Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23531 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23531 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso TRIBUNALE di NAPOLI
nei confronti di:
AVALLONE ENRICHETTA, nata il 17/03/1969
avverso l’ordinanza n. 4845/2012 TRIBUNALE LIBERTÀ di NAPOLI,
del 04/10/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale dott. Roberto Aniello,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Data Udienza: 05/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 4 ottobre 2012 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod. proc. pen., ha accolto l’appello proposto da Avallone Enrichetta
avverso l’ordinanza del 18 giugno 2012, con la quale il Tribunale di S. Maria
Capua Vetere aveva rigettato la richiesta di revoca della misura dell’obbligo di
dimora nella regione Molise, cui la medesima era sottoposta, e ha annullato

Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava che:
– con ordinanza del 17 luglio 2011, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere
aveva disposto, ai sensi dell’art. 307 cod. proc. pen., nei confronti dell’appellante
e di Iovine Anna, imputate, nello stesso giudizio, del reato di estorsione
aggravata dall’art. 7 legge n. 203 del 1991, le misure cautelari dell’obbligo di
presentazione alla P.G. e dell’obbligo di dimora nella regione Molise a seguito
della declaratoria di perdita di efficacia della misura genetica della custodia
cautelare in carcere emessa dallo stesso Tribunale;
– avverso l’ordinanza, negativa per entrambe, del Tribunale del riesame di
Napoli, il ricorso per cassazione proposto da Iovine Anna era stato accolto con
sentenza del 31 maggio 2012 di questa Corte, che aveva annullato senza rinvio
detta ordinanza, sulla base del rilievo che la misura dell’obbligo di dimora era
stata illegittimamente applicata, in violazione dell’art. 283, comma 2, cod. proc.
pen., per illegale determinazione dello spazio territoriale dal quale la ricorrente
non avrebbe potuto allontanarsi, e che non poteva essere comunque situato oltre
l’ambito della regione di residenza, che nella specie era la Campania;
– la richiesta della Avallone, volta alla revoca o sostituzione della misura
dell’obbligo di dimora nella regione Molise, sulla base della sentenza di questa
Corte e secondo quanto previsto dall’art. 587 cod. proc. pen., era stata rigettata
dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con ordinanza del 18 giugno 2012 per
la impossibilità di valutare, in mancanza della motivazione della sentenza di
annullamento, la estensibilità del giudicato cautelare;
– ricorrevano i presupposti per l’applicazione della disciplina della estensione
degli effetti favorevoli della impugnazione, applicabile anche nei confronti
dell’indagato quando la decisione non fosse fondata su motivi personali
dell’impugnante e il procedimento fosse sorto e si fosse svolto in maniera
unitaria e cumulativa, poiché, nella specie, l’appellante e la Iovine erano
coimputate nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti e il motivo
dell’annullamento era comune a entrambe.

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l’ordinanza impugnata limitatamente a detta misura.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Napoli che ne ha chiesto l’annullamento,
deducendo che il Tribunale:
– non ha considerato il diverso ruolo assunto nell’associazione mafiosa
dall’appellante Avalione;
– ha valutato restrittivamente la misura dell’obbligo di dimora, senza
considerare, in contrasto con il reale e sostanziale titolo cautelare applicato, la
sussistenza del divieto di dimora;

medesima con sentenza del 12 giugno 2012, nella sua dimostrata capacità di
mantenere i collegamenti con il marito, Iovine Antonio, capo clan latitante, nella
sua stessa latitanza al primo titolo cautelare e nel suo arresto in esecuzione del
successivo fermo del Pubblico Ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Questa Corte ha costantemente affermato che il fenomeno processuale
dell’estensione dell’impugnazione (in processo plurisoggettivo per lo stesso
reato, o in procedimento cumulativo) in favore del coimputato non impugnante
(o l’impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all’art. 587
cod. proc. pen., opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi
dell’evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul
gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall’impugnante
diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante,
rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato (Sez. U, n. 9
del 24/03/1995, dep. 23/06/1995, Cacciapuoti, Rv. 201304; Sez. U, n. 30347
del 12/07/2007, dep. 26/07/2007, Aguneche e altri, Rv. 236756).
Si è anche osservato che, in materia di effetto estensivo della impugnazione,
presupposto indispensabile è che l’imputato che ha proposto il motivo estensibile
e quello, concorrente nello stesso reato o imputato in reato connesso, non
impugnante (o senza motivi), a cui favore debba verificarsi l’estensione, siano
stati giudicati con la stessa sentenza, o comunque con lo stesso provvedimento
decisorio, soggetto a impugnazione (Sez. 6, n. 1757 del 13 luglio 1987, dep.
21/10/1987, Ben Fadhel, Rv. 176865). Pertanto, se la decisione impugnata
riguarda solo il primo imputato, non ha senso discutere sulla estensibilità del
motivo, poiché è la decisione, prima ancora che il

