalla corte di cassazione- sent.
Sez.1, 6.6.2013- limitatamente al delitto ex at. 416 bis e alla aggravante ex art. 7 cit., confermando
poi nel resto la decisione di secondo grado. Ora, ad avviso dei giudici dell’appello in sede cautelare,
che richiamano a sostegno tre pregresse sentenze delle Sezioni Unite — 26.3/22.9.2009, Vitale,
31.5.2007, Keci e 26.2.1997,Mammoliti- in caso di condanna non definitiva per reato continuato, al
fine di valutare l’eventuale perdita di efficacia ex art. 300 comma 4 c.p.p., occorre considerare la
pena complessiva rapportabile al reato continuato, precisamente la pena inflitta per tutti i reati in
continuazione per i quali fosse in corso, al momento della in tesi erronea scarcerazione, la custodia
cautelare. Aggiungono,poi , quei giudici che i termini massimi di custodia cautelare per i reati cd.
satelliti, in ordine ai quali era intervenuta la” doppia conforme”, per essere stato il ricorso in ordine
alla responsabilità rigettato dalla Corte di Cassazione, erano determinati dagli artt. 303 comma 4 e
304 comma 6 c,p,p, in anni quattro, per la prima disposizione, aumentati, per via della seconda, del
doppio. Ne conseguiva che alcuna rilevanza, ai fini della scarcerazione, poteva avere la scadenza
del termine di tre anni di custodia cautelare per il delitto ex at. 416 bis c.p., regredito nel grado di
appello in seguito all ‘annullamento parziale della corte di cassazione.
-3- Le ragioni di doglianza denunciano, richiamando l’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p., l’erronea
applicazione degli artt. 300, 303 e 304 codice di rito. Le disposizioni sarebbero invece, state
esattamente interpretate dalla corte di appello di Milano con l’ ordinanza di scarcerazione datata
14.10.2013, con buona applicazione peraltro dei principi ribaditi dalla sentenza delle Sezioni Unite
del 26.3.2009,Vitale e delle altre due richiamate nell’ ordinanza impugnata: invero, una volta
ritenuto scaduto il termine — di due anni- di custodia cautelare con riferimento al delitto di
associazione a delinquere di stampo mafioso in ordine solo al quale il processo era regredito nel
grado di appello, dopo l’ annullamento parziale della corte di Cassazione, la custodia cautelare per i
reati satelliti, in ordine ai quali la pena correlata era stata determinata in anni uno e mesi sei per lo
più ridotti di un terzo per il rito, avrebbe perduto efficacia, in forza del disposto dell’art. 300
comma 4 c.p.p., per essere la durata della custodia già subita inferiore alla durata della pena
comminata. Richiama la difesa del ricorrente Cass. Sez. 6, 28.5/8.7.2013, P.G. in pro.c. Abbotiello e
a., Rv.255859 che, in relazione ad una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, aveva
ritenuto che” in caso di condanna non definitiva per reato continuato, al fine di valutare l’eventuale
perdita di efficacia, ex art. 300, comma quarto, cod. proc. pen., della custodia cautelare applicata
soltanto per il reato satellite, la pena alla quale occorre fare riferimento è quella inflitta come
aumento per tale titolo, anche quando la stessa possa essere rideterminata negli ulteriori gradi di
giudizio “.
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Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Fulvio Baldi, per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore dell’ imputato,avv. Gianpaolo Catanzariti, che ne chiede 1′ accoglimento.

