Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23540 del 07/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 23540 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
RIVOSECCHI Andrea n. Montefiore dell’Aso (AP) il 10 novembre 1967
avverso la sentenza emessa il 22 novembre 2012 dalla Corte di appello di Ancona

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Aurelio Galasso, che
ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 07/03/2014

Z-

Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 22 novembre 2012 la Corte di appello di Ancona ha
confermato la sentenza emessa il 4 aprile 2005 dal Tribunale di Fermo con la quale
Rivosecchi Andrea, all’esito del giudizio abbreviato, era stato dichiarato colpevole del
reato di ricettazione di un autocarro di provenienza furtiva, accertato il 19 ottobre
1999, ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche e con la
diminuente per il rito, alla pena condizionalmente sospesa di anni uno di reclusione ed

2. Avverso la predetta sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto
ricorso per cassazione deducendo il vizio della motivazione e l’errata applicazione della
legge penale per non essersi tenuto conto che l’autocarro era stato solo posteggiato
nel piazzale dell’azienda agricola del padre del Rivosecchi, in attesa che tale Manlio
Costa -di cui l’imputato, che aveva consentito il posteggio del mezzo, aveva fornito i
recapiti telefonici- ne fornisse i documenti e le targhe per effettuare il passaggio di
proprietà, senza che il Rivosecchi avesse pagato alcun prezzo o avesse utilizzato in
alcun modo il mezzo ricevuto solo precariamente in consegna; irrilevanti sarebbero le
dichiarazioni della madre del Rivosecchi relative all’acquisto all’asta dell’autocarro da
parte dell’imputato il quale non aveva avuto consapevolezza della provenienza furtiva
del mezzo anche perché il prezzo richiesto era congruo; nel caso di specie non
sarebbe ravvisabile nemmeno il dolo eventuale.

Ritenuto in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
L’imputato non ha negato di aver ricevuto l’autocarro di provenienza furtiva, ma
ha sostenuto di averlo ricevuto in buona fede da tale Costa Manlio, di cui aveva fornito

euro 1.000,00 di multa.

i numeri telefonici. Le censure riguardano pertanto la ritenuta sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione.
La Corte rileva che il giudice di merito si è adeguato al costante orientamento
della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del
delitto di ricettazione, è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del
bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si
estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di
luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette,
allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e

dk,

3
secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto
ricevuto. Questa Corte ha più volte, del resto, affermato che la conoscenza della
provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche
indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la
consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata -o
non attendibile- indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un

febbraio 1997 n.2436, Savic). Ed in tema di reato presupposto deve rilevarsi che, ai
fini dell’accertamento della responsabilità per il delitto di ricettazione, non è
necessario l’accertamento giudiziale della commissione dello stesso ne’ l’esatta
tipologia del reato (Cass. sez.II 12 marzo 1998 n.3211, Vodola), potendo il giudice
affermarne l’esistenza attraverso prove coerenti e logiche (Cass. sez.IV 7 novembre
1997 n.11303, Bernasconi; sez.II 15 gennaio 2009 n.10101, Longo).
Nella motivazione della sentenza impugnata l’assenza di plausibili spiegazioni in
ordine alla legittima ricezione dell’autocarro -che si presentava in ottime condizioni,
aveva un valore elevato (circa 40.000,00 euro) ed era privo di targhe e di carta di
circolazione- da parte di un soggetto resosi irreperibile, le contraddizioni con la diversa
versione sull’acquisto del mezzo rese dalla madre dell’imputato circa l’acquisto
dell’autocarro che sarebbe avvenuto non da un privato ma all’asta (dichiarazioni
pienamente utilizzabili, ancorché non verbalizzate, avendo l’imputato scelto di essere
giudicato con il rito abbreviato: Cass. Sez.Un. 21 giugno 2000m n.16, Tammaro; sez.I
3 marzo 2005 n.16411, Baldassarre; sez.VI 18 marzo 2009 n.28542, Severi; sez.VI 6
luglio 2010 n.44420, Belforte), il mancato rinvenimento nei tabulati telefonici di
contatti tra l’imputato e il Costa si pongono come coerente e necessaria conseguenza
di un acquisto illecito.
Del resto, come questa Corte ha recentemente affermato (Cass. Sez.Un. 26
novembre 2009 n.12433, Nocera; sez.I 17 giugno 2010 n.27548, Screti) l’elemento
psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è
configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta
possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del
rischio.
Con argomentazione del tutto logica, infine, la Corte territoriale ha escluso la
configurabilità della contravvenzione di incauto acquisto in relazione all’acquisizione di

acquisto in mala fede (Cass. sez.II 11 giugno 2008 n.25756, Nardino; sez.II 27

4
un mezzo di elevato valore, in buone condizioni d’uso, ma privo di targhe e di carta di
circolazione, per di più a dire dell’imputato ricevuto da un soggetto di cui aveva solo il
recapito telefonico.
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

euro 1.000,00.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA