Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23554 del 30/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23554 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSPITO SANTO ANTONIO N. IL 12/10/1970
avverso la sentenza n. 4883/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
03/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/05/2014

-1- Cospito £anto Antonio, già condannato con doppia conforme- sentenze in data 19.5.2005 dal
tribunale di Como e in data 3/13.12.2013 della corte di appello di Milano . — alla pena di anni uno
di reclusione ed euro 300,00 di multa per i delitti, in continuazione, di truffa e diffamazione ex artt.
640 e 595 c.p., ricorre avverso la seconda decisione , denunciando ” erronea valutazione delle
prove,erronea ricostruzione dei fatti e illogica motivazione della sentenza.
-2- Il ricorso è inammissibile perchè il motivo posto a suo sostegno, oltre che ripetere
pedissequamente le ragioni poste a fondamento dl ,”’pregresso appello, senza peraltro alcuna
considerazione del coerente e ragionamento svolto da quest’ultimo a confutazione, si cala tutto nel
merito della vicenda nel tentativo di indurre questa Corte a travalicare i rigidi confini delimitanti il
campo proprio di operatività e conoscenza del giudice di legittimità.
Invero, incontestati la sussistenza degli elementi costitutivi dei delitti di truffa e di diffamazione
tramite condotte trasmesse via Internet utilizzando una casella postale accesa a suo nome, il ricorso
contesta la riconducibilità delle condotte all’ imputato, prospetta la possibilità della riconducibilità
delle predette ad altra persona non identificata, Ora i giudici di merito hanno ritenuto la
responsabilità dell’ imputato per le condotte criminose contestate in forza di una serie di
circostanze univocamente indizianti,le seguenti: nel contratto di accensione della casella postale
compare la firma autentica del Cospito, nella documentazione acquisita agli atti compare la
sottoscrizione del sedicente ” Max Verde”, pseudonimo con il quale l’imputato si presentava alle
persone offese per la perpetrazione delle truffe, sottoscrizione la cui calligrafia, secondo entrambi i
giudici di merito, ictu ocu/i era la stessa del sottoscrittore dell’accensione della casella postale,
peraltro inaccessibile ad estranei. Di rimando il ricorrente ripete le eccezioni da sempre
proposte,senza però egli stesso poter dare una spiegazione plausibile dell’ asserito abuso della
casella.
La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
li Dichiara inammissibi4 il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di mille euro alla cassa delle ammende. .
Così deciso in Roma il 30.5.2014.

impugnata, il ricorso, nonché la memoria difensiva pervenuta in
Letti gli atti, la sentenza
cancelleria il 19.5.2004;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Elisabetta Cesqui, per l’ inammissibilità del ricorso.

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