Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23539 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23539 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
BIANCOTTI Luciano n. Teglio (SO) il 12 giugno 1964
avverso la sentenza emessa il 27 novembre 2012 dalla Corte di appello di Milano

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Aurelio Galasso, che
ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 07/03/2014

Z
Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 27 novembre 2012 la Corte di appello di Milano ha
riformato la sentenza emessa il 31 gennaio 2008 dal Tribunale di Sondrio con la quale
Biancotti Luciano era stato dichiarato colpevole dei reati di ricettazione di un modulo
di assegno in bianco, di cui era stato denunciato lo smarrimento dall’intestataria del
conto Bartesaghi Elena, e di truffa ai danni di Paganoni Mileo cui il titolo era stato

accertati in Sondrio il 29 ottobre 2005. La Corte territoriale ha ridotto la pena, con la
continuazione tra i reati e la recidiva già applicate in primo grado, ad anni due, mesi
sei di reclusione ed euro 3.000,00 di multa.
2. Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione deducendo la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, con particolare riferimento alla valutazione delle dichiarazioni della
persona offesa in ordine alle scuse ricevute dall’imputato, circa una settimana dopo
che si era accorta della sparizione del suo libretto di assegni, per essersi impossessato
degli assegni e aver tentato di incassarli. Il ricorrente si duole quindi della mancata
qualificazione del fatto come furto, anziché come ricettazione.

Ritenuto in diritto
3.

Il ricorso è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di

legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del
materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito. Nel caso
in esame, il giudice di merito ha ineccepibilmente osservato che la prova della
responsabilità dell’imputato in ordine al contestato reato di ricettazione si desumeva
dalla circostanza che l’imputato, contumace sia in primo grado che in appello, non

consegnato dall’imputato per la monetizzazione dell’importo di 300,00 euro, reati

aveva mai personalmente sostenuto di essere l’autore del furto del blocchetto di
assegni in bianco di cui la persona offesa Bartesaghi Elena aveva denunciato lo
smarrimento il 2 novembre 2005 e comprendente l’assegno, già compilato con la
firma apocrifa della Bartesaghi, che lo stesso imputato si era fatto cambiare da
Paganoni Mileo. L’ipotesi che l’imputato fosse l’autore del furto ai danni della
Bartesaghi costituiva una mera prospettazione difensiva che le dichiarazioni della
donna (la quale aveva dichiarato di aver appreso dallo stesso imputato che era stato
lui ad impossessarsi degli assegni e ad aver tentato di incassarli, escludendo tuttavia
di aver avuto nel periodo del furto contatti con il Biancotti tali da favorire la
realizzazione da parte di quest’ultimo dell’azione furtiva) non erano idonee ad

(i.,

avvalorare. La Corte territoriale ha infatti osservato, con argomentazione logicamente
coerente, che la prossimità temporale del possesso dell’assegno da parte del Biancotti
rispetto alla sottrazione non era decisiva, ben potendo il titolo essere stato consegnato
all’imputato rapidamente dall’autore del furto per consentirne la spendita prima della
presentazione della denuncia. Quanto alla sottoscrizione aprocrifa sull’assegno della
Bartesaghi, secondo il giudice di merito non poteva escludersi che anche l’autore del

essersene impossessato, apponendovi la falsa firma dell’intestataria del conto
corrente. Correttamente, in mancanza di indicazioni da parte dell’imputato sul fatto e
in presenza di elementi probatori che accreditassero la tesi difensiva, si è ritenuto che
il semplice possesso ingiustificato degli assegni consentisse nel caso in esame la
configurazione del delitto di ricettazione (Cass. sez.V 20 gennaio 2010 n.19453,
Calabrese; sez.II 13 maggio 1983 n.10417, De Risi; sez.I 29 ottobre 2004 n.46006,
Di Berardino).
Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi
adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione
delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze
logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata
incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare
direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a
verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso
esauriente e plausibile. Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello di una
“rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione
è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30-4- 1997 n. 6402, Dessimone).
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

furto, come l’imputato, conoscesse la persona offesa e avesse compilato il titolo, dopo

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