Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23521 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23521 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDI FABIO N. IL 31/07/1960
PACIA PATRIZIA N. IL 12/09/1961
avverso l’ordinanza n. 67/2013 TRIB. LIBERTA’ di RIMINI, del
09/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. (,

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Uditi difensor Avv.;

CQ

Data Udienza: 09/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Rimini con ordinanza pronunciata in data 9.10.2013 ha
rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse diLombardi Fabio e Pacia
Patrizia,- indagati, tra l’altro, per reati tributari di cui al D. Ivo n. 74/2000 – contro il
decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, emesso dal
Giudice per le Indagini Preliminari, su mobili e immobili di titolarità degli stessi sino
alla concorrenza di C. 106.737,00 per il primo e C. 106.746,0 a carico della seconda.
Per quanto ancora interessa in questa sede, i giudici di merito hanno ravvisato il

l’accertamento dell’imponibile e dell’imposta evasa esula dal procedimento di riesame,
non essendo il Tribunale dotato di poteri istruttori e considerando in ogni caso
aderente all’ipotesi accusatoria il recepimento della somma di C. 260.000,00 da parte
dei due professionisti ritenuta come base imponibile sulla quale si sarebbe dovuto
versare l’iva con l’aliquota del 20% pari quindi a C. 52.000, somma corrispondente
all’imposta indiretta evasa.
I giudici di merito hanno ritenuto inoltre che le residue incolpazioni di cui ai capi
d) ed e) sono state elevate correttamente partendo dalla contestazione della somma di
C. 260.000,00 trattandosi di imposte dirette, riferita a ciascun dichiarante nella misura
della metà (C. 130.000,00) e pertanto hanno ravvisato anche in tal caso il
superamento della soglia di punibilità, tenendo conto del reddito dichiarato da ciascun
contribuente.
Hanno altresì ritenuto il vincolo correttamente imposto sui beni degli indagati
nei limiti dell’importo complessivo del profitto illecito conseguito, corrispondente al
danno cagionato all’Erario.
2. Per l’annullamento dell’ordinanza, gli indagati, tramite i difensori, hanno
proposto ricorso per cassazione denunziando sei motivi. In data 24.3.2014 il nuovo
difensore, nominato in sostituzione dei precedenti, ha proposto ulteriori motivi
aggiunti, integrati da successivo deposito di documentazione in data 26.3.2014, cui ha
fatto seguito, infine, una seconda memoria contenente una dichiarazione del
consulente tecnico di parte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 606 cpp lett. e)
per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione con
riferimento al fumus della notizia di reato anche con particolare riferimento alla
dazione dell’importo di C. 60.000,00 (in due tranche di C. 30.000,00 cadauno).
Col secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 606 cpp lett. e) per
mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, nonché
violazione dell’art. 606 cpp lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge

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fumus dei reati contestati sulla base delle risultanze investigative osservando che

con riferimento alla erronea attribuzione come base imponibile dell’importo di C.
260.000,00.
Col terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 606 cpp lett. b) per
inosservanza o erronea applicazione della legge penale per assenza di correlazione tra
il fatto reato contestato e la somma indicata nel capo di imputazione.
Col quarto motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 606 cpp lett. e) per
mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, e dell’art. 606
cpp lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge con riferimento alle

