Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23535 del 14/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23535 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI L’AQUILA
nei confronti di:
BELLOTTI FELICE N. IL 19/05/1966
avverso l’ordinanza n. 398/2013 TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA, del
05/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. G~2, gal2z

One

giuzviro

U i difensor Avv.;

LQ. 9eLeoze,io cezC2

Data Udienza: 14/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5.12.2013 il Tribunale del Riesame di L’Aquila ha accolto la richiesta di riesame avanzata da BELLOTTI FELICE avverso l’ordinanza
con cui in data 7.11.2013 il Gip presso il medesimo tribunale aveva disposto nei
confronti dello stesso la misura cautelare della custodia in carcere, disponendone
per l’effetto l’immediata remissione in libertà se non detenuto per altra causa.
BELLOTTI FELICE era stato raggiunto dall’ordinanza custodiale in quanto
indagato, nell’ambito del proc. n. 2729/2012 R.G.N.R.:

n. 146 perché si associava con altri allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di importazione -trasporto- acquisto- vendita e comunque illecita detenzione di sostanze stupefacenti del tipo eroina, in quantitativi assolutamente ingenti, ed in particolare allo scopo di commettere i vari reati fine indicati
e separatamente contestati, con il ruolo, con altri, di associato, in via collaterale
ai promotori, dividendo con questi le ordinazioni per le successive importazioni e
scambiando eroina in base alle esigenze di vendita ed effettuando mutuo soccorso sia per l’approvvigionamento dello stupefacente che per la corresponsione di
anticipi per la spedizione successiva, sulla base dell’andamento delle singole operazioni di rivendita.
In Pescara e provincia, Chieti e provincia, provincia di Teramo, in altri
luoghi del territorio nazionale e in Albania, da epoca antecedente al luglio 2005 a
tutto l’anno 2007 (per altri indagati la condotta viene contestata come perdurante fino al maggio 2013). Con la recidiva specifica, reiterata infraquinquennale
• per due imputazioni relative al delitto di cui agli artt. 81 cpv. , 110 cod.
pen, 73 co. 1 e 6, e 80 DPR 309/90 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, in concorso con altri e senza
l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all’art. 75 del medesimo decreto, compravendeva ingenti quantità di eroina.
In Albania e in Italia in un arco temporale tra epoca antecedente e pros-

• per il delitto di cui all’art. 74 co. 1, 2, 3 e 4 Dpr 309/90 e 4 I. 16.3.2006

sima il 4 agosto 2006 e il 5 ottobre 2006.

2. Ricorre per la Cassazione del provvedimento il Procuratore della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila.
Il PM ricorrente lamenta che il tribunale del riesame abbia ritenuto insussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura applicata sul presupposto che occorresse specificamente argomentare in merito all’attualità, in
rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e che abbia evidenziato
come sia il PM che il GIP siano risultati carenti nei confronti di tale obbligo di motivazione.

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Dopo aver ricordato, ancora, come il Collegio abbia ritenuto che l’organo
inquirente e giudicante (di conseguenza) abbiano fatto riferimento soltanto alla
gravità delle condotte e non all’attualità delle stesse, soprattutto se si osservano
le “condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere
il rilevanti sotto il profilo prognostico” , il PM ricorrente afferma, invece, la tesi
che le esigenze cautelari, a fronte di un reato del genere, sarebbero evidenti.
Viene sottolineato in primo luogo che l’indagato risponde di due reati gravi di importazione di eroina per quantitativi ingenti e non è immune da preceden-

nizzazioni criminali che dall’Albania, tramite il Kossovo, portavano in Italia lo
stupefacente.
Il PM ricorrente si duole che il tribunale avrebbe sorvolato anche sulla sua
personalità e sul fatto che in Italia sia già gravato da reati simili.
Nel ricorso si lamenta che il tribunale non abbia posto per nulla l’accento
sulla personalità dell’indagato e non abbia valutato assolutamente il quadro indiziario a suo carico, dimenticando che è necessario motivare la carenza di esigenze anche riferimento alla personalità e al tipo di reato per il quale si risponde.
Si evidenzia, per meglio chiarire il contesto accusatorio, che l’indagine ha
avuto un ampio respiro, con rogatorie internazionali e operazioni sotto copertura,
regolarmente autorizzate da cui è emerso che il Bellotti con le sue condotte è entrato a far parte dell’organizzazione criminale abruzzese che deteneva il mercato
del traffico di stupefacenti, trasportati in Abruzzo tramite intermediazioni internazionali.
Si lamenta che la motivazione del tribunale sarebbe del tutto apparente.
Ciò in primo luogo perché, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, la condotta tenuta dall’indagato è ben descritta sia per le
singole ipotesi di reato che in relazione all’articolo 74 d.p.r. 309/90 e poi perché
il provvedimento impugnato basa la sua motivazione sulla mancanza di pericolo
di reiterazione dei reati della stessa specie di quelli per i quali si procede solo in