-5- Il Collegio ritiene infondato il ricorso nella parte in cui contesta la legittimità della disposta
carcerazione correlata alla avvenuta condanna per i reati satelliti, per i quali, in presenza di una
doppia conforme, deve essere richiamata l’ operatività della disciplina degli artt. 303 comma 4 e
304 comma 6 c.p.p., con conseguente individuazione della scadenza del termine, pari ad anni sei, di
custodia cautelare alla data del 12.9.2016.
Rileva preliminarmente il Collegio che la fattispecie in esame è diversa da quelle esaminate dalle
sentenze delle Sezioni Unite richiamate: in ordine di tempo nella sentenza 26.2/27.6.1997,
Mammoliti, Rv. 207939 non per tutti i reati in continuazione, ma solo per i reati satelliti era
intervenuta la custodia cautelare ed il giudice di legittimità aveva ritenuto che i termini “condanna
e “pena inflitta”, di cui all’art. 300 comma 4 c.p.p., dovevano intendersi riferirsi solo ai reati in
continuazione per i quali era in atto la custodia cautelare e non al reato. base ed alla correlata pena
oggetto sì di condanna, ma non anche di custodia cautelare; nella sentenza 31.5/14.6.2007, Keci,
Rv. 236393 tutti i reati, collegati dal nesso di continuazione, per i quali era intervenuta condanna
erano oggetto di custodia cautelare ed i giudici di legittimità hanno ritenuto che, ai fini della
individuazione del termine di fase allorchè vi sia stata sentenza di condanna in primo ed in secondo
grado, occorreva riferirsi alla pena complessivamente inflitta per tutti i reati per i quali era in corso
la custodia cautelare e quindi alla pena unitariamente quantificata a seguito dell’applicazione del
cumulo materiale o giuridico per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione; nella
sentenza del 26.3/ 22.6.2009,Vitale, Rv. 243588, infine si è ribadito il principio posto dalla
sentenza Mammoliti, che cioè in caso di condanna non definitiva per reato continuato, al fine di
valutare l’eventuale perdita di efficacia (art. 300 comma quarto cod. proc. pen.) della custodia
cautelare applicata soltanto per il reato o reati – satellite, la pena alla quale occorre fare riferimento è
quella inflitta come aumento per tale titolo.
Ora il caso di specie, invece, si differenzia dagli altri esaminati per il fatto che tutti i reati in
continuazione sono stati oggetto di custodia cautelare e che, al momento della richiesta di
scarcerazione in ordine ai reati satelliti, la durata della correlata custodia cautelare era inferiore alla
pena inflitta, mentre i termini di custodia cautelare solo per il reato-base, per il quale il processo era
regredito al primo grado per l’annullamento parziale della sentenza di secondo grado, erano scaduti
con la conseguente in astratto doverosa scarcerazione, in ordine al predetto delitto, dell’ imputato.
Una tale differenza preclude l’operatività della regola fissata dalle pregresse sentenze delle sezioni
Unite nei processi Mammoliti e Vitale, dovendosi distinguere lo stato dell’ imputato libero, perchè
già scarcerato, dallo stato dell’ imputato ancora sì ristretto ma da scarcerare per la già avvenuta
decorrenza dei termini di fase di custodia cautelare. Invero in tale diversa situazione deve ritenersi
operativa la regola alla cui stregua il termine di fase va individuato con riferimento alla pena
complessiva per tutti i reati per i quali è in corso la misura cautelare, compreso quindi il delitto di
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-4- Ad avviso del Collegio, il ricorso è solo in parte fondato.
Non è fondata la decisione impugnata nella parte in cui ha disposto la custodia cautelare in carcere
per tutti i reati avviti dal nesso della continuazione. Invero il ricorrente è stato scarcerato per il
delitto di associazione a delinquere ex art. 416 bis c.p. dalla corte di appello con l’ordinanza
14.10.2013 per essere incontestabilmente decorso, in seguito all’annullamento con rinvio della corte
di cassazione, il termine di fase stabilito dall’art. 303 comma 1 lett. c) n 2 c.p.p. Nè in proposito,
onde supportare il dispositivo della ordinanza impugnata, possono richiamarsi i precedenti
giurisprudenziali, ammessane per un momento la fondatezza, secondo cui in materia di
scarcerazione per decorrenza dei termini, è legittimamente respinta la richiesta di scarcerazione che
faccia riferimento ad una sola delle contestazioni poste a base della misura stessa. L’ esigenza
pratica sottesa ad una tale affermazione — disporre la scarcerazione per un reato per decorrenza
termini costituirebbe un mero flatus voci a fronte di una carcerazione che deve continuare per altra
imputazione — non ricorre nel caso in esame, laddove l’ imputato ha già acquistato la libertà in
relazione al delitto per il quale si è consumato, correlato al grado del processo, il termine di
carcerazione preventiva.

Così deciso in Roma il 14.5.2014

associazione a delinquere di stampo mafioso Ne consegue che i termini massimi di custodia
cautelare,determinati dagli artt. 303.comma 4 3 304 comma 6 c.p.p., tenendo conto della cd. doppia
conforme per i reati satelliti, pari ad anni sei, non sono allo stato maturati.. Nè sarebbe possibile
richiamare ,per disciplinare la fattispecie concreta in esame, l’art. 300 comma 4 c.p.p., che
presupporrebbe la stabilità della pena definitiva, in eccesso rispetto alla durata della custodia
cautelare già sofferta. Nel caso di specie la pena inflitta al momento potrà e dovrà essere
modificata, sia nell’ ipotesi della definitiva assoluzione dell’ imputato in ordine al reato base,
riflettendosi la statuizione sulla commisurazione della pena per i reati non più satelliti, sia
nell’ipotesi di conferma della condanna per il reato associativo e della aggravante ex art. 7 D.L. n.
152/1991, per ricomprendere la pena definitiva quella rapportabile non solo ai reati satelliti,
eventualmente aggravati, ma anche rapportabile al reato – base della continuazione.
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata senza rinvio limitatamente al delitto associativo,in
orine al quale resta ferma la scarcerazione già disposta dalla orte di appello, mentre il ricorso dovrà
essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
annulla senza rinvio l’ ordinanza impugnata limitatamente a reato di cui all’art. 416 bis c.p.:rigetta
nel resto il ricorso. Si proceda a norma dell’art. 28 disp. reg. ic.p.p.

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