Col quinto motivo si deduce violazione dell’art. 606 cpp lett. e) per mancanza,
contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’errore di
duplicazione dell’importo iva in sede di esecuzione del provvedimento cautelare.
Col sesto ed ultimo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 606 cpp
lett. e) per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione con
riferimento all’entità del sequestro preventivo.
2. Il ricorso va disatteso.
Innanzitutto, la complessità della vicenda – che vede indagati, insieme ad altri
soggetti, i due professionisti – avrebbe richiesto, nel rispetto dell’onere di specificità di
cui all’art. 581 lett. c) e 591 lett. c) cpp, una puntuale indicazione delle ipotesi di reato
contestate e quindi delle condotte ad essi attribuite secondo l’ipotesi accusatoria, posto
che il provvedimento impugnato si limita al mero richiamo dell’art. 4 del D. Ivo n.
74/2000, (norma che punisce il reato di dichiarazione infedele), mentre al contrario le
plurime censure contengono numerosi richiami ad altre condotte, rientranti anch’esse
nelle contestazioni, ma solo attraverso la semplice indicazione della lettera che
contraddistingue il relativo capo di imputazione: è evidente che in questo modo alla
Corte di Cassazione si fa onere di procedere alla consultazione del fascicolo di ufficio
per ricercare gli atti che contengono la puntuale indicazione delle ipotesi di reato,
benché non si verta in tema di errores in procedendo (gli unici che giustificano una tale
attività di esame da parte del giudice di legittimità).
3. Sussiste poi un ulteriore e insormontabile profilo di inammissibilità: è noto il
principio secondo cui il ricorso per cassazione, proposto contro l’ordinanza del tribunale
del riesame confermativa di un decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca
per equivalente, è ammesso solo per violazione di legge ai sensi dell’art. 325 cpp (tra
le tante, cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 45343 del 06/10/2011 Cc. dep. 06/12/2011 Rv.
251616; Sez. U, Sentenza n. 25932 del 29/05/2008 Cc. dep. 26/06/2008 Rv. 239692;
Sez. U, Sentenza n. 5876 del 28/01/2004 Cc. dep. 13/02/2004 Rv. 226710).
Nel caso di specie, il primo, secondo e quinto motivo richiamano espressamente
il vizio di cui all’art. 606 lett. e) cpp, cioè appunto il vizio motivazionale, ma anche gli
altri motivi in sostanza sono incentrati tutti sotto tale profilo.

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contestazioni di cui ai capi di imputazione sub d-e.

Ed infatti, il secondo ed il quarto motivo, oltre al vizio di cui all’art. 606 lett. e)
cpp, richiamano l’art. 606 lett. b), ma si soffermano sul percorso argomentativo
seguito dal Tribunale sempre in ordine all’individuazione dell’imponibile e, di
conseguenza, dell’imposta evasa, cioè su un tipico accertamento di fatto rientrante
nelle prerogative del giudice di merito e sul quale una motivazione è stata data.
Stesso discorso vale per il terzo motivo che addebita alla “motivazione” di avere
ignorato le considerazioni svolte dalla difesa”, definendo

“contraddittorie”

le

affermazioni sull’aderenza della base imponibile di 260.000,00 e affermando che il

decreto emesso dal GIP.
4. Identica sorte meritano i sette motivi aggiunti depositati dal nuovo difensore
il 24.3.2014: infatti, da un semplice esame sinottico degli stessi con quelli posti a
sostegno dell’originario ricorso per cassazione, emerge – salvo che per il primo motivo
aggiunto, che effettivamente introduce un tema diverso, e di cui si dirà tra breve – una
pressoché totale corrispondenza, addirittura grafica, tra il contenuto delle censure, che
si differenziano unicamente perché sfalsate nella numerazione progressiva che le
identifica, proprio per la presenza del primo motivo nuovo: in particolare: il secondo
motivo aggiunto si rivela identico al primo motivo del ricorso principale, il terzo al
secondo e così via fino al settimo motivo aggiunto che coincide col sesto motivo
dell’originario ricorso, non essendo sufficiente, per superare l’identità dei contenuti, il
solo riferimento, nei rispettivi titoletti dei motivi aggiunti, alla violazione della legge
penale (art. 606 lett. b cpp in relazione all’art. 321 cpp e 4 D. Lvo n. 74/2000), e cioè
ad un motivo in astratto certamente denunziabile in sede di legittimità in materia
cautelare reale, perché – lo si ripete – ciò che viene in concreto contestato, è
l’accertamento in fatto del Tribunale del Riesame sulla sussistenza del fumus.
4. Restano solo tre considerazioni finali da svolgere: la prima, riguardante il
primo motivo aggiunto (a cui si aggancia logicamente la prima parte della seconda
memoria depositata il 3.4.2014), la seconda relativa al tema dell’entità del sequestro
preventivo (sesto motivo ricorso principale e settimo motivo aggiunto) e la terza
relativa all’ulteriore motivo introdotto con la seconda memoria difensiva riguardante
l’omesso accertamento della soglia di punibilità.
4.1 Col primo motivo aggiunto si denunzia violazione dell’art. 606 cpp lett. b),
inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nello specifico dell’art. 321 cpp
con riferimento al fumus delicti relativo alla dazione dell’importo di €. 260.000,00 e
alla integrazione della fattispecie astratta ex art. 4 D. Lgs. N. 74/2000.
Partendo dal presupposto che il tribunale del Riesame ha assunto come
referente essenziale il contenuto delle intercettazioni telefoniche, i ricorrenti rilevano
che la frase “Si, si, è meglio per me” pronunciata durante un colloquio registrato,
precisamente all’interno della banca al momento della consegna del danaro (e relativa
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ragionamento del Tribunale ha recepito acriticamente l’impostazione contenuta nel