ti penali, ma anche che è stato delineato quale partecipe di una delle tre orga-

riferimento alla data del commesso reato; pertanto non vi è stata valutazione
della gravità della condotta e della personalità desumibile dai precedenti specifici.
Ci si duole che nella scarna motivazione del tribunale l’attualità sia confusa con la concretezza del pericolo di reiterazione di reati similari.
Viene anche ricordato che per gli indiziati di far parte del sodalizio di cui
all’articolo 74 d.p.r. 309/90, per il disposto dell’articolo 275 co.3 cod. proc. pen.
come modificato sul punto dalla sentenza 231/2011 della Corte Costituzionale, la
custodia in carcere si presume unica misura adeguata salvo che siano acquisiti

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elementi specifici in relazione al caso concreto da cui risulti diversamente: elementi che nella specie difettassero in modo assoluto.
Si pone all’attenzione di questa Suprema Corte il fatto che, proprio alla
luce del tempo trascorso dalla commissione dei fatti, esplicitamente rilevante per
il legislatore come si desume dall’articolo 292 co. 2 lett. c) cod. proc. pen. si è,
ritenuto che le esigenze cautelari non necessitassero nella misura custodiate per
tutti i concorrenti marginali che hanno ruotato nell’orbita dello spaccio professionale, di ben maggiore gravità, posto in essere dai soggetti investigati. Sono stati,

ricevuto quantità nell’ordine delle decine di grammi per volta, per un periodo limitato, che non fossero gravati da recidive ai sensi dei commi 2, 3 e 4 dell’articolo 99 cod. pen.
Viene, però, fatto notare che diversa è, invece, la posizione del Bellotti.

Si chiede quindi a questa Suprema Corte di annullare il provvedimento
impugnato

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame motiva in punto di assenza
di esigenze cautelari, premettendo che, ai sensi dell’ art. 292 lett. c) cod. proc.
pen., nell’ esposizione delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura
applicata occorre specificamente argomentare in merito all’attualità di tali esigenze in rapporto al tempo trascorso dalla commissione del reato e poi ritenendo
“che la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare (nella
fattispecie la condotta criminosa contestata è cessata nel 2007 e quindi a distanza di 6 anni dall’applicazione della misura), giacché tendenzialmente dissonante
con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo
di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della
misura (cfr. per tutte Cass. n. 27865 del 10/06/2009)”.
Il Tribunale prosegue, poi, spiegando perché, evidentemente, non ritiene,
come pure avrebbe potuto, di integrare la motivazione, laddove evidenzia che
“nella fattispecie in esame l’esposizione della richiesta approfondita analisi difetta o e carente sia nella ordinanza cautelare che nella richiesta del Pubblico Ministero, ovvero fa riferimento alla gravita del fatto e non alla constatazione di
condotte recenti sintomatiche della persistenza dell’inclinazione a delinquere e
rilevanti sotto il profilo prognostico”.

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pertanto, esclusi dall’applicazione della misura quei piccoli spacciatori che hanno

In altri termini, il Tribunale del riesame di L’Aquila ritiene che la richiesta
di misura cautelare non poteva essere accolta, e perciò l’ordinanza del Gip viene
annullata, difettando di dati specifici circa l’attualità delle esigenze cautelari in
relazione alla specifica posizione anche la stessa richiesta del PM.
Osserva ancora il Tribunale che “gli enunciati diretti ad evidenziare l’attualità della misura (salve alcune posizioni specificamente evidenziate) sono
formulati in via generale e privi di una analitica individuazione per ciascuno degli
indagati delle concrete circostanze riferibili a condotte attuate dal singolo indaga-