motivo, a

essere

“esclusivamente personale” (Sez. 1, n. 2163 del 12/05/1986, dep. 05/06/1986,
Pagano, Rv. 173022), e viene a mancare la funzione stessa che è a base del
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– la pericolosità della Avallone trovava conferma nella condanna della

principio, costituita dalla esigenza di evitare, sotto il profilo formale, la
contraddittorietà dei giudicati, e sotto il profilo sostanziale, l’ingiustizia di difformi
statuizioni emesse, nel processo plurisoggettivo, nei confronti di imputati che
versano in identiche situazioni, sostanziali o processuali (Sez. 1, n. 3838 del
05/12/1978, dep. 20/04/1979, Campagna Rv. 141803; Sez. 1, n. 10133 del
01/10/1981, del 11/11/1981, Biamonte, Rv. 150926).
Il principio, secondo cui è possibile l’estensione degli effetti favorevoli della
decisione a condizione che questa non sia fondata su motivi personali di uno

unitario e cumulativo, è costantemente affermato anche da successive sentenze
che lo hanno esaminato con specifico riferimento al procedimento di riesame
delle misure cautelari reali (Sez. U, n. 34623 del 26/06/2002, dep. 16/10/2002,
Di Donato, Rv. 222261; Sez. U, n. 19046 del 29/03/2012, dep. 18/95/2012,
Peroni e altri, Rv. 252529), e, in genere, al procedimento cautelare, ritenendo
che la frammentazione e l’autonomia dei procedimenti permettono una diversità
di valutazioni e decisioni, per il margine di discrezionalità del giudice nella
valutazione delle singole posizioni (Sez. 6, n. 24695 del 23/04/2007, dep.
21/06/2007, Gala, Rv. 236978, non massimata sul punto).

3. In detto contesto normativo si inquadra la vicenda in esame, in rapporto
alla quale il Tribunale ha ritenuto la sussistenza nei confronti della Avallone dei
presupposti di cui all’art. 587 cod. proc. pen. in dipendenza della estensibilità nei
suoi confronti del giudicato cautelare formatosi riguardo alla posizione di Iovine
Anna, destinataria, come la Avallone, delle misure cautelari dell’obbligo di
presentazione alla P.G. e dell’obbligo di dimora nella regione Monse, applicate ai sensi dell’art. 307 cod. proc. pen. – con ordinanza del 17 luglio 2011, e
destinataria, a differenza della Avallone, non ricorrente, della decisione del 31
maggio 2012 di questa Corte, che ha annullato senza rinvio l’ordinanza del
Tribunale della libertà, che quell’ordinanza aveva confermato, limitatamente
all’applicazione dell’obbligo di dimora in Molise, che ha eliminato.
L’ordinanza, che ha applicato l’effetto estensivo della impugnazione
ravvisando in concreto i presupposti richiesti dall’art. 587 cod. proc. pen. per
essere, per un verso, la Avallone e la Iovine coimputate nel medesimo
procedimento e per gli stessi fatti e per essere, per altro verso, il motivo della
decisione di annullamento non personale della ricorrente Iov:ne, è coerente e
logicamente congruente alle risultanze fattuali richiamate e corretta in diritto,
per la esatta interpretazione e applicazione della norma richiamata alla luce dei
principi di diritto fissati da questa Corte.
Le svolte argomentazioni resistono alle censure svolte dal ricorrente che,
attenendo al diverso ruolo della Avallone nel contesto dell’associazione mafiosa e
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degli impugnanti e che il procedimento stesso sia sorto e si sia svolto in modo

al suo grado di pericolosità, non sono correlate alle ragioni poste a fondamento
della svolta valutazione della natura, non personale della Iovine, dei motivi della
decisione, i cui effetti favorevoli sono stati estesi alla Avallone, né si rapportano
all’analisi del titolo cautelare a quest’ultima applicato, riguardante, oltre
all’obbligo di presentazione alla P.G., l’obbligo di dimora nella regione Molise, e
non un non sussistente divieto di dimora.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

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