al taglio da 500 euro prescelto per le banconote), andava attribuita non già
all’indagato Lombardi, ma al coindagato Irjon Kanani, come da correzione apportata
alla originaria trascrizione della conversazione e da tale elemento fanno discendere
l’insussistenza della dazione di danaro all’avvocato e quindi la totale mancanza del
fumus dei reati fiscali. Con la memoria aggiunta, nella prima parte, insiste su tale
elemento allegando un supplemento di consulenza di parte.
Il motivo è infondato perché il Tribunale del Riesame (cfr. pag. 2 ordinanza
impugnata) ha ravvisato il fumus dei reati tributari sulle dichiarazioni rese dal

e accertamenti di natura tributaria: il contenuto delle trascrizioni di registrazioni è
stato utilizzato solo come uno tra gli elementi di riscontro, ed in ogni caso dal
provvedimento impugnato non risulta affatto che alla frase sia stato dato peso decisivo
(valore di “referente essenziale per la conferma della legittimità del sequestro”,
volendo riprendere l’espressione adoperata nel primo motivo aggiunto), anzi, essa non
viene neppure menzionata.
La censura si risolve dunque in una critica su un accertamento in fatto e
neppure ritenuto rilevante dal giudice di merito, che anzi lo ha ignorato, sicché le
conseguenze che i ricorrenti traggono in tema di sussistenza fumus rimangono
nell’ambito di una personale impostazione difensiva.
4.2 Col sesto motivo principale (riprodotto nel settimo motivo aggiunto che
denunzia inosservanza dell’art. 606 lett. b in relazione all’art. 4 D. Lvo n. 74/2000) si
lamenta la sottoposizione a vincolo di tutti i numerosi beni immobili degli imputati in
assenza di qualsivoglia corretta valutazione del loro valore, attraverso un
comportamento ritenuto estremamente punitivo. Richiamano la stima contenuta in una
consulenza di parte e una perizia di Unicredit Banca del 2008.
Il tema viene introdotto per la prima volta in sede di legittimità perché nei
motivi aggiunti in sede di riesame nulla si deduce in proposito (e ciò spiega il silenzio
del Tribunale sull’argomento): emerge dunque un ulteriore profilo di inammissibilità ai
sensi dell’art. 606 ultimo comma cpp.
4.3 Quanto all’accertamento della soglia di punibilità il Tribunale ha motivato
sull’imponibile e sull’imposta evasa desumendola dall’accusa e in particolare dalle
dichiarazioni rese dal coindagato Kanani Irjon (recepimento della somma di €.
260.000,00, considerata come imponibile, sulla quale si sarebbe dovuto versare l’Iva
per €. 52.000,00: cfr. pag. 2 ordinanza impugnata): la censura dunque si rivela
infondata in perché una risposta è stata data in modo coerente con la natura
tipicamente sommaria dell’accertamento.
In ogni caso, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, a cui si
ritiene di dare continuità, il Tribunale, in sede di riesame di un provvedimento
cautelare emesso per un reato tributario, non è tenuto ad accertare l’imponibile e
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coindagato Kanani Irjon in sede di interrogatorio, oltre che su acquisizioni documentali

l’imposta evasa contestata al contribuente, in quanto l’accertamento incidentale,
proprio del giudizio di riesame, non prevede l’esercizio di poteri istruttori da parte del
giudice della cautela. (Sez. 3, Sentenza n. 43695 del 10/11/2011 Cc. dep. 25/11/2011
Rv. 251329 che richiama a sua volta sez. un. 20.11.1996 n. 23 del 1997, Bassi e altri).
Comunque, nel caso di specie, a ben vedere, non sussiste neppure contrasto
con quanto affermato dalla pronuncia richiamata dalla difesa (cass. Sez. 6 n.
17064/2011) circa il dovere, per il giudice del riesame, di dare una adeguata risposta
sulla questione della quantificazione del profitto a lui sottoposta, perché, come si è

procedimento, dando rilievo alle dichiarazioni del coindagato.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9.4.2014.

detto, il Tribunale una risposta l’ha data, in misura adeguata alla natura cautelare del

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