(già maturata e non solo astrattamente possibile) di ciascuno a porre in essere
attività dirette ad alterare le risultanze istruttorie, sottrarsi all’ esecuzione della
pena o intraprendere nuove iniziative criminali della stessa specie
(l’indagine emergente dagli atti depositati appare specificamente finalizzata all’
esercizio dell’azione penale e non figurano al momento diramazioni specificamente dirette all’ esercizio dell’azione cautelare)”.
Peraltro, va qui aggiunto, anche nell’odierno ricorso per cassazione vengono sollecitate a questa Corte valutazioni certamente pertinenti alle esigenze
cautelari, qual è quella relativa alla capacità a delinquere dell’imputato desunta
dai suoi precedenti penali o al ruolo che si ipotizza lo stesso abbia avuto
nell’organizzazione criminale, ma nulla si deduce in via specifica e concreta per
poter affermare l’attualità delle esigenze cautelari.
Non vengono, in altri termini, specificati in alcun modo, nell’atto introduttivo di questo giudizio di legittimità, profili specifici di attualizzazione della condotta.

3. Sul punto va ricordato che questa Corte ha in più occasioni ricordato

come in tema di misure cautelari personali, qualora venga richiesta la custodia in
carcere per reati commessi dall’imputato in epoca non recente, il giudice, nell’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano la mi-

to, che siano sintomatiche dell’irresistibile inclinazione ed attuale determinazione

sura richiesta ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c) cod. proc. pen., deve procedere ad individuare, in modo particolarmente specifico e dettagliato, gli elementi
concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione
criminosa fronteggiabile soltanto con la permanenza in carcere, evidenziando il
perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato
e, quindi, la sua concreta proclività a delinquere (così sez. 6, n. 10673 del
15.1.2003, Khiar M. Z. ed altro, rv. 223967).
Se il tempo trascorso dalla commissione del reato non esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p.,
comma 1, lett. c) (come ricorda sez. 4, n. 6717 del 26.6.2007, Rocchetti, rv.
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239019) tuttavia è indubbio la distanza temporale tra i fatti e il momento della
decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in
relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura (così Sez. 6, n.
27865 del 10.6.2009, Scollo, rv. 244417 nell’esaminare una fattispecie di intervenuta adozione della custodia cautelare in carcere per fatti risalenti a tre anni
prima proprio in relazione ad un caso in cui erano in contestazione i reati di cui
agli artt. 74 e 73 Dpr. 309/90).

riferimento dell’art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen. alla valutazione del “tempo trascorso dalla commissione del reato”, implica che la pregnanza
del pericolo di recidiva si “attualízza” in proporzione diretta con il “tempus commissi delicti”, in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di
regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela. (Sez. 6, n.
20112 del 26.2.2013, P.M. in Proc. Strassil e altro, rv. 255725, fattispecie in cui i
fatti contestati, integranti reati contro la P.A., erano anteriori di circa tre anni rispetto all’adozione della misura degli arresti domiciliari; conf. sez. 2, n. 47416
del 30.11.2011, Pantano, rv. 252050).

4. Nel caso che ci occupa il Tribunale del Riesame ritiene che i dati che attualizzino le esigenze cautelari manchino, come detto, anche nella richiesta del
pm.
E il pm ricorrente, a fronte peraltro di un reato associativo che risulta contestato con una data finale (individuata “a tutto l’anno 2007”) e di reati fine contestati fino all’ottobre 2006, nulla dice su cosa sia accaduto nei sei anni successivi che hanno preceduto la richiesta della misura.
Peraltro il Bellotti non rientra neanche tra quei coimputati per i quali il
medesimo reato associativo è stato contestato “con condotta perdurante fino al
maggio 2013”.
Sembra quasi che dalla gravità dei fatti in contestazione il Pm ricorrente
desuma una sorta di presunzione di attualità delle esigenze cautelari.
Anche il richiamo alla previsione di cui all’art. 275 co. 3 cod. proc. pen.
come modificato dalla sentenza 231/2011 della Corte Costituzionale non pare
conferente con l’odierno thema decidendi.
La norma in questione, infatti, prevede una presunzione di adeguatezza
della custodia in carcere. Ma occorre pur sempre che ci siano le esigenze cautelari.
La motivazione del tribunale aquilano appare logica e coerente, e pertanto
immune da vizi di legittimità.
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Di recente è stato ribadito come in tema di misure cautelari, lo specifico

Va peraltro ricordato che nel sistema processualpenalistico vigente, così
come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli
indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle
stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate.
Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insin-

de di gravame della stessa, del tribunale del riesame.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2014
Il onsigliere stensore

Il Presi ;nte

dacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in se-

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