Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23530 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23530 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

miNagzi

JEFF, nato il 02/06/1976

avverso l’ordinanza n. 1240/2012 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
BOLOGNA, del 26/06/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Francesco
Salzano, che ha chiesto rigettarsi il ricorso e condannarsi il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Data Udienza: 05/04/2013

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 26 giugno 2012, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna
ha respinto l’istanza avanzata da Minguzzi eff, in atto detenuto presso la Casa
circondariale di Ferrara in espiazione della pena di cui al provvedimento di
cumulo del 26 luglio 2011 della Procura Generale di Bologna, volta alla
concessione dell’affidamento, previsto dall’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, per lo
svolgimento del programma terapeutico in regime residenziale presso la

A ragione della decisione, il Tribunale osservava che:
– l’istante aveva allegato alla sua richiesta la relazione aggiornata del Sert di
Lugo, che aveva prospettato la idoneità del programma comunitario presso la
indicata comunità terapeutica per favorire il suo futuro reinserimento sociale;
– dalle informazioni di P.G. in atti erano risultati il lungo percorso
criminogeno e la pericolosità sociale dell’istante, che aveva proseguito il suo stile
di vita, iniziato da minorenne anche dopo ingressi in comunità, programmi e
supporti presso il Sert territoriale e misure alternative alla detenzione in carcere,
delinquendo anche mentre fruiva del regime degli arresti domiciliari e tenendo
un percorso terapeutico in comunità fluttuante e discontinuo;
– non potevano escludersi, nonostante il proposito dell’istante di eseguire il
programma comunitario, e in mancanza dei risultati della osservazione
personologica, né il pericolo di recidiva, né la strumentalizzazione del
programma alla sottrazione alla carcerazione.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
dei suoi difensori, il condannato, che, con unico motivo, denuncia manifesta
illogicità della motivazione quanto al disposto rigetto della istanza di affidamento
ex art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990.
Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha contraddittoriamente
ritenuto che i precedenti penali riferiti a questioni di droga, che dovevano essere
considerati elementi favorevoli alla richiesta, ostassero al suo accoglimento,
poiché la funzione dell’affidamento, riservata ai tossicodipendenti e alcool
dipendenti, è quella di favorire il recupero del condannato ed evitarne la ricaduta
nel reato, e nella specie il programma prospettato è stato ritenuto idoneo dal
Sert, come ammesso dallo stesso Tribunale.
Né, ad avviso del ricorrente, poteva essere considerata in negativo la
circostanza che egli si era già appoggiato in passato, senza sLccesso, a una
comunità, essendo, al contrario, detta circostanza dimostrativa della sua reale
volontà di allontanarsi dal mondo della droga e non potendo escludersi a priori il

comunità “Il Ponte” in Migliaro (Ferrara).

raggiungimento del risultato in passato non perseguito. Anche dal reiterato suo
passato rifiuto di sottoporsi al programma di recupero doveva trarsi la conferma
della ponderatezza della scelta intanto presa e la necessità di un sostegno
adeguato per consentirgli di diventare un ex tossicodipendente.

3. Il Procuratore Generale in sede ha depositato articolata requisitoria scritta
e ha concluso per il rigetto del ricorso.

1. Il ricorso è infondato.

2. Il Tribunale ha rigettato l’istanza di affidamento terapeutico, presentata
da Minguzzi Jeff ai sensi dell’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, fondando il suo
convincimento su un giudizio prognostico che, in base ai dati acquisiti attraverso
le informazioni assunte, e in particolare ai precedenti penali e alle pendenze
giudiziarie, anche per fatto commesso in regime di arresti domiciliari, e allo ‘stile
di vita criminogeno” proseguito nonostante gli ingressi in comunità terapeutica, i
programmi predisposti, i supporti del Sert territoriale e il duplice affidamento in
prova disposto nel 2000 e nel 2006, non consentiva di escludere la possibilità
che l’istante commettesse in futuro ulteriori reati.
Nel ritenere inidoneo il chiesto beneficio, il Tribunale ha anche valutato il
carattere fluttuante e discontinuo del percorso terapeutico, attestato dal Sert, e il
rifiuto già opposto dall’istante alla sua esecuzione, traendone ragioni di possibile
strumentalizzazione da parte del medesimo del proposto programma terapeutico
In regime residenziale per evitare la carcerazione, e ha rimarcato la necessità di
conoscere i risultati della non ancora conclusa, e necessaria, osservazione
personologica.

3. Tali valutazioni espresse dal Giudice di merito, adeguatamente giustificate
sulla base dei dati fattuali acquisiti in ordine alla pericolosità del condannato, non
contenibile con il chiesto beneficio, e correttamente improntate al principio del
necessario riferimento del giudizio prognostico in ordine all’idoneità o meno del
programma

di

recupero

all’esito

dell’esame

della

personalità

del

tossicodipendente ancorato a elementi oggettivamente sintomatici, affermato
ripetutamente da questa Corte (da ultimo Sez. 1, n. 9320 dei 01;02/2011, dep.
09/03/2011, Matarrese, Rv. 249884), resistono alle censure difensive.
Il ricorrente, invero, svolgendo deduzioni in chiave di contrapposizione
argomentativa alle ragioni poste a fondamento dell’ordinanza impugnata,

CONIDERATO IN DIRITTO

propone una rilettura nel merito del contenuto oggettivo dei dati fattuali acquisiti
e oppone la valorizzazione del presupposto soggettivo per l’applicazione del
chiesto istituto, costituito dal suo stato di tossicodipendenza certificato, e della
idoneità, prospettata dal Sert, del programma comunitario, sottovalutando il
contenuto dell’analisi demandata al Tribunale, e dallo stesso svolta con
argomentazioni esaustive in fatto, per la loro coerenza interna e per la loro
logica congruenza alle risultanze del quadro fattuale, e corrette in diritto per la
esatta applicazione della norma richiamata alla luce dei condivisi principi di

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al

pagamento delle spese

processuali.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

diritto fissati da questa Corte.

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